Guerra d'Etiopia: differenze tra le versioni

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L'aggressione dell'Italia contro l'Etiopia ebbe rilevanti conseguenze diplomatiche e suscitò una notevole riprovazione da parte della comunità internazionale: la [[Società delle Nazioni]] decise d'imporre delle [[sanzioni economiche all'Italia fascista|sanzioni economiche]] contro l'Italia, ritirate nel luglio 1936 senza peraltro aver provocato il benché minimo rallentamento delle operazioni militari.
Nel complesso, la campagna di Etiopia fu l'unico successo militare dell'Italia fascista, conseguito comunque ai danni di un esercito tribale, privo di equipaggiamenti e armi, senza addestramento alla guerra moderna, che però durante le prime fasi del conflitto riuscì a contrattaccare l'esercito invasore e a contendere ampie porzioni di territorio in modo efficace nonostante l'incolmabile divario tecnologico<ref>{{cita libro|autore=[[Pasquale Villani]]|titolo=L'età contemporanea|ediotoreeditore=Il Mulino|città= Bologna|annooriginale=1983|anno=1993|ISBN=88-15-02704-1|p. 446}}</ref>.
 
Le ostilità non cessarono con la fine delle operazioni di guerra convenzionali, ma si prolungarono con la crescente attività della [[guerriglia]] etiopica dei cosiddetti ''[[arbegnuoc]]'' ("patrioti") e con le conseguenti misure repressive attuate dalle autorità coloniali italiane, durante le quali non furono risparmiate azioni terroristiche nei confronti della popolazione civile; la resistenza etiope collaborò poi con le truppe britanniche nella liberazione del paese dagli italiani nel corso della [[seconda guerra mondiale]]<ref>{{cita|Del Boca III|pp. 372-387}}.</ref>. Formalmente lo stato di guerra ebbe termine solo il 10 febbraio 1947 con la stipula del [[trattato di Parigi fra l'Italia e le potenze alleate]], che comportò per l'Italia la perdita di tutte le colonie.