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Letteratura italiana: dalle Origini al Trecento

«... sarebbe impossibile determinare un momento in cui il latino abbia cessato di essere la lingua comunemente usata dal popolo e abbia ceduto il posto alle lingue nuove: sia perché tale trapasso dovette svolgersi diversamente e in diversi tempi nei differenti luoghi, sia perché soprattutto è assurdo scientificamente parlare del nascimento di un linguaggio, il quale non nasce mai e non muore bensì continuamente si trasforma".»

«Il carattere distintivo che ci permette di parlare di una letteratura italiana è la lingua"[2]»

Con il termine "origini" si è soliti definire, per quanto riguarda la storia letteraria italiana, l'insieme di tutti quegli avvenimenti in campo culturale, spirituale e religioso, che preparano il terreno e infine stabiliscono, come scrive Alberto Asor Rosa[3]"la genesi delle moderne letterature europee dal ceppo comune della latinità medievale"


Se, come hanno individuato gli storici, si può parlare della nascita della letteratura italiana solamente a partire dal secolo XIII quando nelle diverse regioni della penisola italiana si iniziò a scrivere in italiano con finalità letterarie, non si può dimenticare che in Italia vi erano già state precedentemente due letterature: quella latina o romana e quella medievale o mediolatina.

Per giungere alle origini della letteratura italiana:percorso storico modifica

Per individuarne quindi le origini bisognerà analizzare le precedenti letterature e percorrere il cammino storico che ci condurrà alle prime espressioni scritte in lingua volgare che abbiano qualche finalità letteraria.

L'Italia nel periodo romano e la letteratura latina modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Letteratura latina.
 
Ritratto di Ovidio, uno dei massimi esponenti della Letteratura latina

Nell'VIII secolo a.C. Roma aveva iniziato ad espandersi conquistando, nel corso di alcuni secoli, le varie regioni della penisola italiana, abitate da popoli differenti sia per lingua che per razza, unificandoli e dando così l'avvio ad una letteratura latina che produsse grandi scrittori tra i quali Lucrezio, Catullo, Cicerone, Virgilio, Orazio, Livio, Ovidio e Tacito.

Ma qualche secolo dopo Cristo l'Impero romano iniziò progressivamente a decadere e nel territorio penetrarono popolazioni di razze diverse, prevalentemente di origine germanica, che i Romani chiamarono barbari. Questo portò allo sfasciarsi dell'impero che si divise in diversi stati con storie separate, anche se alcuni di essi rimasero legati tra di loro, sia per il fatto di parlare la lingua latina, sia per il fatto di aver aderito alla religione del Cristianesimo.

L'Italia nel periodo medievale e la letteratura medievale modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Letteratura medievale.

Con la detronizzazione dell'ultimo imperatore romano, nel 476 d.C., il potere passò a un re barbarico e l'Italia venne soggiogata dai germanici fino al 553 quando, con la battaglia del Vesuvio, l'Impero romano d'Oriente, costituito dai Bizantini, riuscì a rioccupare una parte dell'Italia. Nel 568 però, con la discesa in Italia dei Longobardi, che riuscirono a conquistare un'altra parte della penisola, si assistette ad una divisione politica, amministrativa e linguistica.

In questo periodo la cultura della penisola italiana, sia a causa delle condizioni economiche che si erano notevolmente abbassate, sia per le invasioni barbariche e altre cause, si abbassò notevolmente e la lingua iniziò una evoluzione diversa secondo le regioni e i differenti strati sociali.

Da una parte ci sono le persone colte, i cosiddetti chierici appartenenti al clero e in grado di leggere e di scrivere, che continuarono a parlare, e anche a scrivere, in latino e dall'altra le persone non colte, i laici, che, incapaci di leggere e di scrivere, utilizzavano dialetti che avevano una origine latina ma che col passare del tempo andavano sempre più allontanandosi e diversificandosi da essa.

Nacque così in Italia una letteratura nuova composta in latino medievale o mediolatino che rispecchiava la nuova civiltà: la civiltà medievale.
Come scrive Alberto Asor Rosa [4] "... è dall'intera maturazione di questa (con tutti i fenomeni linguistici, ideologici e sociologici che l'accompagnano e ne derivano) che si produce a un certo punto una nuova cultura fondata essenzialmente sull'uso dei linguaggi volgari".

L'Italia del periodo comunale e le letterature in volgare modifica

Con la ripresa economica che si manifestò dopo il Mille e che vide la nascita delle città, nacquero dei nuovi ceti cittadini appartenenti agli artigiani, ai mercanti o agli industriali, che, pur essendo laici, sentivano il bisogno di possedere una cultura e di esprimersi in modo letterario. Costoro pertanto iniziarono ad utilizzare i loro dialetti di origine latina, i volgari per rivolgersi non solamente ai chierici, ma a tutti i laici che erano in grado di comprendere il volgare, spesso se letto o recitato da altri.

 
Carlo Magno in un dipinto di Albrecht Dürer, 1511-1513

I primi scritti in volgare sono di carattere religioso nei quali si obbligano gli ecclesiastici a rivolgersi ai fedeli, nel corso delle prediche, nella loro stessa lingua come viene stabilito da Carlo Magno nell'813 durante il Concilio di Tours e spesso formule di giuramenti come il Giuramento di Strasburgo del 14 febbraio dell'842, quando si assistette al giuramento di Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico davanti ai propri eserciti, il primo in francese antico e il secondo in francone.

