Plebiscito sullo scioglimento del Landtag prussiano: differenze tra le versioni

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La Costituzione prussiana prevedeva la possibilità di presentare una petizione popolare (''Volksbegehren'') per lo scioglimento del Landtag, sottoscritta da un quinto degli aventi diritto al voto. Se il Landtag non avesse accolto la petizione, la proposta sarebbe stata oggetto di un plebiscito (''Volksentscheid'')<ref>{{cita web|url=http://www.dircost.unito.it/cs/pdf/19201130_germaniaLiberoPrussia_ted.pdf|titolo=Verfassung des Freistaats Preußen (30.11.1920), Artikel 6|lingua=de|accesso=9 maggio 2020}}</ref>. La petizione, avente ad oggetto la frase «Il Landtag eletto il 20 maggio 1928 deve essere sciolto», fu presentata dallo Stahlhelm il 4 febbraio 1931<ref name="Heimann 319"/>, in un periodo segnato da diverse azioni dei partiti di destra miranti ad allontanare il Centro dai socialdemocratici, tra cui l'abbandono del [[Reichstag (Repubblica di Weimar)|Reichstag]]<ref>{{cita news|||Lo sforzo della Destra tedesca per staccare il Centro dai socialisti|Corriere della Sera|24 febbraio 1931|p=5}}</ref><ref>{{cita|Winkler 1998|p. 457}}.</ref>. I maggiori partiti che sostennero l'iniziativa furono il nazionalconservatore [[Partito Popolare Nazionale Tedesco]] (DNVP) del magnate dell'editoria [[Alfred Hugenberg]], con cui lo Stahlhelm aveva un rapporto di stretta collaborazione, e il liberalconservatore [[Partito Popolare Tedesco]] (DVP) di [[Eduard Dingeldey]]. Quest'ultimo partito, pur essendo rappresentato nel governo Brüning dal ministro degli esteri [[Julius Curtius]], temeva di perdere il supporto dei funzionari pubblici e degli industriali della [[Regione della Ruhr|Ruhr]], ostili ai socialdemocratici<ref>{{cita|Patch 2006|p. 158}}.</ref>.
 
Lo Stahlhelm sosteneva che la composizione dell'assemblea legislativa prussiana, espressa dalle elezioni statali del maggio 1928<ref>{{cita web|url=https://www.gonschior.de/weimar/Preussen/LT3.html|titolo=Der Freistaat Preußen Landtagswahl 1928|lingua=de|accesso=17 giugno 2020}}</ref>, non fosse più corrispondente alla volontà popolare, dal momento che le elezioni federali del settembre 1930 avevano visto una forte affermazione dei nazionalsocialisti in Prussia e nell'intera Germania. Secondo gli elmetti d'acciaio, il Landtag prussiano (la cui legislatura sarebbe legalmente terminata nell'aprile 1932) avrebbe quindi dovuto essere sciolto e rinnovato da elezioni anticipate, poiché il suo essere espressione di una volontà popolare ritenuta ormai superata ne avrebbe impedito la coesistenza con un Reichstag che rifletteva i nuovi equilibri politici<ref>{{cita news|G. P.|url=http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,1/articleid,1149_01_1931_0184_0001_16994692/|titolo=Brüning e Curtius partono domani per Roma|La Stampa|accesso=4 agosto 1931|p=1}}</ref><ref name="Fulda 178">{{cita|Fulda 2009|p. 178}}.</ref>.
 
[[File:Bundesarchiv Bild 146-1972-061-28, Adolf Hitler mit 1. Lehrgang RFS.jpg|miniatura|sinistra|[[Adolf Hitler]] tra le [[Sturmabteilung|SA]] del primo corso della [[Reichsführerschule]], Monaco di Baviera, giugno 1931]]
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Inoltre, i comunisti epurarono quasi completamente il loro [[comitato centrale]] e la maggior parte della loro stampa dagli ebrei<ref>{{cita|Mosse 1986|pp. 107 e 119}}.</ref>. Di conseguenza, quando nel 1931 approdò tra le loro file – nell'ambito del sempre crescente scambio di militanti con l'NSDAP<ref name="Paris"/> – l'ex ufficiale della [[Reichswehr]] [[Richard Scheringer]], questi descrisse il KPD come un partito «autenticamente» nazionalista essendo il suo comitato centrale privo di ebrei<ref>{{cita|Traverso 2018|p. 148}}.</ref>.
 
Nei giorni del plebiscito, la riproposizione di argomenti nazionalistici da parte dei comunisti fu commentata con soddisfazione dal giornale nazionalsocialista ''[[Völkischer Beobachter]]'', che il 28 luglio 1931 scrisse: «i comunisti sono costretti ad appoggiare oggi tutte le parole d'ordine [dei nazionalsocialisti]. I dirigenti comunisti non possono fare a meno di diffondere le nostre verità nelle loro proprie file»<ref name="Steinberg">{{cita news|autore=[[Isaac Steinberg]]|url=https://avanti.senato.it/avanti/js/pdfjs-dist/web/viewer.html?file{{=}}/avanti/files/reader.php?f%3DAvanti%201896-1993%20PDF/13.%20Avanti%20Ed.%20di%20Parigi%201926-1935%20OCR/TO01088474_1931_0029.PDF|titolo=La tragedia della Germania|Avanti!|data=9 agosto 1931|p=1|accesso=1º maggio 2020}} L'articolo reca in calce «Berlino, 20 luglio 1931». L'indicazione della data è evidentemente erronea, essendo menzionati nell'articolo eventi successivi.</ref>.
}}
 
