Rivolta di Khost (1924-1925)

La rivolta di Khost (1924-1925)[5] nota anche come Rivolta dei Mengali del 1924[6], rivolta di khostana[7] o rivolta mangaliana[8] fu una rivolta scoppiata contro l'occidentalizzazione e le riforme modernizzatrici volute da re Amanullah Khan dell'Afghanistan. La rivolta iniziò nella Provincia Meridionale dello stato e perdurò dal marzo del 1924 al gennaio del 1925. Inizialmente alle truppe governative si oppose la sola tribù dei Mangali, a cui si aggiunsero poi le tribù Sulaiman Khel, Ali Khel, Jaji, Jadran e Ahmadzai. La rivolta venne infine repressa dal governo afghano nel gennaio del 1925.

Rivolta di Khost (1924-1925)
Mappa della provincia meridionale dell'Afghanistan dove si svolsero la maggior parte degli scontri.
Datamarzo 1924 - gennaio 1925
LuogoProvincia Meridionale, Afghanistan
EsitoVittoria delle truppe governative
Schieramenti
Comandanti
Effettivi
10.000 - 30.000
(non tutti abili al servizio)[3]
2 aerei[4]
6000
[3]
4,000
(Sulaimankhel, agosto 1924)[3]
Perdite
Almeno 671 morti[3]Almeno 300 morti[3]
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Fu il primo conflitto a coinvolgere l'aviazione afghana.[9]

AntefattoModifica

Prima del 1924, la città di Khost si era ribellata già due volte: la prima rivolta aveva avuto luogo tra il 1856 ed il 1857 e venne combattuta dai Khostwal e dai Waziri contro il governo di Dost Mohammad Khan.[10] La seconda rivolta ebbe luogo nel 1912 e venne condotta dai Mangali, dai Jadran e dai Ghilzai contro la "rapacità e le esazioni" del governatore locale, vedendo contestazioni anche al regno di Habibullah Khan da parte di Jehandad Khan.[11]

La rivolta del 1924 venne motivata da diverse ragioni, inclusa l'opposizione all'occidentalizzazione delle riforme portate avanti da re Amanullah Khan dell'Afghanistan,[5] che con un codice promulgato nel 1923 chiamato "Nizamnama" aveva dato più diritti e libertà alle donne, permettendo al governo di regolare altre questioni della vita sociale che in precedenza erano gestite famigliarmente o che erano gestite direttamente dalle autorità religiose,[3][12] come ad esempio delle restrizioni sulla pratica della poliginia, l'abolizione del matrimonio tra bambini,[12] l'imposizione di una tassa sulla proprietà,[12] punizioni severe per funzionari e ufficiali militari corrotti,[12] come pure per i giudici.[12]

Secondo lo storico afghano contemporaneo Fayz Muhammad, la causa immediata dalla rivolta fu una disputa, dove un uomo della tribù Mangali disse di aver subito un tradimento da una donna, con la quale disse di essere fidanzato sin da bambino. Alcuni nemici di quest'uomo si portarono dal governatore della provincia locale, Amr al-Din, e dal magistrato Abdullah[13] e discussero tale fatto. Col consenso della donna, Amr-al Din rigettò le richieste dell'uomo, anche se il magistrato disse che ciò violava apertamente le norme della sharia. Fu probabilmente quest'ultimo a dare inizio alla rivolta.[12]

La rivoltaModifica

L'inizio della rivoltaModifica

«Con il nuovo codice [di leggi] in una mano ed il Corano nell'altra, chiamarono le tribù a scegliere tra la parola di Dio e quella dell'uomo, e fecero loro giurare di resistere ad ogni richiesta, la cui accettazione avrebbe ridotto i loro figli in schiavitù nell'esercito afghano e le loro figlie sarebbero degradate sotto l'influenza dell'educazione occidentale.»

