Candidato (antica Roma)

nell'antica Roma, candidato a una carica politica o amministrativa

Nell'antica Roma, il candidato (candidatus) era colui che si presentava alle elezioni per una carica politica o amministrativa. Etimologicamente, il termine si riferisce al fatto che i candidati alle cariche politiche indossavano, per farsi riconoscere, una toga di un bianco particolarmente intenso (candida).

La toga modifica

La toga degli antichi romani era un unico pezzo di lana semicircolare, molto ampio, che si indossava sopra la tunica. Per l'occasione, il bianco sporco della lana veniva trattato con agenti sbiancanti fino a portarlo ad una tonalità il più splendente possibile. Il bianco come segno di purezza, di candore. La toga candida era quindi il segno distintivo del candidato.

Modalità della candidatura modifica

Il nome del competitore veniva riportato sulle tabulae dealbatae, specie di lavagne bianche che erano esposte al populus[1] nel Foro. Il competitore organizzava dei comizi nelle saepta capaci di contenere fino a 70.000 persone, comizi dove elencava le proprie virtù e capacità e faceva le ultime esortazioni e promesse.

Esisteva una certa propaganda elettorale. Famosi i manifesti pubblicitari, sotto forma di iscrizioni parietali, perfettamente conservati dalle ceneri, ritrovati negli scavi di Pompei, che risalgono al 79 d.C.:

  • "Vi prego di eleggere Lucio Rusticelio Celere che è degno della municipalità".
  • "Si invita a votare Bruttio Balbo che conserverà la cassa municipale".
  • "Vi prego di eleggere Giulio Polibio edile, fa del buon pane".

Esisteva la corruzione[2], la compravendita dei voti mediante banchetti sontuosi, regali, posti a teatro, giochi gladiatori allestiti per l'occasione. Leggi ad hoc furono promulgate in occasione delle elezioni, come la ciceroniana legge che vietava di organizzare giochi gladiatori due anni prima della candidatura ad una carica; o la lex Petelia de ambitu con la quale si limitava l’ambitio, cioè l'eccessivo darsi da fare dei competitori.

Esistevano le spese elettorali, solitamente alte, a carico del candidato, che in caso di elezione venivano rimborsate tramite l'ornatio. Confessa Cicerone che occorreva essere molto ricchi per aspirare a cariche politiche; chi non aveva mezzi, "facultates non erant", doveva starsene in disparte.

Note modifica

  1. ^ Cicerone - "Sulla Repubblica" - Il popolo è una comunità umana "iuris consensus et utilitatis communione"
  2. ^ La corruzione della vita politica e dell'amministrazione pubblica in Roma antica aveva dimensioni enormemente superiori a quelle attuali - dice L. Perelli nella prefazione del suo libro.

Bibliografia modifica

  • Commentariolum petitionis - manualetto di campagna elettorale di Quinto Tullio Cicerone, fratello minore del più celebre Marco.
  • Le elezioni municipali nell'antichità romana (con particolare riferimento ai "manifesti" elettorali di Pompei, R.A. Staccioli, Roma 1963.
  • Manifesti elettorali nell'antica Pompei, R.A. Staccioli, Milano 1992.
  • La corruzione politica nell'antica Roma, L. Perelli, Milano 1994.
  • L. Biondetti, Quinto Cicerone. Piccolo manuale per una campagna elettorale (Milano 1993)
  • P. Fedeli, Manualetto di campagna elettorale (Commentariolum Petitionis) (Roma 1987)
  • L. Fezzi, Il Commentariolum Petitionis: sguardi dalle democrazie contemporanee, “Historia” 56 (2007), pp.14-26
  • L. Fezzi, Il tribuno Clodio (Roma-Bari 2008)

Voci correlate modifica

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