Santeramo in Colle: differenze tra le versioni

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→‎Il Territorio di Santeramo: Descrivendo le varie fasi storiche archeologiche
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→‎Il grande insediamento Peuceta di masseria Di Santo e Bonifacio: Tratto dalla pubblicazione Via Appia Regina Viarum edizione Osanna Venosa (mio contributo)
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Un ritrovamento esemplare riguarda un'epigrafe ritrovata in un orto appartenente ad Antonio di Santo,<ref name=op2>''S. Eramo intèr Gioiam et Altamuram rep. c. a. 1867 in macerie hortorum Antonii di Santo'', ''Corpus Inscriptionum Latinarum'', XII. Genusia, Theodor Mommsen</ref> che riporta il nome del defunto ''-ELASIV-'' (classificato successivamente ''(v)/(c)-ELASIV-(s)'')<ref name=op2/>, e collocata dal Mommsen tra il territorio santermano e [[Gioia del Colle|gioiese]].<ref name=op2/>
 
=== Il grande insediamento Peuceta di masseria Di Santo e Bonifacio ===
=== Protostoria ===
 
Sulla base di alcuni studi<ref name=op1 />, è emerso che la conformazione dell'attuale cittadino ricalca quasi perfettamente l'insediamento originario, posto in prossimità di un lago di modeste dimensioni<ref name=op1 />. Successivi sopralluoghi avvenuti negli anni ottanta, effettuati dalla Soprintendenza Archeologica di Taranto, hanno messo in luce due insediamenti, databili in un periodo tra il [[IX secolo a.C|IX]] e il [[IV secolo a.C.]]<ref name=op1 />. Tuttavia dice la relazione citata: «Non mancano tuttavia testimonianze sporadiche di una frequentazione del sito anche nei periodi intermedi.» Si riporta il rinvenimento di alcuni frammenti subgeometrici a decorazione bicroma e si fa riferimento anche ai vasi in ceramica apula a figure rosse provenienti da Santeramo e conservati nel museo di Bari e citati già dal Mayer.
Sulla base di alcuni studi<ref name=op1 />, è emerso che
Il sito archeologico in oggetto è ubicato nell’area delle masserie Di Santo e Bonifacio a S-SE della cittadina di Santeramo in Colle (BA), altezza di m 360 s.l.m.
Il sito, domina la valle sottostante che è attraversata da antichi percorsi, N-NS e E-ES, non agevolmente definibili temporalmente, che raggiungevano la masseria Viglione, che coincide con Sublupatia, una stazione della Via Appia.
Il Biancofiore, sottolinea a seguito delle ricerche condotte in loco come Viglione, fosse stato, come oggi, un centro di smistamento di diverse strade.
Come Sublupatia, che non era soltanto una stazione della Via Appia, ma anche il nodo da dove partiva il raccordo per la Minucia, testimoniato sommariamente dalla Tabula Peutingeriana che pure nell’area non riporta più la via Appia, ma con maggior precisione dalla Cosmographia Anonimi Ravennatis e dalla Guidonis Geographica. (fig. 1)
Gli insediamenti Peuceti erano localizzati spesso nelle vicinanze dei villaggi occupati in epoca preistorica. Il sito in oggetto, infatti, è distante circa 500 mt dal noto villaggio neolitico trincerato di Masseria Grottillo (già segnalato, sottoposto a vincolo archeologico dalla Soprintendenza di Taranto nel 1997, non studiato, attualmente in stato di abbandono) dove abbondano anche ceramica classica e romana e a circa 3 km dall’Antica Via Appia.
Il sito era già stato segnalato alla Soprintendenza Archeologica di Taranto a partire dal 1980 dall’Ispettore Onorario Gianni De Santis.
Nulla di nuovo ci dice la Mangiatordi che scrive solo che nel sito: furono raccolti frammenti ceramici ascrivibili alla tarda età repubblicana e alla prima età imperiale.
A confermare l’importanza del sito è C. S. Fioriello, dell’Università di Bari, nel 2017 a valle di un articolato sopralluogo.
L’enorme superficie interessata dallo spargimento di frammenti ceramici, lascia supporre la presenza di un insediamento di considerevole dimensione.
Nell’area sono disseminati su tutta la superficie moltissimi frammenti di ceramica geometrica indigena e lineare, ceramica a vernice nera, terra sigillata africana, ceramica tardo-romana dipinta e da cucina, varie tegole, frammenti di sarcofagi e centinaia di pesi da telaio e, un peso da telaio in bronzo (in possesso del contadino) di altezza 10 cm. (fig.2)
 