(Ambasciatore inglese a Kabul, nel suo rapporto a Londra.[14])

A metà marzo del 1924,[3][15] la città di Khost, dove le proteste erano già iniziate nell'autunno del 1923, irruppe in aperta rivolta contro il governo, guidata da Mulla Abd Allah.[14] Facendo appello all'onore, al Paradiso per i veri musulmani, il mullah riuscì a sollevare tutte le tribù della Provincia Meridionale contro il governo afghano.[12] Inizialmente, il governo non prese seriamente la rivolta, ma sul finire del marzo del 1924 comprese la serietà della situazione.[14]

Dalla metà di aprile, l'intera Provincia Meridionale iniziò a partecipare attivamente alla rivolta.[14] In quello stesso mese, le forze leali a re Amanullah riuscirono a battere i ribelli, ma non a sconfiggerli del tutto.[5] I ribelli vennero quindi sostenuti dalle tribù degli Alikhel e dei Sulaimankhel.[5] Il 22 aprile, i ribelli riuscirono a cogliere di sorpresa un intero reggimento governativo, infliggendogli pesanti perdite contro 20 soli morti dei loro.[3] Il 27 aprile, in una battaglia indecisiva i ribelli persero 60 soldati contro sol 7 governativi e 27 feriti.[3] Con l'aumento della resistenza, il governo afghano inviò una propria delegazione ai ribelli, riportando loro il fatto che le riforme volute da re Amanullah non fossero in conflitto con le norme della Sharia, ma questi negoziati non diedero i frutti sperati.[14] A maggio continuarono i combattimenti, coi primi dati che videro i morti ribelli attestarsi a 117 e 365 feriti, al costo di 17 morti governativi e 27 feriti, anche se questi dati vennero visti come non veritieri dalle potenze straniere osservanti il conflitto.[3]

La Loya JirgaModifica

Nel bel mezzo della rivolta, re Amanullah convocò un'assemblea di circa 1000[16] tra capi tribali e religiosi, nota col nome di loya jirga, che egli pensava potesse legittimare le sue politiche contro le pretese del mullah e dei rivoltosi.[14] Con sua sorpresa, la maggioranza dell'assemblea chiese l'annullamento delle riforme,[14] il che portò Amanullah a ritirare, seppur riluttante, alcune delle sue politiche all'inizio di giugno.[3] Il 24 giugno, ad ogni modo, ripresero i combattimenti.[3]

L'ascesa di Abd-al KarimModifica

Nel luglio di quello stesso anno, Abd-al Karim, figlio dell'ex emiro dell'Afghanistan che era stato costretto all'esilio nel 1879, attraversò il confine dell'India britannica dove si trovava per portarsi in Afghanistan per assumere la guida dei rivoltosi e aspirare nuovamente al trono afghano.[14] Alla fine del mese, i rivoltosi tagliarono le linee di comunicazione tra Kabul e Gardiz ed avanzarono nella parte meridionale della valle del Logar.[14] Nel contempo, il mullah Abdullah venne sostituito da Abd-al Karim come capo della rivolta.[14] Il 13 luglio si ebbe una battaglia dove l'esercito regio perse 250 uomini.[3]

Habibullāh Kalakāni, futuro emiro dell'Afghanistan, combatté pure in questo conflitto. All'epoca, egli era al servizio dell'esercito regolare afghano che serviva con distinzione.[17] Ad ogni modo, egli disertò poco dopo l'esercito e dopo aver lavorato per qualche tempo a Peshawar si spostò a Parachinar (sul confine) dove venne arrestato e condannato a undici mesi di carcere.[18]

Ali Ahmad Khan, che aveva già giocato un ruolo importante nei negoziati del controverso trattato anglo-afghano del 1919 che aveva posto fine alla terza guerra anglo-afghana[19] chiese alle tribù degli Khogyani e dei Shinwari di aiutarlo a schiacciare la ribellione.[20]

Babrak Khan, capo degli Zadran, morì in questo conflitto.[21][22][23][24] He was succeeded as chieftain by his son, Mazrak.[25]

Nell'autunno del 1924, la rivolta raggiunse il proprio apice.[26]

