Appiano di Cesarea marittima

santo romano
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Appiano di Cesarea Marittima, in latino Appianus o più spesso Amphianus (Licia, III secoloCesarea marittima, 306), fu un martire cristiano, venerato come santo dalle Chiese cristiane che ammettono il culto dei santi.

Sant'Appiano di Cesarea Marittima
 

Martire

 
NascitaLicia, III secolo
MorteCesarea marittima, 306
Venerato daTutte le Chiese che ammettono il culto dei santi
Ricorrenza2 aprile

Biografia

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Appiano, fratello di sant'Edesio, nacque in Licia. Conseguì gli studi presso una delle più rinomate scuole di Beirut del tempo, dove studia retorica, diritto e filosofia. Qui si convertì al Cristianesimo. Tornato a casa dopo aver completato gli studi, mal sopporta l'idolatria dei genitori. Così, si ritirò a Cesarea, in Palestina. Divenne un discepolo di Panfilo, insegnante delle Scritture.

Lo storico Eusebio di Cesarea[1], contemporaneo del santo, racconta che, senza dire niente a nessuno, Appiano entrò nel tempio a Cesarea Marittima, dove il prefetto Urbano offriva sacrificio agli idoli. Il religioso lo rimproverò per il suo crimine di idolatria. Appiano venne così picchiato, arrestato e rinchiuso in una prigione. Durante il processo, egli insistette: "Confesso Cristo l'unico Dio, e lo stesso Dio con il Padre."

Il giudice ordinò che fosse gettato in mare. Ad Appiano vennero avvolti ai piedi dei panni di lino intinti nell'olio e dati alle fiamme. Infine gli legarono delle pietre ai piedi e lo gettarono in mare. Eusebio, testimone oculare, dichiara che contemporaneamente all'evento un terremoto scosse la città, e il mare rigettò sulla riva il cadavere del santo. Eusebio scrisse che era come se il mare non fosse in grado di sopportare il corpo del martire : così tutti gli abitanti furono testimoni di questo prodigio, offrendo gloria al Dio dei cristiani e confessando ad alta voce il nome di Gesù Cristo.

Secondo il Martirologio Romano il giorno dedicato al santo è il 2 aprile:

«A Cesarea marittima, sant’Appiano, martire, che, sotto l’imperatore Massimino, poiché il popolo era costretto a sacrificare pubblicamente agli dèi, accostatosi con coraggio al governatore Urbano, gli afferrò la mano destra, obbligandolo a sospendere il rito e per questo, con i piedi avvolti da un panno di lino intinto nell’olio e dato alle fiamme, fu precipitato ancora vivo in mare dai soldati.»

  1. ^ Eusebio di Cesarea, De Martyribus Palaestinae, C. 4

Collegamenti esterni

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