Mettā

concetto e pratica buddisti, implicanti benevolenza verso sé e gli altri

Il termine mettā della lingua Pali, maitrī in sanscrito, significa benevolenza,[1] gentilezza amorevole,[2] amichevolezza, buona volontà,[3] e interesse attivo per gli altri. Rappresenta il primo dei quattro sublimi stati brahmavihara e uno dei dieci passi pāramitā nella scuola del Buddismo Theravada.

Passi modifica

I sei passi del mettā bhāvanā sono coltivare amore e benevolenza verso:[4]

  1. Sé stessi
  2. Una persona amica
  3. Una persona neutrale
  4. Una persona difficile
  5. Le persone 1, 2, 3 e 4 insieme
  6. Gradualmente, l'intero universo

Nei sutta modifica

La pratica di essere amorevoli e ben disposti nei confronti di ogni essere ha un effetto lenitivo e calmante nella mente e nel corpo e viene praticata anche come meditazione, specie nella śamatha: nel Karaniya Mettā Sutta sull'Amore Universale[5], il Buddha espone le caratteristiche della compassione o gentilezza amorevole:

«Questo sarà fatto da colui che ha come scopo il bene
avendo ottenuto la condizione di pace:
Sia capace, retto, e risoluto, / gentile e non presuntuoso,
contenuto e integro, / con pochi doveri, vivendo leggermente,
con facoltà pacate, maturo, / modesto e senza avidità.
Non faccia azioni negative / che i saggi biasimano.
Pensi: Possano / tutti gli esseri essere felici ed in pace.
Qualsiasi essere, / debole o forte,
lungo, grande, / medio, corto,
sottile, corpulento, / visibile e non visibile, / vicino e lontano,
nato o in procinto di nascere: / Possano tutti gli esseri essere felici ed in pace.
Che nessuno inganni l’altro / o lo disprezzi,
o attraverso la rabbia o l’odio / desideri la sofferenza per un altro.
Come una madre rischierebbe la sua vita / per proteggere il suo bambino, il suo unico bambino
così si dovrebbe coltivare un cuore illimitato / con riguardo a tutti gli esseri.
Con buona volontà per il cosmo intero, / si coltivi un cuore illimitato:
Senza odio, / stando in piedi, camminando
sedendo, o riposando, / sempre con piena presenza mentale,
pienamente consapevoli.
Questo è detto lo stato sublime / nel qui ed ora.
Non preso da false teorie, / ma virtuoso e completo,
eliminando il desiderio per i piaceri sensuali,
uno mai più / rinascerà in grembo materno.»

Nel Metta Sutta afferma gli undici benefici di tale forma di meditazione:[6][7]; chi pratica efficacemente la mettā ottiene lo stato di arahant o di anāgāmin, realizzando il nibbāna in questa vita o nella prossima esistenza nei mondi celesti:

«Dorme placidamente, si sveglia placidamente, non vi sono incubi nel suo sonno. È caro agli esseri umani, caro agli esseri sovrumani. I deva lo proteggono. Né fuoco né veleno né armi possono toccarlo. La sua mente si concentra velocemente. Il suo colorito è chiaro. Muore senza paura o confusione e – se non raggiunge il Nibbana – rinasce sempre nei mondi di Brahmā

Note modifica

  1. ^ (EN) Bodhi, Bhikkhu, In the Buddha's Words: An Anthology of Discourses from the Pali Canon, Wisdom Publications, 2005, pp. 90, 131, 134, ISBN 0-86171-491-1.
  2. ^ (EN) Gethin, Rupert, The Foundations of Buddhism, Oxford University Press, 1998, pp. 26-30, ISBN 0-19-289223-1.
  3. ^ (EN) Richard Gombrich, Theravada Buddhism: A Social History from Ancient Benares to Modern Colombo, Routledge, 2002, ISBN 0-415-07585-8.
  4. ^ * (EN) Kamalashila, Meditation: The Buddhist Art of Tranquility and Insight. Birmingham: Windhorse Publications, 1996. ISBN 1899579052, p.25-26
  5. ^ Snp 1.8: Karaniya Metta Sutta – L’amore universale
  6. ^ AN 11.16: Metta Sutta – L’amore universale
  7. ^ Bhante Sujiva, Le benedizioni della gentilezza amorevole

Voci correlate modifica

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