Metiprilone

composto chimico

Il metiprilone, derivato piperidinico strutturalmente correlato alla glutetimide, svolge un'attività deprimente del sistema nervoso centrale simile a quella dei barbiturici.

Metiprilone
Nome IUPAC
3,3-dietil-5-metilpiperidin-2,4-dione
Caratteristiche generali
Formula bruta o molecolareC10H17NO2
Massa molecolare (u)183.24748
Aspettosolido cristallino bianco dall'odore caratteristico e dal sapore amaro
Numero CAS125-64-4
Numero EINECS204-745-4
Codice ATCN05CE02
PubChem4162
DrugBankDB01107
SMILES
CCC1(C(=O)C(CNC1=O)C)CC
Proprietà chimico-fisiche
Costante di dissociazione acida (pKa) a K12.0
Solubilità in acqua11.5 g/L
Coefficiente di ripartizione 1-ottanolo/acqua0.78
Dati farmacocinetici
Legame proteico60%
Metabolismoepatico
Emivita6-16 ore
Indicazioni di sicurezza
Frasi H--[1]

Il suo meccanismo d'azione è ancora sconosciuto, ma studi effettuati su animali di laboratorio hanno permesso di stabilire che il farmaco innalza la soglia dei centri della veglia nel cervello. A seconda della dose somministrata il metiprilone agisce come sedativo o come ipnotico. Così come i barbiturici, anche il metiprilone sopprime la fase REM del sonno. Esso induce il sonno entro 45 minuti dalla somministrazione e il suo effetto ipnotico si protrae per 5-8 ore. Il mattino successivo alla somministrazione di una dose, nonostante la sua breve emivita, il metiprilone può produrre un effetto hangover. Da studi effettuati su animali di laboratorio il farmaco risulta un potente induttore degli enzimi microsomiali epatici e della sintetasi dell'acido d-aminolevulinico (ALA-sintetasi).

Il metiprilone non presenta alcuna attività analgesica.

Il metiprilone è rapidamente assorbito dal tratto gastrointestinale ed entro 1-2 ore dalla somministrazione orale di 650 mg sono raggiunte concentrazioni plasmatiche massime di 5,7-10 µg/ml. L'emivita plasmatica del farmaco risulta di 3-6 ore, ma recenti studi riportano un range di 9-11 ore. L'eliminazione può essere comunque considerata dose-dipendente e, in casi di sovradosaggio, l'emivita biologica può risultare anche di 50 ore. Il metiprilone è una molecola liposolubile e il suo volume di distribuzione è di 0,97 l/kg.

Non è noto se il farmaco attraversi la placenta o se sia escreto nel latte materno. Approssimativamente il 60% di una dose è legato alle proteine plasmatiche. Il metiprilone viene estesamente metabolizzato nel fegato: per deidrogenazione si forma il 5-metilpiritildione, metabolita attivo che viene ulteriormente convertito nell'alcool e nell'acido corrispondenti, mentre per ossidazione si forma il 6-ossometiprilone. Solo il 3% di metiprilone viene escreto nelle urine in forma immodificata; un altro 3% viene escreto in forma di 5-metilpiritildione e circa il 60% in forma di altri metaboliti o dei loro glucuronidi.

Dopo somministrazione orale i valori della DL50 risultano di 1000 ± 45 mg/kg nel topo e di 400 ± 32 mg/kg nel ratto. Nell'uomo concentrazioni plasmatiche superiori a 30 µg/ml sono state associate a stupore e coma, mentre concentrazioni superiori a 100 µg/ml sono considerate potenzialmente letali.

Il metiprilone trova impiego principalmente come ipnotico nel trattamento a breve termine dell'insonnia. È anche indicato come sedativo.

Il metiprilone viene somministrato per via orale. Quando è impiegato come sedativo il dosaggio indicato è di 150–400 mg in 3-4 somministrazioni refratte. Nel trattamento dell'insonnia si assumono 200–400 mg al momento di coricarsi.

Di frequente sono riportati disturbi del sistema nervoso centrale come cefalea, capogiri, vertigini, sedazione, incubi, ansietà, eccitazione, depressione, atassia, incoordinazione. Sono descritti sintomi gastrointestinali come nausea, vomito, stipsi, diarrea. Sono segnalati anche pancitopenia, reazioni allergiche, prurito, eruzioni cutanee. Il metiprilone può provocare, particolarmente dopo uso prolungato o a dosaggi elevati, dipendenza fisica e psichica i cui sintomi si manifestano con confusione mentale, incapacità di giudizio, instabilità emotiva. L'interruzione di un trattamento a breve termine può causare incubi e insonnia, mentre l'interruzione di un trattamento a lungo termine o la brusca sospensione di dosaggi elevati può indurre la comparsa di stati di ansietà, allucinazioni, convulsioni, iperriflessia, sudorazione profusa, poliuria. Il trattamento della dipendenza prevede una graduale riduzione delle dosi. Durante il trattamento cronico con metiprilone si può sviluppare tolleranza agli effetti soppressori della fase REM e, nel momento della sospensione della terapia, può comparire un effetto rebound con incubi e insonnia.

Il metiprilone è controindicato in caso di porfiria intermittente acuta e di apnea notturna (sleep apnea), in gravidanza e durante l'allattamento, nei pazienti depressi o con tendenza al suicidio e in quelli con all'anamnesi abuso di droghe o di alcool. Negli anziani e nei pazienti debilitati i dosaggi devono essere ridotti. Il metiprilone deve essere somministrato con prudenza in caso di insufficienza renale ed epatica. I pazienti in trattamento dovrebbero evitare lo svolgimento di attività che richiedono concentrazione e prontezza di riflessi poiché il metiprilone induce sonnolenza.

I sintomi caratteristici del sovradosaggio da metiprilone comprendono ipotermia o iperpiressia, ipotensione, depressione respiratoria, nistagmo, anomalie pupillari, disartria, sedazione, confusione mentale, coma. Sono riportate anche anomalie del segmento ST e dell'onda T dell'ECG. Il trattamento prevede lavanda gastrica e idonee misure di supporto. In presenza di ipotensione marcata si possono somministrare noradrenalina e metaraminolo. Nell'avvelenamento grave si può effettuare una dialisi peritoneale o un'emodialisi. Anche l'emoperfusione su carbone ha dato buoni risultati.

L'alcool, i barbiturici e gli altri deprimenti del SNC aumentano gli effetti sedativi del metiprilone. L'uso concomitante di metiprilone con contraccettivi orali o anticoagulanti potrebbe essere rischioso, ma non esistono informazioni sufficienti su tale argomento.

Note modifica

  1. ^ Questa sostanza non è stata ancora classificata in termini di pericolosità o non è stata ancora trovata una fonte affidabile e citabile.

Bibliografia modifica

B.C. Rudy, B.Z. Senkowski in Analytical Profiles of Drug Substances, vol. 2, K. Florey, ed., Academic Press, New York, pag. 363, 1973; M.C. Pankaskie, J. Chromatog. 278, 458, 1983; P.R. Gwilt et al., J. Pharm. Sci. 74, 1001, 1985; D.N. Bailey, R.F. Shaw, J. Toxicol. Clin. Toxicol. 20, 133, 1983; A. Pancorbo et al., J. Am. Med. Soc. 237, 470, 1977; R.A. Polin et al., J. Pediatr. 90, 831, 1977; A. Koffler et al., Arch. Intern. Med. 138, 1691, 1978; G.D. McLaren et al., J. Am. Med. Ass. 240, 1744, 1978.

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