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{{citazione|Che cosa vuole il popolo? Esso vuole lavoro, pane, libertà. I plebisciti non saziano nessuno. Per il plebiscito inscenato dalla reazione, il popolo non può avere altro che disprezzo. La Prussia rappresenta oggi la roccaforte della reazione germanica, ma nessun lavoratore può prestare la sua opera per creare una situazione in cui anziché Severing e [[Karl Zörgiebel|Zörgiebel]], Hitler e [[Joseph Goebbels|Goebbels]] sparino sul popolo e lo schiaccino colle imposte. La reazione fa appello al popolo per il plebiscito ma questa commedia parlamentare, inscenata in un momento in cui il popolo patisce la fame e miseria, rappresenta un insulto alla miseria, un insulto al popolo stesso<ref name="Steinberg"/>.}}
 
In un comunicato del Comitato centrale dello stesso mese, la petizione fu presentata come un atto «demagogico» di Goebbels e [[Wilhelm Frick|Frick]] e definita «petizione popolare della reazione»<ref name="Weber 86">Hermann Weber, ''Zum Verhältnis von Komintern, Sowjetstaat und KPD'', in {{cita|Weber et al. 2014|p. 86}}.</ref>. Il 28 febbraio Thälmann dichiarò che, ai nazionalsocialisti che stavano aderendo all'iniziativa dello Stahlhelm, i comunisti avrebbero risposto che essi non avrebbero «alzato un dito» per salvare il governo Braun-Severing, che aveva reso la Prussia un «covo della più bieca reazione», ma che non avrebbero nemmeno permesso ai nazionalsocialisti di realizzare «i loro piani fascisti antipopolari»<ref>Ernst Thälmann, discorso a [[Braunschweig]], 28 febbraio 1931, in {{cita news||url=https://kommunistische-geschichte.de/TeddyWerke/thaelmann-band3.pdf#page{{=}}103|titolo=Thälmanns Abrechnung mit den Nazis|Die Rote Fahne|data=1º marzo 1931|p=2|lingua=de}} Ora in {{cita|Thälmann 1975|p. 103}}. Il segretario del KPD dichiarò inoltre che i comunisti avrebbero promosso petizioni popolari contro i governi della [[Turingia]] e del [[Stato libero di Brunswick|Brunswick]], i cui ministri dell'interno erano due nazionalsocialisti, [[Wilhelm Frick]] e [[Anton Franzen]].</ref>.
 
Ancora il 10 aprile, l'organo di stampa del partito ''[[Die Rote Fahne]]'' dichiarò: «Nessun lavoratore può lasciarsi trascinare a fare causa comune con le bande degli assassini e [[crumiro|crumiri]] nazisti e dello Stahlhelm, con gli squali della finanza, gli [[Junker]] e gli speculatori che hanno tratto profitto dall'[[Iperinflazione#Nella Repubblica di Weimar|inflazione]]»<ref name="Steinberg"/><ref name="Weber 86"/>.
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[[File:Die Rote Fahne - 23. Juli 1931.jpg|miniatura|''[[Die Rote Fahne]]'' del 23 luglio 1931 annuncia l'adesione del KPD al plebiscito con una direttiva ai militanti: ''Heraus zum Volksentscheid!'' (Uscite per il plebiscito!)]]
 
L'espediente dell'ultimatum, elogiato da Pjatnickij, secondo quanto riportò la dirigenza del KPD al Comintern era valso a distinguere fin dall'inizio la campagna comunista da quella delle destre e a scongiurare il rischio che il partito apparisse «al seguito di Hitler e Hugenberg». Prima che giungesse la prevista risposta del governo, la direzione del KPD aveva quindi già convocato per la mattina del 22 luglio il Politburo, il Comitato centrale e infine una conferenza dei lavoratori del partito con la partecipazione dei redattori dei giornali comunisti. Tali organi si riunirono a turno ratificando ciascuno «all'unanimità» la decisione di partecipare al plebiscito. La mancanza di una tempestiva comunicazione dell'imminente inversione di rotta alle redazioni dei giornali di partito fu fonte di grave imbarazzo: la stessa mattina l'organo di stampa del KPD della [[Prussia orientale]] ammonì: «Nessuno partecipi al voto, perché ogni voto "No" va ai truffatori del popolo»; mentre il ''Ruhrecho'', organo della sezione della [[regione della Ruhr]], pubblicò un ampio articolo di fondo che spiegava nel dettaglio perché sarebbe stato sbagliato aderire al plebiscito<ref>{{cita|Hoppe 2007|p. 213}}. Per il commento dell'organo del KPD della Prussia orientale, cfr. Hermann Weber, ''Zum Verhältnis von Komintern, Sowjetstaat und KPD'', in {{cita|Weber et al. 2014|p. 81}}.</ref>. Il giorno successivo, l'organo centrale del partito ''Die Rote Fahne'' (che tornava a essere stampato dopo il divieto del 7 luglio) annunciò la decisione del Comitato centrale esortando i lavoratori a partecipare al "plebiscito rosso"<ref>{{cita news||url=http://zefys.staatsbibliothek-berlin.de/kalender/auswahl/date/1931-07-23/24352111/|titolo=Heraus zum Volksentscheid!|Die Rote Fahne|data=23 luglio 1931|p=1|lingua=de}}</ref>.
 
