Fatti di Carbonare: differenze tra le versioni

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Una targa recitante: "al Maestro Primo Carbonari che con coraggioso altruismo nel tragico 28 aprile 1945 riuscì ad arginare la rappresaglia tedesca", è stata apposta dal Comune di Folgaria in onore di Primo Carbonari.
 
== Documenti rilevanti ==
 
=== Testimonianze di Primo Carbonari alla Commissione Patrioti ===
Qui di seguito, viene riportata la testimonianza scritta di proprio pugno da parte di Primo Carbonari, su richiesta da parte della Commissione Patrioti nel primo dopoguerra per chiarire come si siano svolti i fatti. La documentazione è custodita dall'archivio gestito dal Museo Storico di Trento.
 
"Il 28 aprile 1945 una colonna motorizzata di oltre 1500 paracadutisti tedeschi, molestata dal fuoco di alcuni partigiani, iniziò il rastrellamento del paese. Quattro persone inermi furono uccise e 250 altre, comprese donne e bambini, furono ammassate contro il muro
della chiesa, sotto le mitragliatrici, e dovevano essere decimate e il paese incendiato. Riuscii, dopo quattro vani tentativi, a vincere l’irritazione dei comandanti e ad ispirare loro un minimo di fiducia. Ottenni che prima le donne e i bambini, poi alcuni ammalati e infine anche gli uomini e i ragazzi venissero tutti rilasciati, dopo una lunga attesa di otto ore, fra continue minacce. Il paese fu risparmiato.
Ho salvato da morte sicura sette partigiani. Tutte le persone rastrellate venivano presentate dai soldati ai comandanti che mi imposero, pena la vita, di dare indicazioni esatte su ciascuna e di segnalare specificatamente tutti i partigiani e le persone sospette o estranee al nostro ambiente. Nonostante le continue, ripetute minacce e ammonizioni, mi assunsi la responsabilità di dichiarare come persone a me favorevolmente note e inoffensive anche coloro che conoscevo benissimo per essere patrioti attivi…
Nei successivi otto giorni in cui il paese rimase esposto ai saccheggi delle truppe in ritirata, ho fatto uno sforzo per alleviare le sorti della popolazione e rincuorare i più colpiti dalla sventura e dalla perdita di averi, tanto da essere elogiato dai comandanti tedeschi e
da essere chiamato dalla fiducia dei compaesani alla carica di delegato comunale… "
 
=== Trascrizione del testo del Registro dei Morti Della Parrocchia di Carbonare delle pagine 66-70 ===
[[File:Carbonare MORTI 1904-1985 (0).jpg|sinistra|miniatura|Registro Dei Morti della Parrocchia di Carbonare, pag 66-70]]
 
''pag 66''
 
Ricordo dei morti:
 
'''Dalprà Mentore''' fu Beniamino residente a Beseno qui sfollato fu ammazzato da 2 tedeschi sotto gli occhi della gente messa al muro davanti alle mitraglie; un istante prima domandava e riceveva dal sacerdote l’assoluzione in extremis.
 
'''Carbonari Carlo''' furono Giosuè e Carbonari Giuditta di anni 48 (n. 3.3.1897), assassinato in casa e poi trascinato sulla scala d’entrata.
 
'''Pergher Frida''' moglie di Agostino figlia di Carbonari Basilio e Carbonari Leonilla n. 29.4.1918 volendo entrare in casa per raccogliere i 3 bambini (da 5 ai 1 e mezzo anni) fu trucidata sulla via.
 
'''Habels Hubert''' di Huber da Dùsseldorf celibe appartenente al distaccamento tedesco di Lavarone colto qui in abito borghese fu fucilato qui sulla piazza della chiesa; essendo cattolico fu accomunato all’esequie religiose, benché il colonnello che lo condannò avesse lasciato l’ordine di seppellirlo come un cane!
 
''pag. 67.''
 