Dalla letteratura latina a quella italiana modifica

Per quanto riguarda l'Italia non è facile indicare con precisione l'inizio di questo nuovo processo anche se dal secolo VIII si possono trovare già testi che utilizzano per iscritto il volgare. Alberto Asor Rosa riferisce che nel 1189 si era recato presso la chiesa delle Carceri di Padova il patriarca di Aquileia per tenere un sermone in latino che venne prontamente tradotto ai fedeli presenti in lingua volgare [5].

Si è quindi propensi a pensare che la lingua volgare, già dall'VIII secolo al XII fosse utilizzato in modo sempre più frequente non solo per uso pratico ma anche per usi che dimostravano l'esigenza di esprimere un bisogno letterario.

I primi documenti modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Indovinello veronese.
 
L'Indovinello veronese

Tra i documenti più antichi che dimostrano questa esigenza vi è in primo luogo un semplice indovinello, l'Indovinello veronese, composto da quattro brevi versi che vennero scoperti nel 1924 in un Codice della Biblioteca Capitolare di Verona verso la fine del secolo VII e l'inizio del IX, dove l'atto dello scrivere, ripreso dalla letteratura scolastica del secolo VIII, viene paragonato all'atto del seminatore che sparge nei solchi il seme nero su un prato bianco.

«Se pareva boves, alba pratalia araba. - albo versorio teneba, negro semen seminaba [6]

  Lo stesso argomento in dettaglio: Placiti cassinesi.

Tra i primi documenti nei quali il volgare assume carattere di linguaggio già ufficiale e colto sono quattro testimonianze giurate che riguardano certe controversie sull'appartenenza di alcuni lotti di terreno ai benedettini del monastero di Capua, di Sessa e di Teano che vennero registrate tra il 960 e il 963, noti come i quattro placiti cassinesi.
Le formule usate in queste testimonianze sono la ripetizione di quanto preparato in precedenza dal giudice in testo latino e in seguito stilate in volgare perché esse fossero comprese dai tutti i presenti al giudizio. Tra questi vi è quello che il Sapegno chiama il placito capuano [7]. Il critico scrive: "In un placito capuano del 960 è riprodotta la formula pronunciata dai testimoni in una lite di confini tra il monastero di Montecassino e tal Rodelgrimo d'Aquino: "Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte Sancti Benedicti" [8].

Così, a poco a poco, con il passare del tempo i documenti di questo genere, e non solo, diventano sempre più frequenti, come i libri di memorie contabili, i tre versi inseriti in un dramma scritto in latino sulla Passione, una iscrizione sulla facciata della chiesa di San Clemente a Roma dove il servitore riferisce parole in volgare e il santo in latino, un privilegio sardo e una confessione di origine marchigiana o umbra tutti appartenenti al secolo XI.
Del XII secolo ci è poi pervenuta una carta di origine calabrese e una scritta piuttosto semplice formata di quattro endecasillabi che si poteva leggere, nel Duomo di Ferrara "Li mille cento trenta cenqe nato - fo questo templo a San Gogio donato - da Glelmo ciptadin per so amore - e mea fo l'opra. Nicolo scolptore", come riporta Sapegno in note [9].

Al XIII secolo risalgono poi dei frammenti d'un manoscritto appartenente a certi banchieri fiorentini e, sempre in Toscana, seguono altri documenti che riguardano questioni di interessi privati o appartenenti a istituzioni pubbliche.

Uso del volgare e suo uso letterario modifica

Per queste prime testimonianze in volgare bisogna tener conto che "... il volgare, che passa nelle scritture e diventa a poco poco lingua letteraria, non è il linguaggio del popolo così come questo direttamente lo parla, ma è quello stesso linguaggio come una persona colta, e che generalmente sa di latino, lo tratta e lo sistema, perché sia comprensibile al popolo ma al tempo stesso abbia la dignità grammaticale e stilistica di stare accanto al latino" [10].

Per trovare, in Italia, testi a carattere propriamente letterario in un volgare solido bisogna risalire intorno alla metà del XII secolo con il Ritmo laurenziano ritrovato in un codice della Biblioteca Mediceo Laurenziana di Firenze, che consiste nella cantilena di un giullare toscano, o al Ritmo di Sant'Alessio trovato nelle Marche nel secolo XIII [11].

Le origini modifica

Il passaggio delle nuove lingue volgari da documenti stilati per fini pratici a mezzo letterario nel senso concreto del termine, avviene lentamente e in Italia più tardi che altrove.

  Lo stesso argomento in dettaglio: Lingue della Francia.

Le lingue romanze modifica

Per questo motivo si fanno risalire alle origini della letteratura italiana quei testi letterali romanzi già nati nel X - XI secolo nella Francia settentrionale e, a partire dalla metà del secolo XI, quei testi provenzali sorti nella Francia meridionale.

La lingua d'oc modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Lingua d'oc.

In Provenza era infatti già nata una letteratura in lingua d'oc che si era rapidamente diffusa in quelle regioni territorialmente più vicine, come la Liguria, il Piemonte, la Lunigiana, la Marca Trevigiana, facendo nascere poesie improntate ai temi provenzali e in lingua provenzale, da parte di autori italiani come il genovese Lanfranco Cigala, il veneziano Bartolomeo Zorzi e Sordello da Goito che sarà nominato da Dante nel Canto VI del Purgatorio.

La lirica provenzale modifica

 
Bertran de Born, illustrazione dal manoscritto di canzoni trovatoriche, Bibliothèque Nationale Française

Notevole importanza ebbe in Italia l'influsso della lirica provenzale, essenzialmente di carattere amoroso e di contenuto povero e monotono composta con grande e faticoso artificio di stile che veniva appunto chiamata Art de trobar.
Le liriche dei poeti provenzali, come Bertrand de Born e Jaufré Rudel giunsero così in Italia per essere raccolte in florilegi da dedicare per diletto ai signori delle corti italiane.