Nell’area compresa fra Masseria Bonifacio e Masseria Di Santo, in mancanza di scavo scientifico, nonostante la quantità dei rinvenimenti che consentirebbe di formulare ipotesi certe sulle caratteristiche dell’insediamento, è possibile ipotizzare la presenza di un nucleo abitativo di rilevante entità socio-economico, vista la vicinanza, anche di due probabili ville di età imperiale riconosciute nella vicina località Masseria Bonifacio (foto aeree del 2009, già trasmesse alla Soprintendenza di Taranto). (fig.3)
 
Nell’area di masseria Bonifacio, è presente un uliveto alla cui entrata è ubicato un ipogeo, epicentro di tutta l’area delle masserie Di Santo – Bonifacio.
 
L’ipogeo è un vastissimo sistema sotterraneo che si estende per decine di metri ed è di grande interesse geologico, geomorfologico, archeologico e storico.
L’accesso principale permette di raggiungere una serie di enormi saloni in rapida successione. La grotta è di natura carsica, ipogea e sulle pareti si notano sedimenti e fossili.
Un’insenatura chiusa artificialmente con materiale di riporto e vari massi ostruisce l’accesso ad altri vani. All’interno sono stati rinvenuti frammenti di ceramica di tutte le epoche, a partire dal neolitico nonché molte ossa.
Si segnala: un obolo greco del IV sec, e 3 frammenti facenti parte di un vassoio così come descritto dal dr. Philip Kenrick:
Vassoio rettangolare in Ceramica Sigillata Africana (fig. 7)
Due frammenti in fine argilla rossa con un lembo rosso appena lucente appartengono a un vassoio rettangolare decorato a stampo in rilievo. Questi vassoi sono stati realizzati nel sito di produzione tunisino centrale di Sidi Marzouk Tounis e sono stati datati approssimativamente (dai prototipi in argento che si crede di imitare) alla seconda metà del IV secolo d.C. I frammenti della grotta di Masseria Bonifacio provengono dal bordo di un vassoio unico che ritrae scene della vita di Achille. Esiste un esempio completo nella Archäologische Staatssammlung (ex Prähistorische Staatssammlung) di Monaco (Garbsch 1980, 1982, 100 n.36). I due frammenti di Masseria Bonifacio mostrano:
una lepre sostenuta dalle zampe posteriori da un centauro (verso l'estremità sinistra del bordo inferiore);
una donna seduta che gira, interpretata come Deidameia, ammiratrice di Achille quando fu nascosto alla corte del re Lycomede a Skyros (verso l'estremità inferiore del lato destro).
Il tema di questo vassoio è anche discusso in dettaglio da Mackensen (2004). La forma della nave è Hayes (1972) Form 56, citata come tale in Anselmino et al. (1981) 160.
Lampada africana
La forma è Hayes (1972) Tipo II, probabilmente IIa (tessuto a grana fine, decorazione ordinata e tagliente) dalla Tunisia centrale. Il motivo sul disco è un simbolo di chi-rho, con il rho invertito: per esempi simili, vedi Bailey 1988, n. Q1755-7. Datata intorno al 400-500 d.C.
 
L’ipogeo era destinato in passato per le sepolture, fu probabilmente utilizzato, poi, come rifugio nel quarto o quinto secolo d.C. (a conferma di questa datazione, sono le tecniche costruttive delle mura interne).
 
=== Ellenismo ===