L’armata tedesca in Italia sconfitta già nella linea Ravenna – Bologna passò in minima parte il Po’ e l’Adige sempre martellata inesorabilmente.
 
A guisa la via Verona, quella del Garda e del Tonale, per la presa tempestiva di Verona, Riva e Brescia, unica via di scampo restò la Val d’Astico.
 
Il giorno 28 ((era sabato)) ad ore 13 entrava in Carbonare dall’Elbele una forte colonna (1/2 divisione) di paracadutisti in formazione di battaglia; si dice che qualche colpo di arma da fuoco fosse stato diretto contro di loro. Il fatto è che dalla piazza incominciarono una sparatoria infernale con un canoncino da mm48 e con mitraglie pesanti, sparatoria che durò almeno 1 ora; la gente terrorizzata si era rifugiata negli avvolti; cessata la sparatoria dei soldati inferociti peggio delle belve si precipitarono nelle case dei Zobeli e Girardi e costrinsero la gente in piazza davanti alle mitragliatrici e circondati da forte cordone di soldati – pianto di innocenti di madri, terrore di tutti; si recitò l’atto di dolore si dette l’assoluzione a singoli gruppi a singole persone.
 
Carlo Carbonari fu ammazzato in casa; Pergher Frida di anni 27 domandò la grazia di entrare in casa a prendere i 3 bambini e la risposta furono 2 colpi di fucile.
 
Alle 3 e mezzo circa le donne furono rilasciate, gli uomini chiusi in chiesa fino alle 7 e tre quarti con la continua minaccia:
 
al primo attentato contro di noi sarete tutti fucilati!
 
minaccia che fu ripetuta giornalmente fino a giovedì ((3 maggio)) a mezzogiorno. La popolazione fuggì ancora la sera ricoverandosi parti ai [[Cueli-Liberi|Cueli]] parti ai Virti. Passarono circa 30000 soldati saccheggiando e rovinando le case non ben custodite.
 
Solo sabato 5–V si poté fare i funerali delle vittime con la partecipazione devota del popolo anche dei luoghi vicini.
 
''Pag.68.''
 
Il sacerdote del paese assieme a don Giacinto Carbonari mentre volevano uscire di canonica affinché il pianto del popolo dei Girardi che veniva spinto in piazza furono a calci e schiaffi spinti al muro; fracassando porte e mobili rovistarono tutta la casa. Quando il sacerdote verso le 8 poté rientrare in canonica trovò che s’era fatto scempio di tutto. Raccolse atti e registri nell’armadio e seguì il gruppo più terrorizzato al maso Cueli. Il giorno seguente, 29, a mezzogiorno ritornò a prendere i vasi sacri le reliquie; il lunedì 30 accompagnato da alcuni devoti consumò le sacre specie e mise in salvo l’ostensorio e la pisside rimasta.
 
La canonica veniva sistematicamente saccheggiata; con la generosa prestazione di due ragazze dei Cueli, la sorella del curato poté mettere in salvo un po’ di indumenti personali.
 
Oggetti di qualche valore, coperte lenzuola, cuscini, materassi, scorte di viveri, vino, tutto asportato. Utensili, attrezzi di cucina, servizio di mensa, dalle tovaglie alle posate… il curato per diversi giorni fu ospite alla mensa dei meno spogliati.
 
Per venir incontro ai bisogni più impellenti il decano e don Luigi Moreno curato di Serrada fecero una colletta che fruttò circa 700 kg di viveri vestiario usato ma usufruibile e 13.000 £; il comitato di liberazione diede £ 15.000; 13.000 £ la popolazione di Lavarone unitamente ad indumenti usati. La magnifica comunità di Folgaria mise a disposizione gli stracci raccolti per esser macinati e destinati a indumenti militari.
 
La sezione alimentare della provincia assegnò, a pagamento, dietro insistente preghiera del curato 12 q di farina gialla, 1 q di lardo, 2 q di marmellata.
 
Dolorosa la spilorcia grettezza del comune che pure sperpera i milioni!
 