  Lo stesso argomento in dettaglio: Sordello da Goito.

Durante la Crociata contro gli Albigesi del 1209 molti trovatori si rifugiarono in Italia soggiornando presso diverse corti italiane e tra i più noti si ricorda Sordello da Goito che, visse a lungo a Verona e a Treviso e poi, dopo essere ritornato in Provenza, rientrò con Carlo d'Angiò in Italia. A lui si deve il famoso "Compianto in morte di ser Blacatz", un noto feudatario di Provenza, dove trova l'occasione per rivolgere una feroce satira politica ai maggiori sovrani del tempo.

La lingua d'oil modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Lingua d'oil.

Anche nella zona settentrionale della Francia era già sorta una letteratura in lingua d'oil, dalla quale vennero assimilati dagli scrittori italiani i francesismi e i motivi.

  Lo stesso argomento in dettaglio: Ciclo carolingio e Materia di Britannia.

I due cicli francesi più famosi furono il ciclo carolingio e il ciclo bretone.

 
Carlo Magno piange la morte del Conte Rolando

Il ciclo carolingio era formato da canzoni, dette chansons de geste (canzoni di gesta) che narravano le grandi imprese dei paladini di Carlo Magno e delle sue battaglie contro i Mori per difendere la Francia. Soprattutto la Chanson de Roland, che narra la sconfitta a Roncisvalle dei paladini dell'imperatore tra cui Orlando sarà presto conosciuta in Italia e in seguito ripresa con grandi sviluppi poetici come nell'Orlando innamorato del Boiardo e nell'Orlando Furioso di Ludovico Ariosto.

 
Louis Rhead, "The Parting of Sir Tristram and la Belle Isault"

Nel ciclo bretone venivano invece narrate le imprese dei cavalieri della tavola rotonda che si riunivano in Bretagna intorno al re Artù. Questi racconti leggendari ebbero molto successo in Italia dove si diffusero rapidamente e si ritroveranno nei secoli futuri in tanti dei motivi della nostra letteratura di novelle e romanzi.

Accanto a questi due cicli se ne formò un terzo detto dei Ciclo dei cavalieri antichi che riprese gli eroi dell'antichità, come Enea, Cesare, Alessandro e altri grandi, trasformando le loro imprese secondo la concezione medioevale e cortese.

I troveri [12], che erano i poeti autori che componevano le storie leggendarie e i poemi e li cantavano sulla viola, insieme ai giullari, tipici personaggi della vita medievale. "... cantori e saltimbanchi, buffoni, avventurieri e professionisti della letteratura e della penna... giravano di corte in corte, di città in città, di mercato in mercato e ben presto si diffusero in Italia [13].

In Italia, i poemi carolingi vennero così tradotti, imitati e rielaborati sia in prosa che in versi. Si possono ritrovare, ad esempio, nella biblioteca Marciana di Venezia alcuni poemi scritti in un linguaggio piuttosto rozzo, misto di francese e di veneto, che narrano le avventure di Buovo d'Antona, della madre di Carlo Magno, Berta, di quando Carlo era giovane, del leggendario Uggieri il Danese e di altri, nel tentativo di riscrivere i poemi di Francia in una lingua franco-veneta o franco-italiana.

Spesso però gli scrittori italiani usavano la lingua francese, quella d'oc, per rielaborare la materia del ciclo carolingio, come per il poema scritto in francese da uno sconosciuto padovano, l'"Entrée d'Espagne", e la "Prise de Pampelune" di Niccolò da Verona ambedue appartenenti al secolo XIV.

A Rustichello da Pisa, dobbiamo un romanzo, conosciuto col titolo "Roman de Roi Artus" (Il romanzo di re Artù) scritto in francese, che narra le avventure di Tristano e ad altri scrittori rimasti sconosciuti leggende e racconti rielaborati su materiale bretone, come il "Tristano Riccardiano" il cui manoscritto si trova nella biblioteca Riccardiana di Firenze, la "Tavola Rotonda" e la "Storia di Merlino" scritti in lingua volgare.

Non solo il materiale del ciclo carolingio e di quello bretone vennero ripresi e diffusi in Italia, ma anche quello dei Cavalieri antichi di cui si ricorda l'"Historia destructionis Troiae", probabilmente scritta in latino dal poeta appartenente alla scuola siciliana Guido delle Colonne nel 1287, e la "Storietta troiana" di un anonimo tratte dal "Roman de Troie" di Benoît de Sainte-Maure risalente al XII secolo oltre "I fatti di Cesare" di scrittore anonimo appartenente al secolo XIII e i "Canti di antichi cavalieri" dove si narra di Scipione, di Fabrizio, Pompeo e del Saladino.

==Il Duecento e Dante==

Il periodo storico che va dal 1224, presumibile data della composizione del Cantico delle creature di San Francesco d'Assisi e il 1321 anno in cui morì Dante [14], si contraddistingue per i numerosi mutamenti in campo sociale e politico e per la viva attività intellettuale e religiosa.

La letteratura allegorico-didattica modifica

 
Manoscritto del Roman de la Rose (1420 - 1430).