L'organo di stampa socialdemocratico ''[[Vorwärts]]'' accolse la notizia scrivendo, come previsto, che il KPD si era unito alle destre ponendosi «dietro allo Stahlhelm»<ref>{{cita news||url=http://fes.imageware.de/fes/web/index.html?open{{=}}VW48339|titolo=Hinter dem Stahlhelm!|Vorwärts|data=23 luglio 1931|p=1|lingua=de}}</ref> e rivolse un appello agli operai comunisti affinché non seguissero la direttiva di andare a votare<ref>{{cita news||url=http://fes.imageware.de/fes/web/index.html?open{{=}}VW48341&page{{=}}1|titolo=An die kommunistischen Arbeiter!|Vorwärts|data=24 luglio 1931|p=2|lingua=de}}</ref>. Inviti a boicottare la consultazione giunsero anche da forze alla sinistra dell'SPD quali il [[Partito Socialdemocratico Indipendente di Germania]] (USPD) e il [[Partito Comunista d'Opposizione]] (KPO). [[Heinrich Brandler]], uno dei capi del KPO, commentò: «Nella situazione più critica che il capitalismo tedesco abbia attraversato, i dirigenti del partito comunista si sono mostrati incapaci, disorientati e contaminati dal marciume opportunista»<ref name="Steinberg"/>.
 
Il 24 luglio Thälmann si espresse pubblicamente a riguardo durante un discorso ai funzionari del partito, asserendo tra l'altro che larghi strati di lavoratori socialdemocratici avessero già riconosciuto che l'affermazione dei loro capi per cui Brüning sarebbe stato il "male minore" rispetto a Hitler e Hugenberg era «una farsa utile solo come scusa per l'infame atteggiamento antioperaio del gruppo parlamentare socialdemocratico». Secondo il capo del KPD, era già stato fatto capire alle masse che la lotta contro il fascismo non significava «solo lotta contro i nazisti, ma soprattutto lotta contro lo stesso capitale finanziario, contro il governo Brüning, come governo che attua la dittatura fascista». Ne conseguiva «inevitabilmente il nostro più violento attacco contro il governo prussiano di Severing, perché è il baluardo più forte della dittatura di Brüning». Thälmann definì «ridicola» l'accusa rivolta dai socialdemocratici ai comunisti di aver formato un fronte unico con Hitler e Hugenberg<ref group=N>Dalla documentazione ufficiale del Comitato centrale risulta che il partito negava di aver formato un fronte unico con le forze di destra, ritenendolo in ogni caso non più inopportuno del fronte unico con i socialdemocratici: «Noi non facciamo fronte unico con i nemici mortali della classe operaia, tanto con Hugenberg o Hitler, con Seldte o [[Theodor Duesterberg|Duesterberg]], quanto con Severing e Braun, con [[Theodor Leipart|Leipart]] e [[Fritz Tarnow|Tarnow]]. Gli uni come gli altri sono nemici mortali della classe operaia». Cfr. Hermann Weber, ''Zum Verhältnis von Komintern, Sowjetstaat und KPD'', in {{cita|Weber et al. 2014|p. 88}}.</ref>, poiché i veri «alleati dei nazisti» sarebbero stati i capi socialdemocratici. Al contrario, i comunisti assumendo la guida del plebiscito avrebbero vanificato i piani della reazione: «Più i partiti di destra saboteranno il plebiscito, più profonda sarà la nostra penetrazione nei ranghi dei sostenitori del nazionalsocialismo». Attraverso l'«azione di massa parlamentare legale», il "plebiscito rosso" avrebbe rappresentato un «passo in avanti verso la mobilitazione extraparlamentare di massa. Porteremo lo scompiglio nel campo della borghesia. Allargheremo la nostra penetrazione nella socialdemocrazia e alimenteremo i conflitti interni a questo partito. Apriremo brecce più profonde nel fronte hitleriano»<ref>Ernst Thälmann, discorso all'"Assemblea dei funzionari delle organizzazioni di massa rivoluzionarie" alla birreria Neue Welt di Berlino, 24 luglio 1931, in {{cita news||url=https://kommunistische-geschichte.de/TeddyWerke/thaelmann-band3.pdf#page{{=}}203|titolo=Auf zur Offensive gegen den Klassenfeind!|Die Rote Fahne|data=26 luglio 1931|p=3|lingua=de}} Ora in {{cita|Thälmann 1975|pp. 203-208}}. I passaggi citati sono alle pp. 206-207.</ref>. Tuttavia, il fatto che nelle settimane successive Thälmann si ritirò ad Amburgo, lasciando l'organizzazione della campagna perlopiù ai suoi promotori, è stato interpretato come un indizio della sua insoddisfazione per la decisione del Comintern<ref>{{cita|Hoppe 2007|p. 212}}.</ref>.
 
