Sof'ja Petrovna

romanzo di Lidija Korneevna Čukovskaja

Sof'ja Petrovna è un romanzo della scrittrice russa Lidija Korneevna Čukovskaja (in russo Лидия Корнеевна Чуковская), ambientato in Unione Sovietica nei duri anni delle grandi purghe staliniane, composto in clandestinità in soli tre mesi, dal novembre 1939 al febbraio 1940.

Sof'ja Petrovna
Titolo originaleСофья Петровна
AutoreLidija Korneevna Čukovskaja
1ª ed. originale1965
Genereromanzo
Sottogenerestorico
Lingua originalerusso
AmbientazioneUnione Sovietica - Grandi purghe staliniane, 1937
ProtagonistiSof'ja Petrovna Lipatova
CoprotagonistiNikolaj Fëdorovič Lipatov, Natal'ja Sergeevna Frolenko, Aleksandr Finkel'štein
Altri personaggiErna Semënovna, Timofeev, Anna Grigor'evna, Zacharov, Gerasimov, Mar'ja Ivanovna, Ivan Ignat'evič Kiparisov, Marija Erastovna Kiparisova, Cvetkov, Saša Jarcev, Eršov

«Sof'ja Petrovna non chiuse occhio per l'intera nottata. Dal giorno dell'arresto di Kolja, quante di queste notti, senza fine, senza fondo, c'erano già state? Sapeva a memoria già tutto: lo scalpiccio estivo dei passi sotto la finestra, le grida nella vicina birreria, l'allontanarsi smanioso dei tram, poi un breve silenzio, una breve oscurità, ed ecco di nuovo che dalla finestra entra strisciando l'alba chiara, un nuovo giorno incomincia, un giorno senza Kolja.»

Il romanzo modifica

Diffuso inizialmente tramite il samizdat, fu pubblicato per la prima volta nel 1966, con il titolo originale ed un testo corretto, negli Stati Uniti[1].
In Unione Sovietica, dopo un primo tentativo infruttuoso di pubblicazione nel 1962, all'epoca della destalinizzazione di Chruščёv, Sof'ja Petrovna poté essere legalmente letto solo nel febbraio 1988, dopo l'avvento di Gorbačëv, sul periodico leningradese Neva.

L'opera, pur non potendosi definire autobiografica in senso proprio, è largamente ispirata alle reali esperienze della scrittrice che, nello stesso anno di ambientazione del romanzo, il 1937, aveva vissuto una vicenda tragica: il suo secondo marito, il giovane fisico Matvej Petrovič Bronštejn, fu arrestato e condannato a dieci anni di reclusione "senza diritto di corrispondenza". Lidja Korneevna per lunghi anni non riuscì in alcun modo ad ottenere informazioni sulla sorte di Matvej e, solo molti anni dopo, seppe che in realtà l'uomo era stato fucilato subito dopo la sentenza.

Il romanzo si distingue da lavori analoghi per essere una delle rarissime opere, se non l'unica, sulla società sovietica nel periodo delle repressioni staliniane, scritta non a posteriori ma contemporaneamente, quando lavorare e conservare quel genere di documenti poteva costare la vita.

Trama modifica

Sof'ja, dopo la morte del marito, il medico Fëdor Ivanovič Lipatov, con un figlio piccolo da mantenere negli studi, si iscrive ad un corso di dattilografia e trova impiego presso una casa editrice. Soddisfatta per la nuova occupazione si impegna con zelo fino a divenire apprezzata direttrice dell'ufficio copia e, pur non essendo iscritta al partito, riceve l'incarico, assolto con la cura meticolosa che la distingue, di raccogliere le quote sindacali dei colleghi.

Il figlio, Nikolaj Fëdorovič (Kolja), brillante studente di ingegneria, iscritto al Komsomol[2], è inviato, insieme con l'amico Aleksandr, per un periodo di addestramento pratico, in una fabbrica di Sverdlovsk[3]. Il giovane lavora seriamente e, come riferisce nelle lettere inviate alla madre, riceve elogi dai dirigenti, ripresi in un articolo della Pravda[4].

In questa situazione di serena tranquillità Sof'ja, ormai integrata nei valori della nuova società sovietica, riceve una lettera di Aleksandr, che la informa dell'arresto del figlio Nikolaj. La madre, pur profondamente turbata, è convinta che si tratti di un equivoco: le autorità non tarderanno a riconoscere la sua assoluta innocenza.

Il tempo trascorre ma Nikolaj non viene rilasciato.

Anche nella casa editrice l'ondata crescente delle repressioni staliniane comincia a produrre i suoi effetti: il direttore è messo sotto accusa ed arrestato, Sof'ja viene progressivamente isolata dai colleghi e guardata con sospetto. Solo la giovane Nataša, compagna di lavoro e vicina di casa, segretamente innamorata di Kolja, conserva la sua amicizia.

La donna, ancora priva di notizie del figlio, tenta, aiutata da Alik e da Nataša, di mettersi in contatto con le autorità giudiziarie, sopportando lunghe ed estenuanti file insieme con tante altre donne nelle sue stesse condizioni, bussando a tutti gli uffici, ma con scarsi risultati: la burocrazia, ostile e sciatta, non le fornisce se non vaghe e frettolose informazioni, fin quando, in un ennesimo colloquio, il procuratore Cvetkov le comunica che Kolja è stato condannato a "dieci anni di campo remoto" e, di fronte all'incredulità della donna, prosegue: "Vostro figlio ha confessato i propri crimini. L'inchiesta è corredata dalla sua firma. È un terrorista e ha partecipato a un'azione terroristica.". E, alla richiesta della madre di sapere dove sia, le risponde seccamente "Questo non riguarda me."

