Nuclei Armati Rivoluzionari: differenze tra le versioni

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|Ideologia = *[[Neofascismo]]
*[[Nazionalismo rivoluzionario]]
*{{senza fonte|[[AnticomunismoAntiamericanismo]]}}
|Alleanze = [[Banda della Magliana]]
|Fondatori = [[Valerio Fioravanti]]<br />[[Cristiano Fioravanti]]<br />[[Francesca Mambro]]<br />[[Dario Pedretti]]<br />[[Alessandro Alibrandi]]
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== Il contesto: gli anni di piombo ==
Il gruppo dei NAR nasce nel contesto ampio degli [[anni di piombo]], una delle stagioni politiche e sociali più drammatiche della storia repubblicana della [[penisolaPenisola italiana]], quella che ripropose le contraddizioni ed i contrasti già vissuti con i movimenti di contestazione del [[Il Sessantotto|Sessantottosessantotto]] e che poi «divampò nella generalizzazione quotidiana di un conflitto politico e culturale che si ramificò in tutti i luoghi del sociale, esemplificando lo scontro che percorse tutti gli anni Settanta, uno scontro duro, forse il più duro, tra le classi e dentro la classe, che si sia mai verificato dall'unità d'Italia. Quarantamila denunciati, quindicimila arrestati, quattromila condannati a migliaia di anni di galera, e poi morti e feriti, a centinaia, da entrambe le parti.»<ref>''L'orda d'oro'' - Primo Moroni e Nanni Balestrini [http://books.google.it/books?id=wNMxd0JxxUkC&printsec=frontcover&hl=it#v=onepage&q=esemplificando&f=false], pp.451</ref>
 
Una situazione di rivolta generazionale che vide contrapposte le due fazioni politiche radicali di [[estrema destra]] e di [[estrema sinistra]] e che mai, come in quegli anni, finì per dividere migliaia di giovani che si diedero battaglia senza esclusione di colpi, trascinando la Penisola italiana quasi alle soglie di una guerra civile ideologica e creando fatalmente i presupposti per l'insorgenza del terrorismo di matrice politica.
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== Gli inizi: la nascita del gruppo ==
{{Citazione|Lei mi chiede che cosa sono i NARNar, se esiste una organizzazione dietro questa sigla. Rispondo: Nar è una sigla dietro la quale non esiste un'organizzazione unica, con organi dirigenti, con dei capi, con delle riunioni periodiche, con dei programmi. Non esiste un'organizzazione Nar simile alle [[Brigate Rosse]] odo a [[Prima Linea (organizzazione)|Prima Linea]]. Non esiste neppure un livello minimo di organizzazione. Ogni gruppo fascista armato che si formi anche occasionalmente per una sola azione può usare la sigla Nar. D'altra parte non esisterebbe modo per impedirlo|Interrogatorio di Valerio Fioravanti del 19 febbraio 1981<ref>{{cita|Bianconi, 2007|p. 44}}.</ref>}}
[[File:Alessandro Alibrandi.png|thumb|[[Alessandro Alibrandi]]]]
 
Il primo gruppo dei NAR si forma a [[Roma]], nel quadro del [[movimento del Settantasette]], da un proposito di alcuni militanti neofascisti gravitanti attorno alla sede romana del [[FUAN-Caravella|FUAN]] di via Siena, al quartiere [[Nomentano]] dove, verso la fine del 1978, con il massiccio ingresso di militanti missini provenienti dalla sezione del [[Movimento Sociale Italiano]] [[Gianicolense#Monteverde|Eur-Monteverde]] (come i fratelli Fioravanti, Francesca Mambro, Dario Pedretti, Alessandro Alibrandi, Luigi Aronica e molti altri), si comincia a mettere in discussione l'immobilismo del partito e la concreta possibilità di intraprendere un percorso di lotta armata, soprattutto attraverso una serie di azioni brillantemente eseguite e ideologicamente ben motivate e capaci di destabilizzare la struttura portante dello Stato, riprendendo la lezione dei ben più organizzati gruppi eversivi della sinistra extraparlamentare.
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La confluenza nel FUAN romano del gruppo di militanti capeggiato da Valerio Fioravanti, proprio in coincidenza con un fermento giovanile diffusosi anche nelle file della destra, diede quindi vita ad un nuovo soggetto eversivo/movimentista ed ideologicamente più motivato, il cui nucleo originario comprendeva: Valerio Fioravanti, suo fratello minore Cristiano Fioravanti, Francesca Mambro, [[Franco Anselmi (terrorista)|Franco Anselmi]] ed Alessandro Alibrandi.
 