Dopo l'inversione di rotta del 21 e 22 luglio la maggior parte degli alti dirigenti del KPD si sentì in dovere di comunicare a Mosca di avere in realtà sempre sostenuto la nuova linea. L'unica voce di aperto dissenso fu quella del capo del dipartimento [[Agitprop]], [[Josef Winternitz]] "Lenz", che informò per iscritto la direzione che non poteva fare propaganda per la partecipazione al plebiscito, «perché questa azione era sbagliata e non voleva averci niente a che fare». [[Georgi Dimitrov]], capo dell'Ufficio del Comintern per l'Europa occidentale, espresse disappunto per essere stato come al solito trascurato dal Politburo tedesco e per la repentinità con cui questo aveva cambiato posizione su una questione tanto importante, ma approvò la decisione finale dichiarando che ovviamente era meglio «prendere una decisione giusta tardi che ''mai''»<ref>{{cita|Hoppe 2007|pp. 213-214}}.</ref>.
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Ognuna delle opposte forze schierate a sostegno del plebiscito lo rivendicava come una propria battaglia, tendendo a ignorare la partecipazione della controparte. Nella stampa comunista la partecipazione della destra era completamente ignorata, come sul ''Welt am Abend'' di [[Willi Münzenberg]]<ref name="Fulda 178"/>, oppure denunciata come insincera e mirante al sabotaggio specie dopo che i comunisti erano entrati nella campagna e, secondo quanto si asseriva, ne avevano assunto la guida<ref>{{cita news|||Hugenberg will Niederlage des roten Volksentscheids|titolotradotto=Hugenberg vuole la sconfitta del plebiscito rosso|Die Rote Fahne|7 agosto 1931|p=2|lingua=de}}</ref>. Di converso, nei giornali di Hugenberg ''Nachtausgabe'' e ''Berliner Lokal-Anzeiger'' il plebiscito era descritto come un'iniziativa della destra nazionalista guidata da Hugenberg contro i socialdemocratici, accusati di essere i responsabili della crisi economica, mentre la partecipazione comunista non era quasi mai menzionata. Lo stesso accadeva nell'''[[Der Angriff|Angriff]]'' di Goebbels, per cui la consultazione popolare prussiana era un mezzo per ottenere la distruzione della socialdemocrazia e del Centro cattolico, necessaria per la conquista del Reich da parte dei nazionalsocialisti<ref>{{cita|Fulda 2009|pp. 178-179}}.</ref>.
 
Diversi osservatori stranieri individuarono nell'eccentricità della coalizione antigovernativa un elemento di debolezza della campagna per l'adesione al plebiscito. Un rapporto da inviare in patria stilato il 5 agosto dall'ambasciatore dell'[[Stato Libero d'Irlanda|Irlanda]] a Berlino, Daniel A. Binchy, riferiva dell'«edificante spettacolo» offerto da nazionalsocialisti, comunisti, nazionalisti monarchici e grandi affaristi coalizzati contro il governo. Secondo Binchy le possibilità di successo del plebiscito non erano poche, ma andava considerato che molti sostenitori dei partiti borghesi, disgustati dall'«empia alleanza» con nazionalsocialisti e comunisti, avrebbero potuto disertare le urne<ref name="Binchy"/>. In Italia, ''[[Stampa Sera|La Stampa della Sera]]'' definì il blocco formatosi contro il governo prussiano «triplice che va dai comunisti di Thälmann, attraverso i nazionalisti di Hugenberg, al socialnazionalismo di Hitler», «momentaneo connubio tra gli avversari del marxismo e le avanguardie del bolscevismo». L'eterogeneità di tali forze avrebbe peraltro limitato la portata di un eventuale successo del plebiscito, non essendo possibile una duratura «alleanza parlamentare, né governativa, né quindi politica tra i seguaci di Mosca e i seguaci di Adolfo Hitler»<ref>{{cita news|autore=Luigi Morandi|url=http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,1/articleid,1628_02_1931_0188_0001_22374737/|titolo=Plebiscito prussiano|La Stampa della Sera|data=8 agosto 1931|p=1}}</ref>.
 
In campo democratico, il ''[[Berliner Morgenpost]]'' della famiglia Ullstein polemizzò contro il plebiscito di «svastica e stella sovietica» e definì un suo eventuale successo una «catastrofe politica»<ref name="Fulda 179"/>. Il quotidiano socialdemocratico ''[[Vorwärts]]'' accusò il KPD di favorire l'ascesa del fascismo attraverso la radicalizzazione e la divisione della classe operaia analogamente a quanto, secondo il giornale dell'SPD, aveva fatto il [[Partito Comunista d'Italia]] dieci anni prima<ref>{{cita news||url=http://fes.imageware.de/fes/web/index.html?open{{=}}VW48340|titolo=Nach Mussolinis Muster|titolotradotto=Secondo il modello di Mussolini|pubblicazione=Der Abend|, supplemento del ''Vorwärts'',|data= 23 luglio 1931|pp=1-2|lingua=de}} Citato (tradotto in italiano) in {{cita|Lönne 1985|p. 336, nota 128|citazione=Il PCI ha sulla coscienza la funesta radicalizzazione della classe operaia italiana, che con una marea di scioperi insensati ha diffuso il panico bolscevico in tutti quei ceti che non erano ancora dalla parte del movimento operaio, e che, con le famigerate occupazioni di fabbrica di Milano e Torino, che hanno dovuto interrompersi senza successo dopo quattordici giorni, ha arrecato al proletariato italiano, nelle ore di maggior pericolo, una terribile sconfitta. Esso ha inoltre impedito un'azione unitaria della classe operaia italiana contro il fascismo, e nelle ore di estremo pericolo, non ha liquidato bensì fomentato la guerra fratricida all'interno del proletariato italiano}}.</ref>.
 
