Benedettine dell'adorazione perpetua del Santissimo Sacramento

istituto religioso della Chiesa Cattolica

Le Benedettine dell'adorazione perpetua del Santissimo Sacramento sono religiose di voti solenni appartenenti alla congregazione monastica fondata a Parigi nel 1653 da Caterina di Bar: sono organizzate in monasteri autonomi.[1]

 
Caterina di Bar (madre Matilde del Santissimo Sacramento), fondatrice della congregazione

La congregazione venne fondata da Caterina di Bar (1614-1698), in religione madre Mectilde del Santissimo Sacramento, e da alcune altre nobildonne (la marchesa di Boves, la contessa di Châteauvieux) con il sostegno della regina di Francia Anna d'Austria: il 25 marzo 1653, in una cappella in rue du Bac a Parigi, le prime religiose iniziarono la pratica dell'adorazione del Santissimo Sacramento esposto con l'intenzione di dare inizio a un nuovo monastero di benedettine riformate dedite all'adorazione eucaristica perpetua; in seguito la comunità si trasferì in rue Férou e il 12 marzo 1654, in presenza della regina, venne stabilita la clausura.[2]

I monasteri dell'Adorazione perpetua si diffusero rapidamente in tutta la Francia e poi in Polonia. Il 10 dicembre 1676, con la bolla Militantis ecclesiae, papa Innocenzo XI approvò la congregazione.[2]

Attività e diffusione

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Le benedettine dell'Adorazione perpetua sono monache di clausura dedite all'adorazione eucaristica ininterrotta in spirito di riparazione ed espiazione dei peccati del mondo.[2] Sono organizzate in monasteri canonicamente autonomi retti da una priora eletta con mandato triennale e riuniti in sei federazioni: le case sono presenti in Francia, Belgio, Paesi Bassi, Germania, Italia e Polonia.[3]

Al 31 dicembre 2005 la congregazione contava 665 tra religiose professe e novizie in 42 monasteri.[1]

  1. ^ a b Ann. Pont. 2007, p. 1523.
  2. ^ a b c DIP, vol. I (1974), coll. 1255-1258, voce a cura di G. Lunardi.
  3. ^ Atlas O.S.B., editio II, Romae 2004 (ZIP), su atlas.osb-international.info. URL consultato il 26-7-2009 (archiviato dall'url originale l'11 agosto 2011).

Bibliografia

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Collegamenti esterni

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