Regno delle Due Sicilie: differenze tra le versioni

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Sino al Congresso di Vienna, il Regno di Sicilia, rappresentato dal [[Parlamento siciliano]], aveva mantenuto una propria formale indipendenza, nonostante l'unione personale (ovvero unico re per due regni) con il Regno di Napoli.
L'atto di unificazione venne visto dalla classe politica e nobiliare siciliana come un affronto verso quello che ininterrottamente, e da circa 600 anni, era stato un regno indipendente a tutti gli effetti.<ref name="Salvatore Bottari 2002">Salvatore Bottari, Rosario Romeo e il Risorgimento in Sicilia: bilancio storico e prospettive di ricerca, Rubbettino 2002, pag. 59</ref> Quasi immediatamente ebbe inizio una campagna anti-borbonica, accompagnata da una propaganda dell'identità siciliana, soprattutto per azione delle élite aristocratiche di Palermo. I borboni ingannarono i siciliani promettendo libertà e autonomia rispetto al governo di Napoli. Contemporaneamente divisero la Sicilia in piu province allo scopo di controllarla meglio e frazionare la sua unità. Portarono in Sicilia truppe oppressive e soppressero la libertà di stampa.<ref>{{Cita web|url=https://archive.org/details/storia-della-sicilia-cap-iv-luigi-tomeucci|titolo=Storia Della Sicilia, Cap IV Luigi Tomeucci}}</ref> ConseguentementeAnche la capitale del nuovo regno fu spostata da Palermo a Napoli, mentre il principe Francesco diventava Luogotenente generale di Sicilia. Come privilegi furono mantenuti per i siciliani il [[Porto franco (economia)|porto franco]] a Messina, l'esclusione dalla leva militare, la non applicazione dalle tasse sul sale e la libera coltivazione del tabacco. Nel governo fu istituito dal 1820 un Ministero per gli Affari di Sicilia.
 
La restaurazione, {{citazione necessaria|benché condotta in maniera riformistica}} e con un approccio opposto rispetto al 1799, in ultima analisi non riuscì a colmare il distacco fra la monarchia borbonica ed i ceti più progrediti apertosi nel 1799, anzi, finì per estenderlo anche alla classe dirigente siciliana. Questa situazione contribuì a creare un terreno fertile al diffondersi di società segrete, che reclutavano adepti in larghi strati della borghesia del reame. Tra le più importanti società segrete del tempo vi era la [[Carboneria]], i cui adepti erano uniti da un comune desiderio di rinnovamento che si esprimeva principalmente nella richiesta di una costituzione. Vicini alla Carboneria erano anche gli elementi [[murattiani]], che con la politica riconciliatrice del Medici avevano rioccupato molte posizioni all'interno dell'amministrazione statale e delle Forze Armate.<ref>Gabriele De Rosa, Storia contemporanea, Minerva Italica</ref>
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Il governo napoletano in un primo momento inviò il 30 agosto in Sicilia il generale [[Florestano Pepe]], che, con l'accordo di Termini Imerese del 22 settembre, concesse ai siciliani la possibilità di eleggere una propria [[parlamento siciliano|assemblea di deputati]], accordo che non fu ratificato dal neoeletto parlamento di Napoli<ref>{{Cita web |url=https://books.google.it/books?id=NuVkAwAAQBAJ&pg=PA45&lpg=PA45&dq=Florestano+Pepe,+che,+con+l%27accordo+di+Termini+Imerese,&source=bl&ots=eKaNdodIlP&sig=PmTG5c_aN40KuO3KNUKvntpWwLo&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjghqKWmojKAhUEPxQKHeKMAYQQ6AEIHTAB#v=onepage&q=Florestano%20Pepe%2C%20che%2C%20con%20l'accordo%20di%20Termini%20Imerese%2C&f=false |titolo=Antonio Maria Orecchia, ''La difficile unità'', 2012, pagina 45 |accesso=1 gennaio 2016 |dataarchivio=11 aprile 2016 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160411042331/https://books.google.it/books?id=NuVkAwAAQBAJ&pg=PA45&lpg=PA45&dq=Florestano+Pepe%2C+che%2C+con+l%27accordo+di+Termini+Imerese%2C&source=bl&ots=eKaNdodIlP&sig=PmTG5c_aN40KuO3KNUKvntpWwLo&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjghqKWmojKAhUEPxQKHeKMAYQQ6AEIHTAB#v=onepage&q=Florestano%20Pepe%2C%20che%2C%20con%20l'accordo%20di%20Termini%20Imerese%2C&f=false |urlmorto=no }}</ref>.
 
Tuttavia la borghesia dell'isola vide in questo gesto il tradimento delle proprie aspirazioni indipendentistiche, il che costrinse il governo napoletano ad inviare il 14 ottobre nell'isola il generale [[Pietro Colletta]], con l'ordine di imporre con la forza ai siciliani la volontà unitaria del governo centrale. La mancata coordinazione delle forze delle varie città siciliane portò all'indebolimento del governo provvisorio (Messina e Catania osteggiarono la rivendicazione di Palermo a voler governare l'Isola), che ben presto cadde sotto i colpi della repressione borbonica<ref name="Salvatore Bottari 2002"/>. Il 22 novembre così la Sicilia tornò sotto il controllo del governo costituzionale di Napoli. Per questa concorde volontà dei siciliani di riacquistare le libertà perdute e sottrarsi ad un governo poliziesco, la Sicilia rappresentò dal 1816 al 1860 il punto più vulnerabile del regno.<ref>{{Cita web|url=https://archive.org/details/storia-della-sicilia-cap-iv-luigi-tomeucci|titolo=Storia Della Sicilia, Cap IV Luigi Tomeucci}}</ref>
 
Le novità introdotte nel Regno Due Sicilie con i moti del [[1820]] non furono però gradite dai governi delle grandi potenze europee, specie dall'Austria di [[Klemens von Metternich|Metternich]] che, dopo il [[congresso di Troppau]] del 27 ottobre 1820, convocò Ferdinando I a [[Congresso di Lubiana|Lubiana]] perché chiarisse il suo atteggiamento riguardo alla costituzione che aveva concesso. {{Senza fonte|Alla partenza del re si oppose, tra gli altri, il principe ereditario Francesco}}. Metternich, preoccupato delle conseguenze che il moto napoletano avrebbe potuto suscitare negli altri stati italiani, organizzò col favore di Ferdinando un intervento armato austriaco con lo scopo di sopprimere il governo costituzionale napoletano, nonostante i pareri discordi di altre potenze europee.