La fine della rivoltaModifica

L'11 agosto del 1924,[3] re Amanullah dichiarò la guerra santa contro i ribelli.[5] Il 25 agosto, le forze ribelli riuscirono ad attaccare Kulangar, distruggendovi due battaglioni di truppe governative.[3] Pesanti combattimenti ebbero luogo anche nella Provincia Meridionale tra il 23 ed il 26 agosto, e quattro giorni dopo 1500 uomini al comando di Mir Zamer Khan vennero sconfitti dal governo.[3] Il 16-17 settembre, le forze di Zamer Khan inflissero una pesante sconfitta ai ribelli, uccidendo 400-500 uomini al costo di 100 dei propri.[3] Questa sconfitta spinse gli Ahmadzai a ritirarsi dalla rivolta.[3] Dal 18 al 21 settembre, il governo ingaggiò una forza di 3000 uomini composti da uomini delle tribù Sulaimankhel, Mangal e Zadran.[3] Ad ottobre, i ribelli iniziarono a marciare in direzione di Kabul.[27] Il 9-10 novembre, un raid di 500-600 ribelli riuscì ad infliggere 50-65 morti alle truppe governative.[3] La ribellione infine terminò il 30 gennaio 1925[14] con l'imprigionamento e l'esecuzione di 40 capi ribelli.[5] Abd-al Karim sfuggì alla cattura e tornò nell'India britannica.[28] Tom Lansford attribuisce la sconfitta dei ribelli alla superiorità di armi e formazione dell'esercito regio afghano.[29] Louis Dupree invece ne attribuisce la sconfitta all'intervento degli inglesi che vendettero al governo afghano i primi aerei che andarono a costituire la sua aviazione, il che ebbe un "effetto sorprendente sulle forze ribelli, quando questi apparvero sulla scena bombardando e mitragliando i ribelli."[4]

ConseguenzeModifica

Dopo la rivolta, Fayz Muhammad disse soppressa "solo con gran difficoltà",[6] 14.000 persone totali morirono,[12] ed il governo afghano perse qualcosa come 5.000.000 di dollari.[27] Per quanto la rivolta fallì nei suoi intenti, riuscì perlomeno a ritardare molte delle riforme volte dal sovrano dell'Afghanistan sino al 1928.[5]

La sconfitta della rivolta di Khost venne seguita da una rappresaglia contro il popolo Mangali. 1515 uomini vennero giustiziati, 600 donne vennero scacciate da Kabuò e 3000 case vennero incendiate e rase al suolo. Nella piazza centrale di Kabul,[30] il Khost Monument[30] venne eretto per celebrare "il trionfo della conoscenza sull'ignoranza".[16]

Secondo Waseem Raja, "la rivolta di Khost fu importante per due ragioni. La prima rivelò la debolezza dell'esercito afghano che appariva ancora scarsamente formato, sottopagato e mancante delle necessarie cure mediche appropriate. Inoltre vi era un crescente malcontento tra gli ufficiali più anziani molti dei quali vennero sostituiti da giovani ufficiali educati in Europa. Questi si risentivano in particolare del fatto che le varie modernizzazioni avessero dilapidato le già magre finanze dell'emiro a spese dell'esercito. La rivolta iniziò a creare delle crepe divisive nel paese, un deterioramento della macchina amministrativa, in particolare nelle province, e a far nascere una serie di disordini in tutto l'Afghanistan. La dipendenza di Amanullah dalle tribù nel sopprimere la rivolta incrementò il già loro preponderante potere."[31]

Il coinvolgimento degli inglesiModifica

Durante la rivolta, il governo afghano dipinse i capi ribelli come traditori che cercavano solo di servire gli interessi degli inglesi, e che questa campagna contro i rivoltosi doveva essere vista anche come una difesa dell'Afghanistan dall'influenza inglese. Nell'India britannica, ad ogni modo, correva il sospetto che l'Unione Sovietica stesse in qualche modo sostenendo finanziariamente e militarmente i ribelli, mentre in Unione Sovietica la colpa veniva data agli inglesi. Senzil Nawid scrisse che malgrado i sospetti "non vi è attualmente alcuna evidenza che corrobori tali teorie".[14]

