Mohammad Sa'id Sarmad
Mohammad Sa'id Sarmad (Kashan, 1590 circa – Delhi, 1660 circa) è stato un poeta persiano di origini ebreo-armene che visse in epoca safavide.
Studiò alla scuola filosofica di Esfahan, dove si convertì all'Islam, e verso il 1630-33 si trasferì in India, dove frequentò il filosofo Dara Shikoh. Morì giustiziato con l'accusa di ateismo o apostasia per ordine dell'imperatore moghul Aurangzeb.[1]
Biografia
modificaOriginario di una famiglia armena di religione ebraica di Kashan, si convertì dapprima all’Islam, poi visse da asceta in India, ispirandosi ai tipici mistici erranti.[2] Parlava armeno, ebraico, persiano e arabo, quest'ultimo appreso alla scuola di Esfahan con Mir Damad e Mulla Sadra,[3] ed è possibile che avesse imparato alcune lingue locali in India, specie a Lahore, a Hyderabad e a Delhi. Divenne guida spirituale di Dara Shikoh, erede al trono del sultano Shah Jahan e filosofo che predilesse il dialogo tra Islam e induismo, ispirato dagli insegnamenti di Akbar.
Nel 1659 Aurangzeb prese il potere con la forza e decretò la condanna a morte di suo fratello Dara Shikoh e di Sarmad. Quest'ultimo viene definito Hallāj-e Thāni ("secondo Hallāj") nel mondo indo-persiano in quanto, similmente al noto mistico eretico crocefisso a Baghdad nel 922, anch'egli fu eretico, giustiziato e raccolse una gran fama dopo la sua morte. Secondo Annemarie Schimmel,[4] Sarmad "seguiva la tradizione di Hallāj, vedeva Iblis (Satana) come un vero monoteista e si sentiva attratto verso la condanna a morte come ultimo scopo della vita", attrazione che condivise anche con i mistici Ayn al-Qudat Hamadani e Imadaddin Nasimi. Il mausoleo di Sarmad si trova presso la Jama Masjid di Delhi, dove ogni anno l'anniversario della sua morte viene ancora oggi commemorato.
Sarmad fu autore di un canzoniere contenente circa trecentotrenta quartine e vari frammenti, oltre ad una corrispondenza, di dubbia autenticità, che avrebbe intrattenuto con Dara Shikoh. Il canzoniere si ispira alla figura del giovinetto indù Abhay Chand, che il poeta incontrò poco dopo il suo sbarco a Thatta (presso l'odierna Karachi) e di cui si innamorò, facendone il proprio allievo e compagno di vita. Sarmad dichiara in una delle sue quartine di essere un imitatore di Hafez nel ghazal e di ʿUmar Khayyām nella quartina (robā'i). I temi principalmente trattati sono la bellezza rivelatrice del divino e lo statuto del peccato. Il suo amore incondizionato per Abhay Chand, ritratto con il poeta in un dipinto che si trova presso l'Archaeological Museum del Forte rosso a Delhi, lo porta a vedere in lui una personalissima manifestazione terrena del Divino Amato ed egli giunge a dichiarare in una quartina che il "peccato" fu il suo "Khidr", ovvero la guida alla scoperta del divino e alla propria redenzione.
Note
modifica- ^ The Sunday Tribune - Books, su tribuneindia.com. URL consultato il 6 aprile 2022.
- ^ Sarmad : Poems and Biography, su web.archive.org, 18 aprile 2009. URL consultato il 6 aprile 2022 (archiviato dall'url originale il 18 aprile 2009).
- ^ (EN) Rakshat Puri e Kuldip Akhtar, Sarmad, The Naked Faqir, in India International Centre Quarterly, vol. 20, 1993, pp. 65-78.
- ^ (DE) A. Schimmel, Mystische Dimensionen des Islam. Die Geschichte des Sufismus, Monaco di Baviera, Diederichs, 1992, pp. 512-513.
Bibliografia
modificaLa riscoperta e la valorizzazione dell’opera poetica di Sarmad è avvenuta piuttosto tardi e non tanto in Iran quanto nell’India moderna, come testimoniato dalle prime edizioni a stampa delle sue quartine che si collocano tra fine ‘800 e inizi ‘900:
Sarmad, Rubā‘iyyāt, a cura di Sayyid Muhammad Ishāq, Delhi 1897 (incompleta, contiene solo 180 quartine; ne è stata fatta una seconda edizione nel 1905).
Rubā‘iyyāt-i Sarmad, Lahore 1914 (con introduzione in lingua urdu).
Rubā‘iyyāt-i Sarmad, a cura di Munshi Syed Qurvan Ali “Bismil”, Shahjehani Press, Delhi 1927.
La prima edizione scientifica dell’originale persiano e a tutt’oggi quella considerata la più attendibile è:
Rubā‘iyyāt-i Sarmad, a cura di Fazl Mahmud Asiri, con prefazione di S. Qazvini, Prabhat Kumar Mukherjee Shantiniketan (Visva Bharati Series 11), Shantiniketan 1950 (contiene 334 quartine in originale e in traduzione inglese, più 1 ghazal e altri 15 frammenti, solo nell’originale persiano).
Si segnala anche una pregevole edizione calligrafica in stile nasta’liq:
Rubā‘iyyāt-i Sarmad-i Irāni, a cura di Ardashir Khāze‘, Hyderabad 1340 H/1961 AD (che contiene 295 quartine).
In Iran è uscito in tempi recenti S. ‘Abdolhamid Zia’i (ed.), ‘Asheqaneha-ye yek yoghi. Bazkhwani-ye zendegi, she’r va andishe-ye Sa’id Sarmad Kashani, Teheran, Hezare Qoqnus, 1389 H / 2010 A.D. (introduzione all’autore e alla sua opera e testi in originale persiano).
Le prime traduzioni in lingue europee sono state effettuate da studiosi indiani, e solo di recente anche da studiosi europei:
B. A. Hashimi, Sarmad, his life and Quatrains, in “Islamic Culture” 1934, pp. 95-104 (con una selezione di 50 quartine tradotte in inglese).
Z.H. Sharib (ed.), Sarmad and his rubaiyat, Southampton (UK), Sharib Press, 1994, (traduzione inglese di un maestro di confraternita chistiyya, la prima edizione era uscita in India a Agra 1946).
B. Behari (ed.), The Rubaiyat of Sarmad, ed, B.R. Publishing Company, New Delhi 1988.
S. S. Hameed (ed.), The Rubayat of Sarmad, New Delhi 1991, contiene 50 quartine con testo traslitterato e traduzione inglese, più il saggio di Abul Kalam Azad, Sarmad Shaheed (tradotto dall’urdu).
P. Smith (ed.), Ruba’iyat of Sarmad, New Humanity Books, Campbells Creek 2012.
C. Saccone (ed.), “Dio ama la bellezza del mio peccato”. Le quartine di un poeta mistico della tradizione indo-persiana, Seattle, Centro Essad Bey-AIP (Collana “Turchesi e rubini di Persia”, diretta da N. Norozi), 2022.
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