[[File:Franco Anselmi NAR.png|thumb|left|[[Franco Anselmi (terrorista)|Franco Anselmi]]]]
 
Per volere dei suoi stessi componenti, però, sia dalla sua nascita che durante gli anni successivi, i NAR non ebbero mai una struttura ben definita e un'organizzazione stabile e gerarchicamente rigida, ma furono, piuttosto, una sorta di sigla ''aperta'' messa a disposizione dello spontaneismo armato, un movimento identitario nel quale transitarono, nel corso del tempo, diversi militanti provenienti dalla galassia dell'estrema destra fascista, tanto che la sentenza del processo a carico dell'organizzazione del 2 maggio 1985 emanò condanne per ben cinquantatré imputati.
 
{{Citazione|La sigla Nuclei Armati Rivoluzionari, sottende una realtà di non facile comprensione e si inserisce in un orizzonte volutamente mutabile e in movimento. Tale sigla infatti venne dapprincipio utilizzata dal gruppo formato dai fratelli Fioravanti, Alessandro Alibrandi e Franco Anselmi che si era andato strutturando in un processo di aggregazione per gruppi operanti nei quartieri e attivi in pestaggi e scontri fisici con oppositori politici, ma che già dal suo nascere non intendeva caratterizzarsi come una specifica formazione politica, quanto piuttosto mettere a disposizione di tutta l'area della destra una sorta di parola d'ordine con cui attestare, attraverso i fatti, la condivisione del progetto complessivo. Come si vede l'idea coincide con le quasi contemporanee prese di posizione di Costruiamo l'azione, e la convinzione radicata in Fioravanti e negli altri a lui vicini della superfluità delle parole e della forza rivoluzionaria dell'esempio. Valerio Fioravanti spiegherà il significato della sigla in questi termini: "la sigla N.A.R. è stata usata da molti anni, inizialmente per semplici attentati di danneggiamento, e stava ad indicare soltanto la matrice fascista. Tale sigla peraltro non si riferisce ad una organizzazione stabile e strutturata; bensì soltanto alla matrice degli attentati. Se vi era il rischio che persone estranee o anche persone della destra facessero azioni sbagliate e controproducenti, esso era compensato dal vantaggio che tale organizzazione sembrasse realmente esistente e attiva per più lunghi periodi di tempo". Tale elasticità è indicativa di un atteggiamento del gruppo N.A.R che rimane tuttavia sufficientemente individuabile come tale per la stabilità della sua formazione, dell'armamento e la consequenzialità dei comportamenti tenuti ed anzi finisce per essere un modo caratteristico di essere della formazione invece che la negazione della sua esistenza come struttura.|Relazione della Commissione Stragi<ref>{{Cita web|url=http://www.stragi.it/index.php?pagina=vicenda&par=sigle|titolo=Relazione della Commissione Stragi}}</ref>}}
[[File:Luigi Ciavardini.png|thumb|[[Luigi Ciavardini]]]]
 