NoteModifica

  1. ^ (EN) Leon B. Poullada, Reform and rebellion in Afghanistan, 1919–1929: King Amanullah's failure to modernize a tribal society, Cornell University Press, 1973, pp. 123, ISBN 9780801407727.
  2. ^ Andrew Chua, The Promise and Failure of King Amanullah's Modernisation Program in Afghanistan (PDF), su press-files.anu.edu.au. URL consultato il 21 gennaio 2019 (archiviato dall'url originale il 29 marzo 2018).
  3. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t (EN) Jeffrey S. Dixon e Meredith Reid Sarkees, A Guide to Intra-state Wars: An Examination of Civil, Regional, and Intercommunal Wars, 1816–2014, CQ Press, 12 agosto 2015, pp. 475, 476, ISBN 9781506317984.
  4. ^ a b (EN) Louis Dupree, Afghanistan, Princeton University Press, 14 luglio 2014, pp. 446, ISBN 978-1-4008-5891-0.
  5. ^ a b c d e f g Frank Clements, Conflict in Afghanistan: A historical Encyclopedia, ABC-CLIO, 2003, pp. 148, ISBN 978-1-85109-402-8. URL consultato il 1º aprile 2011.
  6. ^ a b (EN) Fayz̤ Muḥammad e Fayz̤ Muḥammad Kātib Hazārah, Kabul Under Siege: Fayz Muhammad's Account of the 1929 Uprising, Markus Wiener Publishers, 1999, pp. 31, ISBN 9781558761551.
  7. ^ (EN) Leon B. Poullada, Reform and rebellion in Afghanistan, 1919-1929: King Amanullah's failure to modernize a tribal society, Cornell University Press, 1973, pp. 98, ISBN 9780801407727.
  8. ^ (EN) Ludwig W. Adamec, Historical Dictionary of Afghanistan, Scarecrow Press, 10 novembre 2011, pp. 183, xxvi, ISBN 9780810879577.
  9. ^ (EN) Ludwig W. Adamec, The A to Z of Afghan Wars, Revolutions and Insurgencies, Scarecrow Press, 7 aprile 2010, pp. 51, ISBN 9781461731894.
  10. ^ (EN) Christine Noelle, State and Tribe in Nineteenth-Century Afghanistan: The Reign of Amir Dost Muhammad Khan (1826–1863), Routledge, 25 giugno 2012, pp. 176, ISBN 9781136603174.
  11. ^ W. Hale, AFGHANISTAN, BRITAIN AND RUSSIA 1905 – 21, 1966, pp. 16, 17, 18.
  12. ^ a b c d e f g h (EN) Fayz̤ Muḥammad e Fayz̤ Muḥammad Kātib Hazārah, Kabul Under Siege: Fayz Muhammad's Account of the 1929 Uprising, Markus Wiener Publishers, 1999, pp. 13 and 14, ISBN 9781558761551.
  13. ^ Louis Dupree, Afghanistan, Princeton University Press, 1980, p. 449, ISBN 0-691-03006-5.
    «Led by Abdullah, the Mullah-i-Lang (or Pir-i-Lang), and his more vigorous assistant, the Mullah Abdul Rashid, the rebellion lasted from March 1924, to January 1925.»
  14. ^ a b c d e f g h i j k l Senzil Nawid, The Khost Rebellion. The Reaction of Afghan Clerical and Tribal Forces to Social Change (PDF), su opar.unior.it. URL consultato il 25 dicembre 2018 (archiviato dall'url originale il 25 dicembre 2018).
  15. ^ (EN) Ludwig W. Adamec, Afghanistan's Foreign Affairs to the Mid-twentieth Century: Relations with the USSR, Germany, and Britain, University of Arizona Press, 1974, pp. 88, ISBN 9780081650387.