{{Doppia immagine|destra|Vorwärts - 23. Juli 1931 - Karikatur.jpg||Der Abend - 7. August 1931 - Karikatur.jpg||Vignetta del ''[[Vorwärts]]'' dal titolo «L'aiutante solerte», che raffigura il fascismo come un'auto che trasporta Hugenberg (alla guida), Hitler, un capitalista e un militante dello Stahlhelm, e che riesce a superare la tappa dei sei milioni di voti grazie a un militante comunista che la sospinge lungo la salita. La didascalia recita: «Urrà, si va avanti – ci spinge uno da dietro!».|Vignetta di ''Der Abend'', supplemento del ''Vorwärts'', intitolata «Il plebiscito nerobianco-rosso» (riferimento alla [[Bandiera della Germania#Bandiere dell'Impero tedesco (1871-1918)|bandiera imperiale]]) e raffigurante caricature delle diverse forze sostenitrici dell'iniziativa che si trascinano l'un l'altra attraverso degli anelli al naso. La didascalia recita: «Ciascuno pensa di poter prendere gli altri per il naso!».|larghezza totale=400}}
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Un tema ricorrente nella propaganda socialdemocratica era l'accostamento dei comunisti alle forze di destra: ad esempio, un volantino dell'epoca reca un fotomontaggio satirico raffigurante Thälmann nell'atto di arringare una platea di elmetti d'acciaio e altri militanti di destra, in cui si riconoscono tra gli altri il feldmaresciallo [[August von Mackensen]] e il principe ereditario [[Guglielmo di Prussia (1882-1951)|Guglielmo di Prussia]]<ref>{{cita web|url=https://www.mhpress.eu/flugblatt-volksentscheid-zur-aufloesung-des-preussischen-landtages-august-1931.html|titolo=Flugblatt - Volksentscheid zur Auflösung des preußischen Landtages - August 1931|lingua=de|accesso=6 giugno 2021}}</ref>. La propaganda del KPD fu accostata a quella di destra anche dallo scrittore [[Kurt Hiller]], che in una lettera aperta indirizzata all'abile propagandista comunista Willi Münzenberg, impegnato nella campagna plebiscitaria, scrisse: «Hai agito come se avessi degli agenti nazisti nel tuo Comitato centrale [...] e se tu personalmente [...] ingoi questa decisione senza nuocere alla tua salute, allora... ammiro il tuo stomaco»<ref>{{cita|Gross 1967|p. 229}}.</ref><ref>{{cita web|url=https://www.muenzenbergforum.de/muenzenberg-und-der-roten-volksentscheid/|titolo=Willi Münzenberg und der „Rote Volksentscheid“|lingua=de|accesso=25 agosto 2021}}</ref><ref group="N">Babette Gross, già compagna di Münzenberg e sua biografa, scrive che quest'ultimo, pur considerando la partecipazione comunista al plebiscito «una follia», dopo un iniziale rifiuto di farne la propaganda sui suoi giornali si adeguò alla linea perché «un ordine del partito era un ordine del partito!» (''Parteibefehl war Parteibefehl!''). Cfr. {{cita|Gross 1967|pp. 228-229}}.</ref>.
 
La propaganda per l'astensione dal plebiscito adoperò anche l'argomento per cui la consultazione sarebbe stata inutile, poiché in caso di successo la procedura per lo scioglimento del Landtag non avrebbe potuto concludersi prima di dicembre, risolvendosi in un'anticipazione di pochi mesi della naturale conclusione della legislatura, prevista per la prossima primavera. Gli unici risultati tangibili del successo del plebiscito sarebbero dunque stati l'aggravamento della crisi finanziaria e la perdita della fiducia internazionale verso la Germania. Intervistato dal quotidiano ''Algemeen Handelsblad'' di [[Amsterdam]], l'ex presidente della [[Reichsbank]] [[Hjalmar Schacht]] al contrario attribuì la responsabilità dello stato disastroso della finanza tedesca proprio alla socialdemocrazia, accusata di aumentare enormemente la spesa pubblica senza provvedere alla sua copertura se non attraverso un'insostenibile pressione fiscale. Schacht si pronunciò quindi in favore del plebiscito, considerandolo «una necessità vitale per la Prussia e per il Reich», al fine di favorire l'avvento di un governo nazionale finanziariamente parsimonioso che avrebbe rapidamente riacquistato la fiducia internazionale<ref>{{cita news|autore=G. P.|url=http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,9/articleid,1149_01_1931_0189_0009_24893615/|titolo=Viva attesa in Germania per i risultati del plebiscito prussiano|La Stampa|data=9 agosto 1931|p=9}}</ref>.
 
