Nella fisica epicurea, il clinamen è la deviazione spontanea degli atomi nel corso della loro caduta nel vuoto in linea retta; è una deviazione casuale, sia nel tempo sia nello spazio, che permette agli atomi di incontrarsi e dunque di aggregarsi (formando così le cose)

Origini modifica

Il concetto fu introdotto da Epicuro con il termine greco parenclisi (parénklisis, παρέγκλισις), successivamente tradotto da Lucrezio con il termine latino clinamen.

Nell'opera De rerum natura[1] Lucrezio, esponendo la filosofia di Epicuro, afferma:

«A questo proposito voglio che tu sappia anche che, quando i corpi cadono diritti attraverso il vuoto per il loro peso, in qualche tempo e luogo non definiti deviano per un poco, tanto che appena può dirsi modificato il loro percorso»

Spiegazione modifica

Probabilmente Epicuro fu indotto a introdurre il moto parenclitico innanzitutto per ragioni di ordine fisico, come spiegato anche da Lucrezio nel prosieguo del primo dei passi citati, in cui afferma che, se non deviassero, gli atomi non si combinerebbero e continuerebbero a "cadere" all'infinito nel vuoto. In secondo luogo, il clinamen sarebbe stato introdotto per ragioni etiche: grazie ad esso viene introdotto un elemento di spontaneità, un grado di libertà, conciliabile - almeno apparentemente - con la libertà umana; Epicuro quindi prende le distanze dalla ferrea necessità alla base dell'atomismo democriteo, come sempre Lucrezio[2] afferma:

«Che la mente in tutto ciò che compie non abbia una necessità interna, che non sia sconfitta e costretta a sopportare, ciò nasce proprio dalla piccola inclinazione [clinamen appunto n.d.a.] degli elementi che avviene in un momento e un punto indeterminati.»

Secondo Epicuro, l'anima e gli dei olimpici sono composti di atomi. Solamente questi ultimi non si disaggregano e vivono eternamente felici, indifferenti al destino umano.

Note modifica

  1. ^ II, 216-219.
  2. ^ II, 289-294.

Voci correlate modifica

Collegamenti esterni modifica