Sof'ja, sempre più isolata, perde il lavoro ma continua tenacemente nella ricerca di un contatto con il figlio, combattuta tra due opposte convinzioni, che le sembrano ugualmente plausibili e che non riesce a conciliare: l'assoluta innocenza del figlio e la correttezza della giustizia sovietica che non può certo arrestare senza motivo.

Tutti i suoi sforzi saranno inutili: la speranza si trasforma gradualmente in angoscia disperata e nell'ultima pagina in aperta follia: [5], la madre, ricevuta finalmente una lettera da Kolja che chiede il suo aiuto, la brucerà calpestandola.

Personaggi modifica

  • Sof'ja Petrovna Lipatova, vedova di Fedor Ivanovič Lipatov e madre di Kolja; dopo la morte del marito trova un impiego in una casa editrice;
  • Nikolaj Fedorovič Lipatov (diminutivo Kolja o Kol'ka), figlio di Sof'ja, mentre studia Ingegneria viene inviato nella fabbrica di Uralmas a Sverdlovsk, dove, inizialmente, si mette in luce per il suo entusiasmo e le sue capacità tecniche;
  • Natal'ja Sergeevna Frolenko (dim. Nataša), ragazza semplice, "non bella", vicina di casa di Sof'ja;
  • Aleksandr Finkel'štein (dim. Alik), compagno di scuola ed amico del cuore di Nikolaj. Anche lui è inviato nella fabbrica di Uralmas;
  • Erna Semënovna, impiegata della casa editrice, commette frequenti errori di battitura;
  • Timofeev, "zoppo e mal rasato", organizzatore del partito (partog);
  • Anna Grigor'evna, presidentessa del comitato locale del sindacato (mekstom);
  • Zacharov, direttore della casa editrice;
  • Gerasimov, responsabile della tipografia;
  • Mar'ja Ivanovna, ascensorista;
  • Degtjarenko, poliziotto, coabita con la famiglia nell'appartamento di Sof'ja;
  • Valja, figlia di un contabile, coabita nell'appartamento di Sof'ja;
  • Ivan Ignat'evič Kiparisov, medico, vecchio collega di Fedor Ivanovič, padrino di Kolja;
  • Marija Erastovna Kiparisova, moglie di Ivan Ignat'evic;
  • Saša Jarcev, compagno di classe di Kolja, testimonia contro di lui;
  • Cvetkov, procuratore, detiene la pratica giudiziaria di Kolja;
  • Eršov, giudice di Kolja.

Edizioni modifica

Le considerazioni di Solženicyn modifica

Il coraggio necessario a preservare documenti e testimonianze del tragico periodo delle grandi purghe, con un riferimento specifico a Sof'ja Petrovna, è efficacemente ricordato dallo scrittore Aleksandr Solženicyn nel suo Arcipelago Gulag, con questa riflessione:

«In quel tempo terribile in cui nello sgomento e nella solitudine si bruciavano fotografie care, lettere e diari intimi, in cui ogni foglio ingiallito nell'armadio di famiglia avvampava improvvisamente dei fiammeggianti colori della rovina e quasi cercava di introdursi da solo nella stufa, quanto coraggio ci voleva per salvare gli archivi dei condannati (come Florenskij) o di persone notoriamente bollate (come il filosofo Fëdorov), e non bruciare quegli archivi nel corso di mille e mille notti. Come doveva apparire esplosivamente sovversivo, clandestino e antisovietico il racconto di Lidia Cukosvskaja Sofia Petrovna! Lo conservò Isidor Glikin. Nella Leningrado assediata, sentendo l'approssimarsi della morte, egli attraversò arrancando tutta la città per portarlo alla sorella e salvarlo.»

Solženicyn, nella medesima opera, descrive anch'egli uno dei temi centrali e più angoscianti sviluppato ampiamente in Sof'ja Petrovna, la tragica condizione di moltissime donne che, in un ambiente umano timoroso di mostrarsi solidale, cercano disperatamente, confrontandosi con una burocrazia ostile, di avere notizie dei loro uomini scomparsi e di aiutarli in qualche modo:

«[...] in quel mondo vagavano, smarrite e accecate, milioni di donne alle quali era stato strappato e portato nell'Arcipelago[6] il marito, un figlio, il padre. Erano le più spaventate di tutti, avevano paura delle insegne luminose, delle porte degli uffici, delle suonerie telefoniche, dei colpi ad una porta, temevano il postino, la lattaia, l'idraulico. [...] Facevano la coda davanti alle prigioni, si recavano a cento chilometri di distanza perché correva voce che là accettavano pacchi. A volte morivano prima del detenuto.»

Note modifica

  1. ^ Un anno prima, nel 1965, l'opera era apparsa a Parigi nelle edizioni "Librarie des Cinq Continents", in lingua russa, con testo lacunoso ed il titolo apocrifo di Opustelyj dom [La casa deserta].
  2. ^ Organizzazione giovanile del Partito Comunista dell'Unione Sovietica.
  3. ^ Vecchia denominazione dell'attuale Ekaterinburg, città industriale sul versante asiatico degli Urali.
  4. ^ Giornale ufficiale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica.
  5. ^ Lo stesso epilogo: il dolore giunto all'acme che si tramuta in follia, lo troviamo anche nelle pagine finali de La Storia di Elsa Morante.
  6. ^ L'insieme dei gulag disseminati, come isole di un arcipelago, nel vasto territorio sovietico.

Voci correlate modifica

Altri progetti modifica

Bibliografia modifica

  • Per una ricerca su “verità” e “giustizia”. L'esperienza di Lidija Čukovskaja – saggio della professoressa Antonella Salomoni, in "DEP Rivista telematica di studi sulla memoria femminile", Università Ca' Foscari Venezia.