Il corrispondente del ''[[Corriere della Sera]]'' a Berlino scrisse che l'accanimento con cui da entrambe le parti era stata condotta la campagna propagandistica non si era manifestato «neppure in occasione delle ultime elezioni al Reichstag», e che l'attesa per il risultato del voto era «in Germania e fuori addirittura spasmodico», poiché si «sent[iva] che il significato del voto [anda]va ben al di là dei confini della Prussia e supera[va] l'importanza delle sorti di un Governo»<ref name="CS 8-9">{{cita news|||Il plebiscito d'oggi in Prussia|Corriere della Sera|9 agosto 1931|p=7}}</ref>.
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segua la parola d'ordine:<br/>
tenevi lontani dal plebiscito!<br/>
non prendete parte al plebiscito!<ref>{{cita news||url=http://fes.imageware.de/fes/web/index.html?open{{=}}VW48365|titolo=Preußens Wähler und Wählerinnen! Kundgebung der Preußischen Regierung|Vorwärts|data=7 agosto 1931|p=1|lingua=de}}</ref>}}
 
[[File:Die Rote Fahne - 7. August 1931.jpg|miniatura|''Die Rote Fahne'' del 7 agosto 1931 ottempera all'obbligo di pubblicare l'appello all'astensione del governo prussiano, facendolo seguire da una protesta per la violata libertà di stampa e attorniandolo da inviti a partecipare al "plebiscito rosso" in testa e in calce alla pagina]]
 
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La decisione del governo prussiano inasprì il confronto politico<ref>{{cita news|||Ipotesi e impressioni sul convegno romano|Corriere della Sera|7 agosto 1931|p=1}}</ref>. I giornali di destra sostenitori del plebiscito commentarono il provvedimento governativo con indignazione. I quotidiani di Berlino ''[[Deutsche Allgemeine Zeitung]]'' e ''Der Tag'' (quest'ultimo parte del gruppo editoriale di Hugenberg) invitarono a rispondere al comunicato con la massima affluenza alle urne. Il primo si scagliò in particolare contro i ministri del Centro e ne chiese le dimissioni, giudicando «un caso unico nella politica tedesca che il Centro osi insultare così il partito popolare, i conservatori agrari, i cristiano-conservatori, gli agrari, i cristiano-sociali, il partito dell'economia». L'articolo del giornale berlinese continuava: «È superfluo confutare il manifesto che è documento di debolezza e di paura. La semplice imposizione della pubblicazione basta a dimostrare chi veramente minacci i principi della democrazia. Specialmente certi partiti costituzionali debbono protestare contro la confusione fatta tra loro e il radicalismo». Il quotidiano economico-finanziario ''Börsen-Zeitung'' criticò in particolare il passaggio del manifesto relativo all'alleanza dei partiti di destra con i comunisti, sostenendo che «i migliori alleati del bolscevismo sono stati praticamente sempre certi socialdemocratici e certa stampa borghese, che improvvisamente spreca tanto inchiostro contro il "referendum"»<ref name="RS 1801"/>. Osservatori liberali come [[Theodor Wolff]], caporedattore del ''[[Berliner Tageblatt]]'' di [[Hans Lachmann-Mosse]], temettero che una tale violazione della libertà di stampa avrebbe favorito i sostenitori del plebiscito<ref name="Fulda 179"/>.
 
Ricevuti numerosi telegrammi di protesta verso il provvedimento del governo prussiano, il presidente Hindenburg promise di rivedere il decreto del 17 luglio<ref>{{cita news|autore=G. P.|url=http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,7/articleid,1149_01_1931_0188_0007_24893554/|titolo=Il plebiscito prussiano|La Stampa|data=8 agosto 1931|p=7}}</ref>. L'intervento presidenziale fu interpretato come un attacco al governo prussiano<ref>{{cita news||url=https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k820521q/f3|titolo=Le maréchal Hindenburg désavoue le cabinet prussien|Le Populaire|data=8 agosto 1931|p=3|lingua=fr}}</ref>. Inoltre, avendo alcuni giornali di sinistra riportato che Hindenburg non avrebbe votato, la presidenza emise un ulteriore comunicato precisando che l'astensione del presidente non rappresentava una presa di posizione sul plebiscito, ma una conseguenza della sua estraneità ai conflitti tra partiti. Interpellato circa il mancato intervento del governo del Reich per impedire l'azione del governo prussiano, il ministro dell'interno del Reich [[Joseph Wirth]] affermò di non esserne stato informato<ref>{{cita news|||titolo=La soddisfazione di Brüning per l'accoglienza italiana|pubblicazione=Corriere della Sera|data=8 agosto 1931|p=1}}</ref>.
 
== Esito della votazione e reazioni ==
Il plebiscito del 9 agosto 1931 fallì. Per il raggiungimento del quorum era necessaria la partecipazione di almeno il 50% degli elettori (13,29 milioni di voti), ma l'affluenza non superò il 39,21% (10,42 milioni di voti). Lo scioglimento del Landtag raccolse il consenso del 36,83% degli elettori (9,79 milioni di voti, corrispondenti al 93,93% dei voti espressi)<ref>{{cita web|url=http://www.gonschior.de/weimar/Preussen/Volksentscheide.html|titolo=Der Freistaat Preußen Plebiszite|accesso=23 luglio 2020|lingua=de}}</ref>. La stampa democratica commentò entusiasticamente il risultato della votazione, presentandolo come un successo del governo Braun<ref name="SS 10-8-1931">{{cita news||url=http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,1/articleid,1628_02_1931_0189_0001_22374790/|titolo=Braun il "vincitore del 9 agosto"|La Stampa della Sera|data=10 agosto 1931|p=1}}</ref>. I giornali della famiglia Ullstein definirono il risultato una «vittoria della ragione» e misero in risalto che i partiti estremisti avevano perso un quarto dei loro voti rispetto alle elezioni federali del 1930<ref name="Fulda 179"/>.
 