  16. ^ a b (EN) Peter Tomsen, Chapter 4 - Modernizing Monarchs, in The Wars of Afghanistan: Messianic Terrorism, Tribal Conflicts, and the Failures of Great Powers, PublicAffairs, 10 dicembre 2013, ISBN 9781610394123.
  17. ^ (EN) M. Nazif Shahrani, State Building and Social Fragmentation in Afghanistan: A Social Perspective, in Ali Banuazizi e Myron Weiner (a cura di), The State, Religion, and Ethnic Politics: Afghanistan, Iran, and Pakistan, Syracuse, New York, Syracuse University Press, 1986, p. 57, ISBN 9780815624486. URL consultato il 18 gennaio 2019 (archiviato dall'url originale il 19 gennaio 2019).
  18. ^ (EN) Fayz̤ Muḥammad e Fayz̤ Muḥammad Kātib Hazārah, Kabul Under Siege: Fayz Muhammad's Account of the 1929 Uprising, Markus Wiener Publishers, 1999, pp. 32, ISBN 9781558761551.
  19. ^ (EN) Fayz̤ Muḥammad e R. D. McChesney, Kabul under siege: Fayz Muhammad's account of the 1929 Uprising, Markus Wiener Publishers, 1999, pp. 50, ISBN 9781558761544.
  20. ^ (EN) Fayz̤ Muḥammad e R. D. McChesney, Kabul under siege: Fayz Muhammad's account of the 1929 Uprising, Markus Wiener Publishers, 1999, pp. 52, ISBN 9781558761544.
  21. ^ (EN) Jeffrey S. Dixon e Meredith Reid Sarkees, A Guide to Intra-state Wars: An Examination of Civil, Regional, and Intercommunal Wars, 1816–2014, CQ Press, 12 agosto 2015, pp. 475, 476, ISBN 9781506317984.
  22. ^ (EN) David B. Edwards, Before Taliban: Genealogies of the Afghan Jihad, University of California Press, 2 aprile 2002, pp. 260, ISBN 978-0-520-92687-5.
  23. ^ (EN) Ludwig W. Adamec, Historical and Political Who's who of Afghanistan (PDF), Akademische Druck- u. Verlagsanstalt, 1975, pp. 130, ISBN 978-3-201-00921-8.
  24. ^ (EN) Rhea Talley Stewart, Fire in Afghanistan, 1914-1929: faith, hope, and the British Empire, Doubleday, 1973, pp. 266, ISBN 9780385087421.
  25. ^ (EN) George Fetherling, AKBAR, Said, in The Book of Assassins, Random House of Canada, 16 novembre 2011, ISBN 978-0-307-36909-3.
  26. ^ (EN) Leon B. Poullada, Reform and rebellion in Afghanistan, 1919-1929: King Amanullah's failure to modernize a tribal society, Cornell University Press, 1973, pp. 94, ISBN 9780801407727.
  27. ^ a b (EN) Robert Johnson, The Afghan Way of War: How and Why They Fight, Oxford University Press, USA, 12 dicembre 2011, pp. 190, ISBN 9780199798568.
  28. ^ (EN) Thomas Barfield, Afghanistan: A Cultural and Political History, Princeton University Press, 29 marzo 2010, pp. 187, ISBN 9781400834532.
  29. ^ (EN) Tom Lansford, Afghanistan at War: From the 18th-Century Durrani Dynasty to the 21st Century, ABC-CLIO, 16 febbraio 2017, pp. 266, ISBN 9781598847604.
  30. ^ a b Central Square: Khost Monument. | ACKU Images System, su ackuimages.photoshelter.com. URL consultato il 23 luglio 2019.
  31. ^ Raseem Raja, A POLITICAL BIOGRAPHY OF KING AMANULLAH KHAN (PDF), su ir.amu.ac.in, 1996, pp. 84, 85.

BibliografiaModifica

  • (EN) Frank Clements, Conflict in Afghanistan: A Historical Encyclopedia, ABC-Clio, 2003.