Un tipo di letteratura, quella di carattere enciclopedico e allegorico, nata in Francia già nel XII secolo con il poema Viaggio della saggezza. Anticlaudianus. Discorso sulla sfera intelligibile del filosofo Alano di Lilla, giunge nel Duecento in Italia con i suoi modelli, come il famoso Roman de la Rose che nelle due parti composte tra il 1230 e il 1280 circa da Guillaume de Lorris e Jean de Meun narrano, con abbondanti figure simboliche e azzardate personificazioni, le vicende del sentimento amoroso nei suoi vari e drammatici aspetti. L'influsso del Roman si avverte in tutte le opere allegorico-didattiche antiche scritte in volgare. Dal Roman, famoso è il rifacimento del fiorentino Durante, che alcuni vollero identificare nello stesso Dante Alighieri, realizzato in 232 sonetti in volgare italiano verso la fine del secolo XIII e il frammentario intitolato Detto d'Amore che riescono a trasformare il poema francese liberandolo dagli schemi scientifici e tecnologici rendendolo più ricco di spunti amorosi e satirici.

La letteratura didattica e morale modifica

Sempre nel XIII secolo, collegata alla tendenza religiosa e didattica che aveva fatto nascere le grandi opere dette summae, vedono la luce anche alcuni componimenti in volgare veneto e lombardo molto significativi per chiarire la cultura comune del tempo e che "esprimono nel loro insieme il tentativo di un innalzamento dei dialetti settentrionali, veneto-lombardi, ad espressione letteraria" [15].

  Lo stesso argomento in dettaglio: Giacomino da Verona e Bonvesin de la Riva.

Alla prima metà del secolo appartiene una raccolta di massime morali e sentenze, lo Splanamento de li proverbi di Salomone, composta da Gherardo Patecchio di Cremona in versi alessandrini e, dello stesso autore, una canzone in endecasillabi dal titolo le Noie dove vengono elencati tutti gli avvenimenti spiacevoli della vita.
Nella seconda metà del secolo Fra' Giacomino da Verona scrive due poemi in versi alessandrini: il De Babilonia civitate infernali e il De Jerusalem celesti dove vengono elencate rispettivamente le pene dell'Inferno e le gioie del Paradiso.
Tra gli scrittori di questo periodo vi fu il maestro di grammatica Bonvesin de la Riva che compose molte opere sia in volgare che in latino. Tra le più note scritte in latino si ricorda il De Magnibus urbis Mediolani, una sintetica storia di Milano, e in volgare il "Libro delle Tre Scritture": la Nigra, la Rossa e la Dorata, un poemetto dove vengono narrate le dodici pene dell'Inferno, la Passione di Cristo e le glorie del Paradiso. Egli scrisse anche dei Contrasti dove pone a confronto la Vergine e Satana, la mente e il corpo, la viola e la rosa, il Trattato dei mesi dove gennaio, con la sua pigrizia, viene confrontato con l'operosità degli altri mesi dell'anno e un poemetto sulle buone maniere da tenere a tavola intitolato Cortesie da desco.

La letteratura religiosa modifica

Contemporaneamente a questi componimenti dell'Italia settentrionale, nasce, soprattutto in Umbria, una letteratura in versi a carattere religioso scritta nei vari dialetti locali per lo più anonima.

Le laude modifica

Tra i più importanti generi della letteratura religiosa vi sono le laude, componimenti che cantavano le lodi dei Santi, di Cristo e della Madonna, e che vengono spesso raccolte in manoscritti chiamati "laudari" (raccolte di laude) per le Confraternite religiose.

Si tratta spesso di laude scritte sotto forma di dialogo con carattere di dramma sacro che venivano recitate in ricorrenze religiose di una certa importanza con l'accompagnamento musicale.

Le laude di questo periodo sono quasi tutte anonime e vengono soprattutto dalla Toscana dall'Umbria, dalle Marche, dall'Abruzzo e dall'Italia settentrionale e conservano, nella povertà della loro struttura sintattica, un carattere molto semplice ma estremamente sincero.

Vengono narrati gli episodi del Vangelo di maggior effetto, come i miracoli di Gesù e della Vergine e la vita dei santi. Tra le descrizioni meglio riuscite e piene di religioso e commosso sentimento, vi è quella della Vergine che guarda in contemplazione il Bambin Gesù e il pianto della Madre ai piedi della Croce.

Le opere a carattere religioso furono quindi assai numerose in questo periodo ma quelle che si contraddistinguono per il loro carattere realmente poetico sono "Il Cantico di Frate sole" di San Francesco d'Assisi e le "Laude" di Jacopone da Todi.

San Francesco D'Assisi modifica

 
Raffigurazione di san Francesco d'Assisi in un affresco di Cimabue nella basilica di Assisi; si ritiene che sia l'immagine più fedele del santo
  Lo stesso argomento in dettaglio: San Francesco d'Assisi.

"La prima grande figura che incontriamo proprio sulla soglia della nostra letteratura del duecento è quella di San Francesco d'Assisi" come scrivono, sia Giuseppe Petronio [16] che Natalino Sapegno [17].

Di San Francesco ci sono giunte alcune operette latine e un cantico, scritto in volgare umbro, conosciuto come il Cantico delle Creature o "Il Cantico di Frate Sole", che può essere considerato il testo più antico della letteratura italiana.
Secondo Natalino Sapegno [18], "il tipo di prosa ritmica e ritmata, che nella divisione irregolare dei versetti, sembra riecheggiare le forme della liturgia non trova rispondenza nella letteratura italiana contemporanea".

 
Giotto, San Francesco rinuncia alle vesti, Basilica Superiore di Assisi

La letteratura francescana modifica

Dopo la morte di San Francesco nacque una fiorente letteratura francescana che proseguì anche nel Trecento.

