Dušan Makovický

attivista slovacco

Dušan Makovický, noto in Russia come Dušàn Petrovič Makovickij (Ružomberok, 10 dicembre 1866Ružomberok, 12 marzo 1921), è stato un attivista e memorialista slovacco, medico e seguace di Lev Tolstoj.

Lev Tolstoj con Dušan Makovický

Biografia modifica

Originario di Ružomberok, creò nel 1891 in Ungheria una casa editrice per la pubblicazione delle opere di Lev Tolstoj,[1] al quale fece visita per tre volte (nel 1894, 1897 e 1901), diventando un fervente propagandista della dottrina tolstoiana.[2] A questo proposito, dopo la seconda visita, Tolstoj appuntò nel diario:

«La cosa più importante di questi giorni è che c'è stato Dušan, a cui voglio sempre più bene. Si parlava con Dušan. Diceva che in Ungheria era considerato come una specie di mio rappresentante e non sapeva come comportarsi. Io sono stato contento dell'occasione per dire a lui e spiegare a me stesso che parlare di tolstoismo, cercare una mia guida, chiedere che decida questioni, è un errore grossolano. Non c'è e non ci sarà nessun tolstoismo, nessuna mia dottrina, c'è la sola, eterna, universale dottrina della verità, che per me, per noi è espressa in modo particolarmente chiaro nei Vangeli.[3]»

Makovický fu attivo nella diffusione delle opere di Tolstoj vietate dalla censura, collaborando con Vladimir Čertkov, che le stampava clandestinamente a Londra.[4] In una lettera del 1900, recapitata da Victor Lebrun, Tolstoj gli scrisse:

«Caro Dušan Petrovič, ecco che da molto tempo non ho rapporti diretti con voi, e che da molto tempo non ho saputo nulla di voi. Mi dispiace molto. [...] Come state? Che fate? Come lavorate per voi stesso, per gli altri uomini e per Dio? E per chi lavorate di più? Naturalmente vi auguro sia per Dio e meno di tutto per voi. Conoscendovi bene penso che sia così.[5]»

Il 18 dicembre 1904 Makovický decise di vivere con Tolstoj a Jasnaja Poljana come suo medico personale. Lasciò un'enorme quantità di appunti, pubblicati nel 1938 in quattro volumi.[2] Egli prendeva nota di tutto quel che succedeva in casa Tolstoj, grazie ad alcuni taccuini rigidi che portava sempre indosso, sui quali scriveva senza farsi notare, con una matita molto corta, muovendo la mano dentro la tasca.[6] Lo faceva perché non si fidava della propria memoria, e la sera in camera ricopiava con cura le annotazioni.[7] La figlia minore di Tolstoj, Aleksandra, ricorderà di lui:

«Eravamo privati della grande gioia di vivere tra di noi, di dire stupidaggini, di cantare, di non avere alcun imbarazzo. Sapevamo che ogni nostra parola, ogni nostro gesto era immancabilmente registrato.[8]»

A causa del suo astio nei confronti degli ebrei, Makovický non riusciva a tollerare Goldenweiser, un altro fedelissimo tolstoiano.[6] Lev Tolstoj dichiarò in proposito:

«Se esistessero i santi, Makovitskij sarebbe uno di loro. Ma poiché i santi non ci sono, anche Makovitskij ha la sua macchia, che gli impedisce d'esser perfetto: l'antisemitismo.[9]»

Egli svolgeva l'attività di medico anche presso i villaggi vicini,[10] occupandosi in particolare dei poveri, che curava quasi sempre senza farsi pagare.[11]

Nella notte tra il 27 e il 28 ottobre 1910, seguì Tolstoj nella sua fuga da casa.[12] Scrisse poi il libro La partenza di Tolstoj.[13]

Dopo la scomparsa del maestro, rimase per circa un decennio a Jasnaja Poljana con i familiari di lui. La figlia maggiore di Tolstoj, Tat'jana, scrisse in una lettera del 1918 a un collega di Makovický:

«Dušančik continua a vivere da noi e lavora molto. Assomiglia sempre di più a un «santo». Non molto tempo fa i suoi compaesani lo hanno richiamato da Jasnaja Poljana, ma lui, dopo essere stato pregato per un po', come dice lui, ha deciso di rimanere qui. S'intende che noi ne siamo felici.[14]»

In seguito fece ritorno in patria, dove visse con la moglie in difficili condizioni economiche. Ossessionato dall'idea del suicidio, s'impiccò in soffitta.[10] A tale riguardo, Lev junior scriverà:

«Fu un atto disperato che colse tutti di sorpresa ma [...] la mania del suicidio era un male ereditario nella famiglia del povero Dušan e, nonostante una lotta accanita contro quest'ossessione, approfittò di un momento in cui poté eludere la sorveglianza della moglie [...]. E sì che era solito dire che il suicidio è un atto antireligioso e immorale.[10]»

Fu amico intimo di Tomáš Masaryk, primo presidente della Cecoslovacchia.[11]

Note modifica

  1. ^ S. Bernardini, Note, in L. Tolstoj, p. 759.
  2. ^ a b A. Cavallari, p. 81.
  3. ^ L. Tolstoj, 2 dicembre 1897, pp. 438-439.
  4. ^ V. Lebrun, p. 58.
  5. ^ Lev Tolstoj, citato in V. Lebrun, p. 55.
  6. ^ a b AA.VV., p. 29.
  7. ^ Daniel Gillès, Prefazione, in T. Tolstoj, p. 7.
  8. ^ Aleksandra Tolstaja, citata in AA.VV., p. 29.
  9. ^ Lev Tolstoj, citato in AA.VV., p. 29.
  10. ^ a b c L. L. Tolstoj, p. 23.
  11. ^ a b V. Lebrun, p. 57.
  12. ^ A. Cavallari, p. 12.
  13. ^ A. Cavallari, p. 80.
  14. ^ T. Tolstaja, p. 65.

Bibliografia modifica

  • Victor Lebrun, Devoto a Tolstoj, traduzione di Dino Naldini, Milano, Lerici Editori, 1963, ISBN non esistente.
  • AA.VV., Lev Tolstòj, Verona, Arnoldo Mondadori Editore, 1970, ISBN non esistente.
  • Tatiana Tolstoj, Anni con mio padre, traduzione di Roberto Rebora, Milano, Garzanti, 1978, ISBN non esistente.
  • Lev Tolstoj, I diari, traduzione e note di Silvio Bernardini, Milano, Longanesi, 1980, ISBN non esistente.
  • Tatjana Tolstaja, Lettere dalla Rivoluzione: L'epistolario della figlia di Tolstoj dal 1917 al 1925, traduzione di Giovanna Tonelli, Firenze, Liberal Libri, 1998, ISBN 88-8270-011-9.
  • Alberto Cavallari, La fuga di Tolstoj, Torino, Einaudi, 1986, ISBN 88-06-59385-4.
  • Lev L'vovič Tolstoj, La verità su mio padre, traduzione di Marta Albertini, Milano, Archinto, 2004, ISBN 88-7768-378-3.

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