Fatta quindi eccezione per quel ristretto nucleo fondativo, gli altri componenti del gruppo sono individuabili in tutta una serie di fiancheggiatori che, con più o meno continuità, parteciparono alle azioni dell'organizzazione. Tra quelli più attivi ci furono sicuramente Gilberto Cavallini, subentrato subito a ridosso delle prime azioni e poi rimasto nei NAR fino alla fine della loro storia; Luigi Ciavardini, entrato giovanissimo nel gruppo rimarrà poi coinvolto nel processo più drammatico della storia dei NAR, quello cioè per la [[Strage di Bologna|strageStrage alla stazioneStazione di Bologna]] del 2 agosto 1980; Massimo Carminati, personaggio diviso fra la malavita comune e l'eversione di destra e, per questo, figura chiave e tramite tra i NAR e la malavita organizzata romana della [[bandaBanda della Magliana]]; Giorgio Vale, proveniente dal movimento neofascista di [[Terza Posizione]] e che per diverso tempo si divise nella militanza in entrambi i gruppi.
 
== Il pensiero: i terroristi di destra ==
{{Citazione|Io non sono mai stato fascista. Sono stato ''anti-antifascista'', che è una cosa molto diversa. L'ho detto anche ai giudici: cercate una fotografia, una sola, in cui mi si veda fare il saluto fascista. Non ce ne sono|Valerio Fioravanti da ''Storia Nera'' di [[Andrea Colombo (giornalista)|Andrea Colombo]]<ref name=autogenerato1>{{cita|Colombo, 2007|p. 31}}.</ref>}}
 
La peculiarità della storia dei NAR, soprattutto del suo nucleo fondativo, rispetto a tutte le altre formazioni eversive e terroristiche degli [[anni settanta]]Settanta, fu quella di essere un gruppo molto più politico di altri, ma che la politica intese farla in maniera anarcoide, distruttiva ede autodistruttiva, singolarità che li rese un fenomeno assolutamente atipico nella vasta galassia del [[terrorismo italiano]]. Contrariamente al resto dei movimenti dell'eversione di destra, infatti, i NAR staccarono ben presto il cordone ombelicale con il loro partito di riferimento (il [[Movimento Sociale Italiano]]) e seppero perseguire una strada assolutamente differente che li portò a riconoscere ben presto l'importanza dell'abbandono delle ideologie contrapposte e del tentativo di superare l'aspra contrapposizione frontale tra destra e sinistra, tipica di quel periodo e figlia di quella estremizzazione della dialettica politica che, tradotta in violenza armata, portava le due diverse fazioni radicali a rispondere colpo su colpo, azione su azione all'altrui violenza.
 
{{Citazione|Un altro mutamento che lentamente avviene riguarda l'atteggiamento nei confronti delle formazioni dell'ultrasinistra ivi comprese quelle armate... Le organizzazioni di estrema sinistra armate vengono prese a modello per la serietà e l'impegno dimostrati nelle loro azioni: parlando dei compagni si sottolineava spesso l'unità di generazione e inoltre se ne apprezzava la caratteristica anti-borghese, che voleva essere anche una nostra caratteristica|Valerio Fioravanti da ''A mano armata'' di [[Giovanni Bianconi]]<ref>{{cita|Bianconi, 2007|p. 142}}.</ref>}}
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{{Citazione|La sigla (NAR, ndr) nacque perché la sinistra si era inventata questa storia delle sigle e delle rivendicazioni. Così qualcuno cominciò a tirare fuori anche a destra e venne fuori NAR, che somigliava ai NAP, [[Nuclei Armati Proletari]], che a quei tempi erano una delle principali organizzazioni armate della sinistra (...) Di certo fu coniata in una villa dell'[[Europa (Roma)|EUR]] la cui disponibilità ci veniva garantita, quando i padroni erano in vacanza, da un amico che faceva il giardiniere lì. Quella sera io ero in licenza dal servizio militare. La vulgata dice che c'era anche Francesca (Mambro, ndr) e che è stata lei ad inventarla, ma io onestamente non me la ricordo.|Valerio Fioravanti da ''Storia Nera'' di [[Andrea Colombo (giornalista)|Andrea Colombo]]<ref name=autogenerato1 />}}
[[File:Cristiano Fioravanti.png|thumb|[[Cristiano Fioravanti]]]]
 
