Fontana dell'Aquila (Trento)

fontana di Trento
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La fontana dell'Aquila è situata nella piazza del Duomo di Trento, proprio a ridosso di casa Cazuffi, là dove si diparte via Belenzani. La fontanella è sormontata da un'aquila di pietra, la stessa rappresentata nello stemma della città (cioè l'aquila di San Venceslao), intenta a becchettarsi un'ala. Il progetto iniziale porta la firma dell'ingegner Leonardi,[1][2] mentre quello definitivo appartiene a Stefano Varner e porta la data definitiva del 20 marzo del 1850.[3]

Fontana dell'Aquila a Trento, piazza Duomo

Alcuni ritengono che la statua dell'aquila provenga da un manufatto precedente,[2] specificamente dalla sommità della fontana che un tempo si trovava di fronte alla chiesa di San Pietro.[1] Esiste anche una leggenda che ne spiegherebbe la genesi.

Il mito modifica

La leggenda dell'aquila di pietra narra di un tal Gian Giorgio Scanda di Sardagna e di un'aquila del monte Bondone con la quale aveva stretto una forte amicizia, ostacolata dalla moglie di lui. Infatti la donna non accettava il rapporto tra i due e spesso questo livore sfociava in litigi molto violenti, in cui la moglie aveva la peggio.

Un giorno però la divergenza si fece più violenta del solito e il litigio finì con la morte della donna per mano del marito esasperato. L'uomo fu portato in cella dove ricevette la visita di un usignolo messaggero dell'aquila, la quale si offriva di salvarlo purché non giurasse il falso.

Dopo molti giorni di prigionia solitaria, l'uomo fu condotto a palazzo Pretorio di fronte ai giudici e, pur mentendo, evitò accuratamente di giurare il falso. I contadini di Sardagna tuttavia lo accusarono di essere un poco di buono, cosa che convinse i giudici a condannarlo alla decapitazione.

L'uomo fu quindi portato sul patibolo nell'antistante piazza del Duomo tra la folla inferocita. Con la testa già poggiata sul ceppo vide giungere l'aquila; a quel punto, sentendosi perduto e pieno d'odio verso l'aquila che lo aveva illuso, giurò la propria innocenza e accusò l'animale d'aver commesso l'omicidio, aggiungendo: "Se io mento, che tu, maledetta, diventi di sasso!". All'improvviso il volatile si trasformò in pietra, confermando la colpevolezza dell'uomo che fu quindi giustiziato. L'aquila pietrificata, dopo qualche giorno, venne posta sulla fontanella che si può veder ancor oggi in piazza del Duomo di Trento.

Un'altra versione della leggenda narra di un uomo di Sardagna condannato ingiustamente a morte, che prima di salire sul patibolo davanti alla Torre Civica vide un'aquila volteggiare e gridò "L'aquila diventi di pietra se io sono innocente". L'aquila si tramutò in pietra, l'uomo fu liberato, ed essa rimase nel luogo ove si era posata prima di mutarsi in pietra.[2]

Note modifica

  1. ^ a b Anna Mayr, Fontane di Trento, Publiprint, novembre 1989, p. 66-69, 135, ISBN 88-85179-00-2.
    «Molte fontane ad «uso pubblico» furono progettate per il Comune nel periodo tra il 1800 ed il 1855. I disegni sono ora depositati presso l'Archivio comunale di Trento. Nell'elaborazione di tali progetti, ricorre in particolare la firma dell'ingegnere civile Pietro Leonardi.»
  2. ^ a b c Aldo Gorfer, Trento città del Concilio, 2ª ed., Edizioni Arca, 1995 [1963], p. 76, ISBN 88-88203-10-9.
  3. ^ Gian Maria Rauzi, La Piazza Grande di Trento, in Il volto di Trento nel corso dei secoli, Trento, Curcu e Genovese, 2008, p. 212, ISBN 978-88-89898-33-8.

Bibliografia modifica

  • Giovanna Borzaga, L'aquila di pietra, in Le più belle leggende del trentino, 2ª ed., Trento, Editori Manfrini, 1980 [ottobre 1978], pp. 14-19, ISBN 88-7024-157-2, OCLC 34361670.
  • Nepomuceno Bolognini, Le leggende del trentino, Sala Bolognese (BO), Forni, 1997, OCLC 797297964.
  • Gian Maria Rauzi, Il volto di Trento nel corso dei secoli, Trento, Curcu & Genovese, 2010, OCLC 799784393.
  • Anna Mayr e Floriano Menapace, Le fontane di Trento, Trento, Publiprint, 1989, OCLC 886910718.

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