Le biografie del santo modifica

Essa produsse numerose biografie del santo scritte in latino e presto tradotte in volgare. Si ricordano soprattutto di Tommaso da Celano la Legenda prima, che venne scritta per commissione del papa Gregorio IX nel 1229, la Legenda secunda e la "Legenda trium sociorum" redatta non come una vera biografia ma come una sequenza di episodi eccezionali, compiuti da San Francesco e dai suoi tre compagni (Leone, Rufino e Angelo), secondo il modello dei fioretti; lo "Speculum perfectionis", redatta da uno scrittore anonimo che è stato il primo a tramandarci "Il Cantico delle creature".

  Lo stesso argomento in dettaglio: San Bonaventura da Bagnoregio.
 
San Bonaventura in un dipinto di Francisco de Zurbarán

La seconda biografia del santo di carattere ufficiale è quella che scrisse San Bonaventura, intitolata Legenda maior, per incarico dell'Ordine dei Frati Minori per arrivare agli Actus beati Francisci et sociorum eius considerati la prima fonte de "I Fioretti di San Francesco" in volgare.

Il primo testo della letteratura francescana modifica

«Comandò allora Madonna Povertà che fossero imbanditi nelle scodelle cibi caldi. Ed ecco fu portata una sola scodella piena d'acqua fredda perché tutti vi attingessero il pane.»

Si deve ad un autore ignoto, che da alcuni critici viene individuato in Giovanni Parenti, un'opera scritta in forma di allegoria nel 1227 dal titolo "Sacrum commercium sancti Francisci cum domina Paupertate" (Le mistiche nozze di San Francesco con madonna Povertà), opera che influenzò sia le future biografie del santo, sia autori come Giotto e Dante. Di Dante troviamo infatti nel canto XI del Paradiso il panegirico di San Francesco, dove vengono evidenziate le nozze del santo con la Povertà.

Jacopone da Todi modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Jacopone da Todi.

Sarà però con Jacopone da Todi e con il Pianto della Madonna, una lauda dialogata dal linguaggio misto di parole del volgare umbro e di latinismi e dalla metrica che ripropone i modelli della poesia dotta, che la poesia religiosa raggiunge il suo vero apice poetico.

La lirica popolare e giullaresca modifica

 
Diego Velázquez, Ritratto del buffone Juan Calabazas

Nel XIII secolo fioriscono anche dei componimenti di carattere popolare che probabilmente servivano come accompagnamento alle danze durante le feste. Si tratta di poesie che trattano d'amore, di canti in forma dialogata tra una madre e una figlia che si deve sposare, di lamenti di giovinette che vogliono marito, di contrasti tra moglie e marito, tra suocera e nuora.
Alcune di queste poesie sono opera di giullari che, come scrive Sapegno [20], "segnano il ponte di passaggio, a dir così, fra la letteratura di popolo e quella degli spiriti più colti e raffinati". Si tratta quindi per lo più di una letteratura anonima "sia sul piano anagrafico (di molti componimenti non conosciamo l'autore) e sul piano culturale: manca infatti un particolare e individuale rilievo stilistico, le forme espressive sono stereotipate, convenzionali, ripetitive perché l'autore, per il successo della propria produzione, si basa soprattutto sull'invenzione, sulla trovata brillante e improvvisa, sulla battuta ad effetto" [21].

Il più antico tra i documenti di questa poesia giullaresca può essere considerata una cantilena toscana intitolata "Salv'a lo vescovo senato" che risale all'inizio della seconda metà del XII secolo composta in monorime di ottonari dove un giullare tesse in modo esagerato le lodi dell'arcivescovo di Pisa per avere un cavallo e il "Lamento della sposa padovana" risalente al XIII secolo. Si tratta di un frammento di autore anonimo scritto in volgare veneziano, dove una donna si lamenta per la mancanza del marito che sta combattendo alle crociate e fa l'elogio della sua fedeltà.
Un altro famoso componimento di carattere giullaresco, oltre al "Vanto", scritta con la forma metrica della frottola da Ruggieri Apuliese che visse nella prima metà del Duecento, è il contrasto "Rosa fresca e aulentissima" di Cielo d'Alcamo, contemporanea alla poesia siciliana, un componimento composto in dialetto meridionale dove un giovane innamorato e sfrontato fa proposte ad una giovane dapprima ritrosa e poi consenziente, che denota da parte dell'autore una buona dose di cultura.

La Scuola siciliana modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Scuola siciliana.
 
Raccolta di Minnesang del 1850

Una prima elaborazione di lingua letteraria da poter mettere in versi si ebbe al tempo di Federico II di Svevia in Sicilia dove l'imperatore, di ritorno dalla Germania dove aveva avuto modo di conoscere i Minnesänger tedeschi, aveva dato l'avvio, nel 1220-50 circa, alla Scuola siciliana, una vera scuola poetica che si ispirava ai modelli provenzali. I poeti di questa scuola "... scrivevano in un siciliano illustre, in un siciliano cioè nobilitato dal continuo raffronto con le due lingue, in quel momento auliche per eccellenza: il latino e il provenzale" [22].

A Jacopo da Lentini, notaio presso la corte di Federico II e probabile iniziatore della scuola, si attribuisce l'invenzione del sonetto e la teoria dell'amore, inteso come sentimento che nasce alla vista di una donna e che viene alimentato attraverso l'immaginazione, che sarà ripresa da tutta la lirica d'amore del Duecento, dai siciliani agli stilnovisti.

Tra i principali rappresentanti della scuola, che furono tutti funzionari della corte di Federico II, si ricorda, oltre Jacopo da Lentini, Pier della Vigna, Jacopo Mostacci, Percivalle Doria, Rinaldo d'Aquino, Guido delle Colonne, Ciacco dell'Anguillara, Stefano Protonotaro, Giacomino Pugliese, oltre lo stesso Federico e il figlio naturale Enzo di Svevia.