Il primo omicidio del gruppo fu invece compiuto a seguito della [[strage di Acca Larentia]]. Il 7 gennaio 1978, a Roma, davanti ad una sezione dell'MSI del quartiere [[Tuscolano]], un commando (mai identificato ma molto probabilmente formato da militanti di estrema sinistra) uccise due giovani militanti missini: Franco Bigonzetti di 19 anni e Francesco Ciavatta di 18 anni. Un terzo missino, Stefano Recchioni di 19 anni, perderà la vita quello stesso giorno, ucciso da un carabiniere negli scontri che seguirono tra attivisti e forze dell'ordine.<ref>[http://iltempo.ilsole24ore.com/politica/2009/01/08/973580-acca_larentia_strage_senza_colpevoli.shtml ''Acca Larentia, strage senza colpevoli''] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20090413192519/http://iltempo.ilsole24ore.com/politica/2009/01/08/973580-acca_larentia_strage_senza_colpevoli.shtml |data=13 aprile 2009 }} su Il Tempo</ref> Acca Larentia segnò un momento di rottura completa tra una parte dei giovani neofascisti ed il partito. La violenza dei gruppi di destra, infatti, da quel momento aumentò ulteriormente e dopo quel giorno, molti giovani missini decideranno di impugnare la armi. «Per la prima volta» spiegherà anni dopo Francesca Mambro «i fascisti romani spareranno contro la polizia. E questo segnò ovviamente un punto di non ritorno.»<ref>{{collegamento interrotto|1=[http://www.radiopopolareroma.it/node/210 ''Acca Larentia: come l'ha raccontato Radio Popolare allora''] |data=gennaio 2018 |bot=InternetArchiveBot }} su Radio Popolare</ref> Successivamente, da alcuni detenuti di destra fu fatta circolare una “voce” secondo la quale a commettere la strage di Acca Larentia sarebbero stati i comunisti della casa occupata di Via Calpurnio Fiamma, nel [[Cinecittà Est|quartiere di Cinecittà]].
 
[[File:Roberto Scialabba.png|thumb|left|Il cadavere di [[Roberto Scialabba]], ucciso da [[Giuseppe Valerio Fioravanti|Valerio]] e [[Cristiano Fioravanti]]]]
 
Il 28 febbraio 1978, spinti da propositi di vendetta, oltre che per ''celebrare'' il terzo anniversario della morte di [[Miki Mantakas]], dal solito ritrovo del bar Fungo (zona [[EUR]]) partono in otto: i due fratelli Fioravanti, Franco Anselmi, Alessandro Alibrandi, Dario Pedretti, Francesco Bianco, Paolo Cordaro e Massimo Rodolfo. A bordo di tre auto raggiungono la casa occupata ignorando però che, da qualche ora, era stata sgomberata dalla polizia. A quel punto, invece che ritirarsi strategicamente, decidono di perlustrare il quartiere puntando in direzione della vicina piazza San Giovanni Bosco, i cui giardinetti sono spesso da ritrovo per molti ''compagni'' della zona. Nei pressi del parco, scendono dall'auto e, a volto scoperto, fanno fuoco su un capannello radunato intorno ad una panchina: Cristiano va a segno ma, subito dopo, gli si inceppa l'arma, il gruppo di ''compagni'' tenta di darsi alla fuga ma i proiettili feriscono due di loro, i fratelli Nicola e [[Roberto Scialabba]]. Ma mentre Nicola riesce a fuggire e mettersi in salvo, [[Roberto Scialabba|Roberto]], un operaio elettricista e militante di sinistra, viene raggiunto da Valerio che lo fredda da distanza ravvicinata con due colpi alla testa.
 