La natura composita delle forze a sostegno del plebiscito era stata una delle ragioni del suo insuccesso. Dopo che per mesi la stampa aveva dato ampio risalto alla violenza politica, di cui ogni schieramento accusava l'altro, tanto i comunisti quanto i partiti di destra non erano riusciti a convincere la totalità dei loro elettori a fare improvvisamente causa comune con gli avversari di sempre. Nelle aree rurali della Prussia, dove la stampa di destra era preponderante e la notizia della partecipazione comunista aveva trovato scarsa diffusione, l'affluenza era stata ampia nonostante l'appello del governo all'astensione, il cui effetto era stato quindi presumibilmente ridotto. A Berlino, dove era stato difficile sottacere le contrapposte rivendicazioni circa il colore del plebiscito, si era registrata invece una delle più alte percentuali di astenuti di tutta la Prussia<ref>{{cita|Fulda 2009|p. 180}}.</ref>.
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Tra i membri del [[Governo Brüning I|governo Brüning]], l'unico a presentarsi alla sezione dei ministri in Jägerstraße era stato il ministro dell'alimentazione e dell'agricoltura [[Martin Schiele]], ex membro del DNVP transitato al più piccolo [[Partito Cristiano-Nazionale dei Contadini e dei Rurali]] (CNBL). Si erano recati al voto anche l'ex principe ereditario [[Guglielmo di Prussia (1882-1951)|Guglielmo]] e altri membri dell'ex famiglia imperiale nell'antica residenza di [[Potsdam]], città che tuttavia non aveva dato particolare prova di sentimenti monarchici e nazionalisti, essendosi presentata alla urne solo la metà degli aventi diritto<ref name="SS 10-8-1931"/><ref name="CS 10-8-1931"/>.
 
Malgrado le esultanze della stampa democratica, «il 9 agosto 1931 non fu una vittoria per la democrazia. Gli oppositori della Repubblica si erano solo temporaneamente bloccati a vicenda»<ref name="Hoppe 217"/>. Come le forze antigovernative non mancarono di evidenziare, il risultato del voto rivelava che la composizione del Landtag non rifletteva più i rapporti di forza effettivamente vigenti, poiché – sottratta alla percentuale dei non partecipanti al plebiscito la percentuale dell'astensione elettorale consuetudinaria, calcolata al 20%, e considerato che in un'elezione la partecipazione degli elettori dei partiti aderenti sarebbe stata ben più ampia&nbsp;– emergeva che la coalizione di governo a guida socialdemocratica non godeva più del sostegno della maggioranza degli elettori prussiani<ref>{{cita news|autore=G. P.|url=http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,1/articleid,1149_01_1931_0190_0001_16996074/|titolo=L'Italia e la Germania lavorano d'accordo per la pace|La Stampa|daa=11 agosto 1931|p=1}}</ref>. In un'ordinaria elezione statale, dove partiti avversari non sarebbero stati costretti ad associarsi, sarebbe emersa una "maggioranza negativa" (''negative Mehrheit''), ossia una situazione in cui la formazione di una maggioranza parlamentare di governo sarebbe stata impossibile, com'era già accaduto alle elezioni federali del settembre 1930 e come sarebbe accaduto alle elezioni statali prussiane dell'aprile 1932<ref>{{cita|Hoppe 2007|pp. 217-218}}.</ref>.
 
== Ripercussioni internazionali ==
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La consultazione prussiana catalizzò dunque l'attenzione della stampa francese, che la ritenne decisiva per la sorte del governo Brüning e un banco di prova dell'affidabilità internazionale della Germania, la cui volontà di pace era già apparsa dubbia a causa dell'agitazione nazionalista degli ultimi mesi<ref>{{cita news|||La Francia e il risveglio tedesco|Corriere della Sera|4 agosto 1931|p=1}}</ref>. Un recente incontro tra il presidente Hindenburg e il capo dei tedesco-nazionali Hugenberg indusse gli ambienti conservatori francesi a sospettare che il vero scopo del plebiscito fosse preparare la campagna per le [[Elezioni presidenziali tedesche del 1932|prossime elezioni presidenziali]]. Si ipotizzava che i nazionalisti tedeschi, dopo aver abbattuto l'ultimo baluardo repubblicano rappresentato dal governo prussiano di Braun, avrebbero candidato alla presidenza del Reich il principe [[Guglielmo di Prussia (1882-1951)|Guglielmo di Prussia]], erede del deposto imperatore [[Guglielmo II di Germania|Guglielmo II]], come primo passo per la restaurazione della monarchia degli [[Casato di Hohenzollern|Hohenzollern]]<ref>{{cita news|||Le destre francesi temono un ritorno degli Hohenzollern|Corriere della Sera|5 agosto 1931|p=1}}</ref>.
 
Nella sinistra francese si criticò la scelta di Brüning di lasciare il Paese per incontrare Mussolini in un momento tanto delicato per le sorti della democrazia tedesca; il cancelliere avrebbe negato il suo appoggio ufficiale al plebiscito solo per ragioni di politica estera, ma «la visita al capo del fascismo internazionale» fu giudicata «un appoggio indiretto al fascismo tedesco»<ref name="OR 8-8">{{cita news|autore=Oreste Rosenfeld|url=https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k820521q/f3|titolo=Le nationalisme a l'assaut de la République|Le Populaire|data=8 agosto 1931|p=3|lingua=fr}}</ref>.
 