I poeti della scuola siciliana scrivevano canti improntati ai modelli della poesia provenzale che, nata presso le corti, esaltava l'amore come abitudine di gentilezza più che come sentimento immediato e prorompente. Costoro seguivano anche gli stessi schemi metrici di quel genere di poesia riproponendo il genere della canzone, della ballata, del sirventes e del contrasto.

Nella storia della poesia, come scrive Mario Sansone "Non grande è l'importanza della scuola poetica siciliana, ma grandissima è la sua importanza nella storia della nostra cultura e nel formarsi della nostra lingua letteraria" [23].

La Scuola toscana modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Lirica toscana.

Con la morte di Federico II e del figlio Manfredi si assiste al tramonto della potenza sveva e anche l'esaurirsi della poesia siciliana. Dopo la Battaglia di Benevento l'attività culturale si sposta dalla Sicilia alla Toscana, dove nasce una lirica d'amore, la lirica toscana, non dissimile da quella dei poeti della corte siciliana.

Vengono così ripresi in Toscana i temi della scuola siciliana e le ricercatezze di stile e di metrica propria dei Provenzali con l'arricchimento dato dalle nuove passioni dell'età comunale.

La poesia dei poeti toscani viene così ad arricchirsi sia dal punto di vista tematico che linguistico anche se viene a mancare "quel livello di aristocrazia formale a cui i siciliani riescono generalmente a mantenersi" [24].

Fanno parte del gruppo dei poeti toscani Bonagiunta Orbicciani da Lucca, Monte Andrea, il fiorentino Chiaro Davanzati, Compiuta Donzella e molti altri di cui il più noto è Fra Guittone dal Viva da Arezzo.

Guittone d'Arezzo modifica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Guittone d'Arezzo.

Il caposcuola dei toscani viene considerato Guittone del Viva d'Arezzo, nato verso il 1235 ad Arezzo e morto nel 1294, nel quale si può cogliere, come osserva Asor Rosa [25] "... un concetto della funzione della poesia più articolato di quello praticato dai siciliani e, forse, dagli stessi provenzali".

Guittone ci ha lasciato una vasta raccolta di rime nelle quali si rispecchiano i suoi due diversi modi di vita. Si può così dividere la sua opera in due parti: la prima, dove imita i poeti della scuola siciliana ed è dedicata all'amore e alle armi, la seconda di contenuto religioso e morale.

A Guittone si deve il primo esempio di canzone politica scritta in seguito alla sconfitta che i guelfi fiorentini subirono nel 1260 a Montaperti per opera dei ghibellini nella quale, con il tono energico e veemente che si ritroverà in alcune pagine di Dante, egli lamenta la pace perduta utilizzando e alternando il sarcasmo con l'invettiva e l'ironia.

Ma il vero poeta lo si deve cercare nelle sue rime di carattere religioso e specialmente nella laude, come in quella dedicata a San Domenico scritta con lo schema della ballata sacra da lui inventata.


Bibliografia essenziale della critica modifica

suggerita da Augusto Roncaglia[26]



  • Aurelio Roncaglia, "Le Origini" in Storia della letteratura italiana, a c. di E. Cecchi e N. Sapegno, I, Garzanti, Milano, 1965, pp. 3-269
  • Emilio Pasquini, "Cultura e letteratura delle origini", in "Letteratura italiana storia e testi", a c. di C. Muscetta, I, Bari, 1970. pp. 3-168
  • Antonio Viscardi, Le Origini, in Storia letteraria d'Italia, Vallardi, Milano, 1957
  • Antonio Viscardi, La cultura dell'alto medioevo, in "Questioni di Storia Medievale" e in "Le Correnti", Marzorati, 1959
  • Antonio Viscardi, Le origini della tradizione letteraria italiana, Roma, 1959
  • Francesco Novati, Le Origini, continuate e compiute da A. Monteverdi, Milano (1900), 1926
  • Ernst Robert Curtius, La litérature européenne et le Moyen Age latin, Paris, 1956
  • Erich Auerbach, Lingua letteraria e pubblico nella tarda latinità e nel Medioevo, Milano 1960
  • La letteratura italiana: Storia e testi, Ricciardi:Le origini, testi latini, italiani, provenzali, franco-italiani, a c. di A.Viscardi, B. e T. Nardi, Giuseppe Vidossi, F. Arese, Milano-Napoli, 1956
  • Bruno Migliorini, , cap. I. II. III ("La latinità d'Italia in età imperiale", "Tra il latino e l'italiano", "I primordi") in Storia della lingua italiana, Firenze, 1960
  • Giacomo Devoto, Profilo di storia linguistica italiana, Firenze, 1953
  • Angelo Monteverdi, Manuale di avviamento agli studi romanzi, I:"Le lingue romanze" , Milano 1952

Bibliografia della Letteratura delle origini modifica

  • N. Lagomaggiore, Rime genovesi della fine del secolo XIII e del principio del XIV, in "Archivio glottologico italiano", II, 1873. [Origini della letteratura italiana - 01 - Testi]
  • V. Joppi, Testi inediti friulani dai secoli XIV al XIX, in "Archivio glottologico italiano", IV, 1878. [Origini della letteratura italiana - 01 - Testi]
  • Miola, Le scritture in volgare dei primi tre secoli della lingua ricercate nei codici della Biblioteca Nazionale di Napoli, in "Il Propugnatore", XI, 1878. [Origini della letteratura italiana - 01 - Testi]
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  • G.E. Sansone, La poesia dell'antica Provenza, 2 voll., Guanda, Parma, 1984-1986 [Trovatori - 01 - Testi]
  • Trattati italiani inediti di falconeria dei secoli XIV e XV, a c. di A. Lupis e S. Pannunzio, Niemeyer, Tübingen, 1985. [Origini della letteratura italiana - 01 - Testi]
  • Antichi testi cremonesi: Due libri di conti del Convento di S. Antonio di Cremona (1428-1433), a c. di R. Saccani, Annali della Biblioteca Statale e Libreria Civica, Cremona, 1985. [Origini della letteratura italiana - 01 - Testi]
  • Marco Polo, Il Milione, a c. di R.M. Ruggieri, Olschki, Firenze, 1986. [Polo M. - 01 - Testi]

