Effetto Leidenfrost

fenomeno fisico

L'effetto Leidenfrost, o calefazione, è un fenomeno fisico che si può osservare quando una sostanza liquida entra in contatto con una superficie avente temperatura significativamente più alta del suo punto di ebollizione. Il fenomeno prende il nome dal medico tedesco Johann Gottlob Leidenfrost, che nel 1746 ne parlò nel suo De Aquae Communis Nonnullis Qualitatibus Tractatus ("Trattato circa alcune qualità della comune acqua"), malgrado l'argomento fosse stato affrontato anche da un certo Eller nello stesso anno.[1]

Effetto Leidenfrost
Effetto Leidenfrost di una goccia d'acqua su una superficie molto calda

Lo strato più esterno del liquido evapora, producendo uno strato gassoso isolante che impedisce al resto di raggiungere rapidamente la temperatura di ebollizione. Ciò avviene perché i gas hanno una conducibilità più bassa dei liquidi: pertanto fino a quando lo strato aeriforme resterà sotto la massa liquida, quest'ultima non cambierà di stato.

Quest'effetto è comunemente visibile mentre si cucina, spruzzando delle gocce d'acqua in una padella: se la temperatura della stessa è al di sopra del punto di Leidenfrost, le gocce d'acqua si muovono lungo la superficie metallica ed evaporano lentamente. Se invece la temperatura è elevata ma resta un po' al di sotto del punto di Leidenfrost, l'evaporazione avviene quasi istantaneamente. Un effetto simile si ottiene versando dell'azoto liquido su una superficie a temperatura ambiente.

L'effetto è noto anche per essere la spiegazione scientifica di alcune esibizioni pubbliche,[2][3] che rimangono comunque pericolose.[4]

Note modifica

  1. ^ Effetto Leidenfrost, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 30 luglio 2015.
  2. ^ (EN) Jearl Walker, Boiling and the Leidenfrost Effect (PDF), Cleveland State University. URL consultato il 30 luglio 2015.
  3. ^ (EN) MythBusters: episodio 7x23, Mini Myth Mayhem, Discovery Channel.
  4. ^ Student Gulps Into Medical Literature [collegamento interrotto], su cee.wpi.edu, Worcester Polytechnic Institute, 20 gennaio 1999. URL consultato il 23/1/2020.

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