''Pag. 69.''
 
Precedenti:
 
Radiocomunicazioni da Londra invitavano presso le formazioni partigiane di far esercitare attività impediente ai tedeschi, di fare opera di distruzione o di saccheggio, ma di non ostacolare la ritirata. Ciò nonostante già la notte del 23-4 fu danneggiata con mine la strada della Fricca da parte di gruppi p. provenienti da Valdastico (…) La polizia tedesca costrinse gli uomini validi di qui a lavorare alla riparazione. Il 27 mattina una mina danneggiò lievemente il primo ponte e frantumò i vetri dell’abitato (la canonica ebbe 4 /5 vetri spezzati). Nel pomeriggio del 27 s’aggiravano qui elementi improvvisati partigiani per preparare un colpo onde impadronirsi dei carri officina che dovevano transitare.
 
A Folgaria ci fu il tentato saccheggio della caserma di polizia con 2 vittime (Cabia N. avvocato di Rovereto e Leitempergher Ettore). Un gruppo di partigiani chiamo all’albergo centrale 3 tedeschi fermatisi per la rottura del carro con carico di motori. Il curato dalla canonica udì che si voleva uccidere i 3 prigionieri, discese in piazza, ricordò il diritto inviolabile alla vita dei prigionieri arresisi, fu ascoltato, i catturati furono inviati senza scorta per la Fricca; naturalmente appena fuori di vista fecero ritorno a Lavarone dove avvisarono la polizia. Verso le 8 sera una autoblinda che ritornava da Trento fu fatto segno di alcuni tiri da parte di irresponsabili presso il maso Carbonare – Alla reazione violenta i partigiani ( ) poterono salvarsi.
 
Ai primi spari di reazione un capo cap. “Pigalotta” (forse Pigafetta) si rifugiò in canonica febbricitante, chiedendo e avendo un conforto e un’aspirina. Lo si vide il giorno seguente all’inizio della tragedia. Da notarsi che fra il popolo messo al muro v’erano pure estranei, ma nessuno fiatò benché bastasse 1 sola denunzia per aver salva la vita e gli averi.
 
La popolazione deplora aspramente la grave imprudenza di ostacolare la ritirata in mezzo all’abitato, tanto più che correvano voci non infondate che lo scopo era il saccheggio… e il prezzo ne fu il sangue dell'innocenti!
 
La sera del 27 in previsione di un pericolo il curato esortò la sorella ad allontanarsi dal luogo – non volle.
 
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In piazza davanti alle mitragliatrici, si aspettava, quasi si desiderava il segnale del fuoco, tutti in preghiera; un capitano chiama da parte il curato e lo rimprovera: Come a voi preme la vita così a noi.
 
Il curato osserva che conoscendo bene il popolo di Carbonare può assicurare e se ne rende garante con la sua vita, che se la ritirata fu ostacolata in Carbonare non lo fu da parte di gente del luogo, ma di estranei, ai quali ben armati non poteva opporsi una popolazione inerme! Allora indicateli questi estranei! Da ieri sera non se visto più nessuno! Valse la conferma di un soldato tedesco di posto in Lavarone, e forse il rapporto della gendarmeria che per quasi 2 anni aveva notato la quiete del luogo, e fu sospesa la sentenza.
 
Cadeva la neve con pioggia e il curato chiese e ottenne che gli uomini potessero entrare in chiesa; alle donne e ai due sacerdoti fu data licenza di rientrare nelle case. Il curato restò volontariamente fra gli ostaggi in chiesa.
 
Finalmente verso le 8 le sentinelle che stavano alla porta portavano l’ordine del capitano che si esca liberi!
 
Nel tempo che si era in chiesa, a pericolo scongiurato, Carbonari Primo parlamentò con un capitano, portò argomenti in favore della popolazione, facendosi forte della sua posizione di ex ufficiale austriaco.
 
Molti particolari pure interessanti si omettono per carità di patria e del prossimo!
 
== Voci correlate ==