Studi modifica

  • P. Rajna, Contributi alla storia dell'epopea e del romanzo medievale (I-II), in "Romania", XVII, 1888. [Letteratura franco-italiana - 02 - Studi]
  • P. Rajna, Contributi alla storia dell'epopea e del romanzo medievale (III), in "Romania", XVIII, 1889. [Letteratura franco-italiana - 02 - Studi]
  • P. Rajna, Contributi alla storia dell'epopea e del romanzo medievale (IV), in "Romania", XXIII, 1894. [Letteratura franco-italiana - 02 - Studi]
  • P. Rajna, Contributi alla storia dell'epopea e del romanzo medievale (V), in "Romania", XXVI, 1897. [Letteratura franco-italiana - 02 - Studi]
  • P. Meyer, De l'expansion de la langue française en Italie pendant le Moyen-Age, in Atti del Congresso internazionale di scienze storiche, IV, Roma, 1904. [Letteratura franco-italiana - 02 - Studi]
  • S. Debenedetti, Gli studi provenzali in Italia nel Cinquecento, Loescher, Torino, 1911. [Trovatori - 02 - Studi]
  • F. Torraca, L'Entrée d'Espagne, in Studi di storia letteraria, Sansoni, Firenze, 1923 (ed.or. 1917). [Letteratura franco-italiana - 02 - Studi]
  • J. Bédier, Les chansons des gestes et les routes d'Italie,, in Les légendes épiques, Chaampion, Paris, 1926 (III ed.). [Letteratura franco-italiana - 02 - Studi]
  • L.F. Benedetto, Filologia e geografia. Critica di una critica, Tip. Editrice Mariano Ricci, Firenze, 1929. [Polo M. - 02 - Studi]
  • Pillet e H. Carstens, Bibliographie der Trobadours, Niemeyer, Halle, 1933. [Trovatori - 02 - Studi]
  • L. F. Benedetto, Il "Cantico di Frate Sole", Sansoni, Firenze, 1941. [Francesco d'Assisi - 02 - Studi]
  • Viscardi, La letteratura franco-italiana, Società Tipografica Modenese, Modena, 1941. [Letteratura franco-italiana - 02 - Studi]
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  • F.A. Ugolini, La poesia provenzale e l'Italia, Società Tipografica Modenese, Modena, 1949 (II ed.). [Trovatori - 02 - Studi]
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  • G.E. Ferrari, Codici marciani ed edizioni italiane antiche di epopea carolingia, Biblioteca Nazionale Marciana, Venezia, 1961. [Letteratura franco-italiana - 02 - Studi]
  • G. Favati, Le biografie trovadoriche, Palmaverde, Bologna, 1961. [Trovatori - 02 - Studi]
  • Vincenti, Bibliografia antica dei trovatori, Ricciardi, Milano-Napoli, 1963. [Trovatori - 02 - Studi]
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  • G. Contini, Un'ipotesi sulle "Laudes creaturarum", in Varianti e altra linguistica. Una raccolta di saggi (1938-1968), Einaudi, Torino, 1970 (ed.or. 1963). [Francesco d'Assisi - 02 - Studi]
  • L. Renzi, Per la lingua dell'"Entrée d'Espagne", in "Cultura neolatina", XXX, 1970. [Letteratura franco-italiana - 02 - Studi]
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  • da Mareto, Bibliografia dantesco-francescana, Libreria Francescana, Parma, 1972. [Francesco d'Assisi - 02 - Studi]
  • Viscardi, Le origini, con aggiunte bibliografiche a c. di A.M. Finoli, Vallardi, Milano, 1973 (ed.or. 1939). [Origini della letteratura italiana - 02 - Studi]
  • F. Bajetto, Un trentennio di studi (1941-1973) sul "Cantico di Frate Sole", in "L'Italia francescana", XLIX,1974. [Francesco d'Assisi - 02 - Studi]
  • Limentani, Epica e racconto. Osservazioni su alcune strutture e sull'incompiutezza dell'"Entrée d'Espagne", "Atti. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti. Classi di Scienze morali, Lettere ed Arti", CXXXIII, 1974-75. [Letteratura franco-italiana - 02 - Studi]
  • S. Ruggeri, Materiali per uno studio sul "Cantico di Frate Sole", in "Accademie e biblioteche d'Italia", XLIII, 1975. [Francesco d'Assisi - 02 - Studi]
  • L. Spitzer, Nuove considerazioni sul "Cantico di Frate Sole", in Studi italiani, Feltrinelli, Milano, 1976 (ed.or. 1955). [Francesco d'Assisi - 02 - Studi]
  • P. Tuscano, Rassegna di testi e studi francescani, in "Lettere italiane", XXVIII, 1976. [Francesco d'Assisi - 02 - Studi]
  • U. Tucci, I primi viaggiatori e l'opera di Marco Polo, in Storia della cultura veneta, I, Neri Pozza, Vicenza, 1976. [Polo M. - 02 - Studi]
  • Le Goff, L'occidente medievale e l'Oceano Indiano: un orizzonte onirico, in Tempo della chiesa e tempo del mercante, Einaudi, Torino, 1977 [Polo M. - 02 - Studi]
  • Baldelli, Il "Cantico": problemi di lingua e di stile, in Francesco d'Assisi e francescanesimo dal 1216 al 1226. Atti del IV Convegno internazionale (Assisi 1976), Società internazionale di studi francescani, Assisi, 1977. [Francesco d'Assisi - 02 - Studi]
  • R.A. Taylor, La littérature occitane du Moyen-Age. Bibliographie selective et critique, University of Toronto Press, Toronto, 1977. [Trovatori - 02 - Studi]
  • M. Marti, Unità e socialità del "Cantico di Frate Sole", in Nuovi contributi dal certo al vero. Studi di filologia e di storia, Longo, Ravenna, 1980 (ed.or. 1977). [Francesco d'Assisi - 02 - Studi]
  • M.G. Capusso, La lingua del "Divisament dou monde" di Marco Polo, I: Morfologia verbale, Pacini, Pisa, 1980 [Polo M. - 02 - Studi]
  • M.S. Corradini Bozzi, Concordanze nelle biografie trovadoriche, 2 voll., Pacini, Pisa, 1982-88. [Trovatori - 02 - Studi]
  • R. Manselli, Tradizione orale e redazione scritta a proposito di Francesco d'Assisi, in AA.VV., Miscellanea di studi in onore di V. Branca, I: Dal Medioevo al Petrarca, Olschki, Firenze, 1983. [Francesco d'Assisi - 02 - Studi]
  • Limentani, "Entrée d'Espagne" e "Milione", in Scritti linguistici in onore di G.B. Pellegrini, I, Pacini, Pisa, 1983. [Letteratura franco-italiana - 02 - Studi]
  • Baldelli, La letteratura volgare in Toscana dalle origini ai primi decenni del secolo XIII, in La letteratura italiana. Storia e geografia, diretta da A. Asor Rosa, I: L'età medievale, Einaudi, Torino, 1987. [Origini della letteratura italiana - 02 - Studi]
  • Testi, cotesti e contesti del franco-italiano, a c. di G. Holtus et alii, Niemeyer, Tübingen, 1989. [Letteratura franco-italiana - 02 - Studi]
  • Di Girolamo, I trovatori, Bollati Boringhieri, Torino,1989. [Trovatori - 02 - Studi]
  • E. Landoni, La teoria letteraria dei provenzali, Olschki, Firenze, 1989. [Trovatori - 02 - Studi]