In Polonia, il quotidiano ''Kurier Poranny'' dell'8 agosto considerò il fatto che Brüning fosse accompagnato nel viaggio a Roma da Curtius, definito «plebiscitario» in quanto appartenente al DVP (nonostante Curtius avesse preso pubblicamente le distanze dall'adesione del suo partito al plebiscito), una prova che la consultazione popolare prussiana fosse una messa in scena. Il governo tedesco avrebbe orchestrato il plebiscito al fine di spingere i governi europei a concessioni verso la Germania, agitando il pericolo di una presa del potere da parte dei nazionalisti ostili alla Repubblica. Viceversa, sarebbe stata «nell'interesse della [[Seconda Repubblica di Polonia|Polonia]] la riuscita del plebiscito perché l'Europa po[tesse] vedere la Germania senza la maschera repubblicana»<ref>{{cita|RSSE|p. 1803}}.</ref>.
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{{citazione|[non] mancarono occasioni perché la coincidenza delle formule politiche li conducesse a fraternizzare in comuni azioni pratiche. Questo avvenne nel plebiscito contro il governo socialdemocratico di Prussia, che fu, in origine, un'iniziativa nazionalsocialista e che i comunisti tedeschi dapprima avversarono e qualificarono come demagogica, e poi, per ordine di Mosca, sostennero, giustificando quel modo di procedere col principio che, per arrivare a battere il fascismo, bisognasse anzitutto passare sul cadavere putrefatto della democrazia. In quell'occasione fu dato di vedere gruppi comunisti costituire, assieme a [[Sturmabteilung|S.A.]], dei bene affiatati "cori parlati", che nei cortili delle grandi case operaie e per strada invitavano gli elettori a votare contro il governo socialdemocratico. Una nuova occasione per fraternizzare comunisti e nazisti ebbero a Berlino nel 1932, durante il [[Sciopero dei trasporti di Berlino del 1932|grande sciopero dei trasporti]] cui parteciparono attivamente nazionalsocialisti e comunisti. Dopo quegli episodi i S.A. ebbero libera circolazione nei quartieri proletari e sembrò colmato l'abisso che nei primi tempi aveva separato, come due forze inconciliabili, il proletariato e il nazionalsocialismo<ref>{{cita|Silone 1998|p. 1173}}.</ref>.}}
 
[[File:Victor serge.jpg|[[Victor Serge]], scrittore sovietico in esilio|miniatura|verticale]]
 
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* {{cita libro|Bert|Hoppe|wkautore=Bert Hoppe|In Stalins Gefolgschaft. Moskau und die KPD. 1928–1933|2007|Oldenbourg|München|lingua=de|doi=10.1524/9783486711738|ISBN=978-3-486-58255-0|cid=Hoppe 2007}}
* {{cita libro|Karl-Egon|Lönne|Il fascismo come provocazione. «Rote Fahne» e «Vorwärts» a confronto con il fascismo italiano tra il 1920 e il 1933|altri=traduzione dal tedesco di Maria Noemi Plastino|1985|annooriginale=1981|Guida|Napoli|ISBN=88-7042-880-X|cid=Lönne 1985}}
* {{cita libro|1nome=George L.|2cognome=Mosse|wkautore=George Mosse|4titolo=Il razzismo in Europa. Dalle origini all'Olocausto|titolooriginale=Toward the Final Solution. A History of European Racism|traduttore=Livia De Felice|url=http://www.progettofahrenheit.it/doc/mazzanti/George_L._Mosse_il_razzismo_in_europa_1.pdf|8anno=1986|annooriginale=1978|10editore=Laterza|11città=Roma-Bari|ISBN=88-420-2596-8|cid=Mosse 1986|titolo=Copia archiviata|accesso=30 maggio 2020|dataarchivio=24 luglio 2022|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20220724131307/http://www.progettofahrenheit.it/doc/mazzanti/George_L._Mosse_il_razzismo_in_europa_1.pdf|urlmorto=sì}} (Edizione elettronica a cura di ''progettofahrenheit.it'')
* {{cita pubblicazione|autore=Claudio Natoli|url=http://www.reteparri.it/wp-content/uploads/ic/RAV0053532_1980_138-141_11.pdf|titolo=Fascismo e crisi del capitalismo nell'analisi dell'Internazionale comunista 1921-1939|rivista=Italia contemporanea|numero=139|data=giugno 1980|pp=19-50|cid=Natoli 1980}}
* {{cita libro|Robert|Paris|capitolo=La tattica «classe contro classe»|Problemi di storia dell'Internazionale Comunista (1919-1939). Relazioni tenute al Seminario di studi organizzato dalla Fondazione Luigi Einaudi (Torino, aprile 1972)|altri=a cura di Aldo Agosti|1974|Fondazione Luigi Einaudi|Torino|url_capitolourlcapitolo=https://www.byterfly.eu/islandora/object/librib:219747#page/152|pp=151-192|cid=Paris 1974}}
* {{cita libro|William L.|Patch, Jr.|Heinrich Brüning and the Dissolution of the Weimar Republic|2006|annooriginale=1998|Cambridge University Press|Cambridge|lingua=en|ISBN=0-521-02541-9|cid=Patch 2006}}
* {{cita libro|Wilhelm|Ribhegge|Preußen im Westen. Kampf um den Parlamentarismus in Rheinland und Westfalen 1789–1947|2008|Aschendorff|Münster|lingua=de|ISBN=3-402-05489-2|cid=Ribhegge 2008}}