Voci correlate modifica

Collegamenti esterni modifica

Arrofondimento

Note modifica

  1. ^ Natalino Sapegno, Compendio di Storia della letteratura italiana, volume I: Dalle origini alla fine del Quattrocento, La Nuova Italia, Firenze,1956, pag. 6
  2. ^ Giuseppe Petronio, Compendio di storia della letteratura italiana, Palumbo, Firenze, 1968, pag. 9
  3. ^ Alberto Asor Rosa, Sintesi di storia della letteratura italiana, La Nuova Italia, Firenze, 1986, pag. 2
  4. ^ Alberto Asor Rosa, op. cit., pag. 1
  5. ^ Alberto Asor Rosa, op. cit., pag. 12
  6. ^ Da Luigi Morandi, Origine della lingua italiana, Stab. Tip. Scipione Lapi Editore, Città del Castello, 1897, pag. 11
  7. ^ Confronta Il placito capuano
  8. ^ Natalino Sapegno, op. cit., pag. 5
  9. ^ Natalino Sapegno, op. cit., pag. 5
  10. ^ Alberto Asor Rosa, op. cit., pag. 5
  11. ^ Confronta I documenti delle origini con testo
  12. ^ troveri: termine utilizzato da alcuni critici come Mario Sansone
  13. ^ Mario Sansone, Storia della letteratura italiana, Principato, Milano, 1960, pag. 25
  14. ^ Per la classificazione di questo periodo storico si prende in considerazione la suddivisione fatta da Alberto Asor Rosa in Sintesi di storia della letteratura italiana, La Nuova Italia, Firenze, 1986
  15. ^ op. cit., pag. 29
  16. ^ Giuseppe Petronio, op. cit., pag. 26
  17. ^ Natalino Sapegno, op. cit., pag. 52
  18. ^ Natalino Sapegno, op. cit., pag. 53
  19. ^ Il brano è tratto dalla volgarizzazione del testo da C. Salinari, C. Ricci, Storia della letteratura italiana con antologia degli scrittori e dei critici, Laterza, Bari, 1991, pag. 215
  20. ^ Natalino Sapegno, op. cit., pag. 63
  21. ^ C. Salinari, C. Ricci, Storia della letteratura italiana con antologia degli scrittori e dei critici, Volume 1, Dalle origini al Quattrocento, Laterza, Bari, 1991, pag. 197
  22. ^ C. Salinari, C. Ricci, op. cit., pag. 125
  23. ^ Mario Sansone, op. cit., pag. 35
  24. ^ Alberto Asor Rosa, Sintesi di storia della letteratura italiana, La Nuova Italia, Firenze, 1986, pag. 23
  25. ^ Alberto Asor Rosa, op. cit., pag. 24
  26. ^ Augusto Roncaglia, 'Le Origini in Storia della letteratura italiana', a c. di E. Cecchi e N. Sapegno, I, Garzanti, Milano, 1965, pp. 269

[[Categoria:Letteratura italiana]] letteratura