{{Citazione|Eravamo a bordo di tre vetture, lal'Anglia [[Ford Anglia]] di mia madre, la [[Fiat 127]] bianca di Massimo Rodolfo e la [[Fiat 130]] color senape odo oro metallizzato di Paolo Cordaro. A bordo delle tre dette autovetture ci recammo in una stradina limitrofa a piazza Don Bosco e rilasciammo l'Anglia e la Fiat 127, mentre sulla Fiat 130 prendemmo posto io (Cristiano Fioravanti, ndr), Valerio, Alibrandi, Anselmi e il Bianco che fungeva da autista. Gli altri tre rimasero ad attenderci nella stradina ove avevamo lasciato le altre due vetture. Giunti in piazza Don Bosco sulla Fiat 130 la cui targa era stata coperta con un giornale, vedemmo che c'erano due o tre persone sedute su una panchina o staccionata dei giardinetti che si trovavano vicino alla strada, dalla parte sinistra, andando verso Don Bosco, mentre altre due o tre persone erano in piedi vicino alla detta panchina o staccionata. Il Bianco rimase al volante della vettura, ed egualmente a bordo della stessa rimase come copertura Alibrandi. (...) Mi sembra che abbiamo fatto subito fuoco. Io sono sicuro di aver colpito una delle persone verso la quale avevamo sparato uno o due colpi, e non potei spararne altri perché la pistola si inceppò. Anselmi scaricò tutto il suo caricatore ma credo che non colpi nessuno, essendo lui un pessimo tiratore.noi lo chiamavamo “il cieco di Urbino”. Valerio invece colpì uno dei ragazzi che cadde a terra. Visto ciò Valerio gli salì a cavalcioni sul corpo sempre rimanendo in piedi e gli sparò in testa uno o due colpi. Quindi si girò verso un ragazzo che fuggiva urlando, e sparò anche contro questo ma senza colpirlo. Io credo di aver colpito una delle persone al torace o all'addome; non so dire se si tratta del ragazzo rimasto ucciso o di quello ferito. Non si era parlato espressamente in precedenza di quello che si voleva fare, ma quando tornammo alle nostre macchine nessuna delle tre persone che ci attendevano ebbe a mostrarsi dispiaciuta.|Cristiano Fioravanti da ''A mano armata'' di [[Giovanni Bianconi]]<ref>{{cita|Bianconi, 2007|p. 102}}.</ref>}}
[[File:Morte Franco Anselmi.png|thumb|Il cadavere di [[Franco Anselmi (terrorista)|Franco Anselmi]], ucciso durante una rapina]]
 
Nei mesi a seguire, nonostante la rivendicazione dell'attentato da parte dei NAR, la stampa e gli investigatori punteranno più sui piccoli precedenti penali di [[Roberto Scialabba|Scialabba]] per accreditare la pista di un regolamento di conti tra piccoli spacciatori. Quello sarà invece il primo omicidio del gruppo; la sigla utilizzata per quella prima azione fu ''Gioventù Nazional-Rivoluzionaria''.<ref>[http://www.reti-invisibili.net/robertoscialabba/ ''Roberto Scialabba: Scheda a cura di Andrea Barbera''] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20121023154102/http://www.reti-invisibili.net/robertoscialabba/ |data=23 ottobre 2012 }} su Reti Invisibili</ref>
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Il 6 marzo 1978 lo stesso gruppo rapina l'armeria dei fratelli Centofanti nella zona di [[Monteverde (colle di Roma)|Monteverde]] a Roma, la più grande della città, portando via 8 pistole oltre ai documenti e agli orologi dei presenti. Qualcosa però va storto: mentre il commando si dà alla fuga, subito dopo la rapina, Franco Anselmi si attarda all'interno dell'armeria. Ne nasce un conflitto a fuoco nel quale Anselmi viene colpito alla schiena dal proprietario Daniele Centofanti, che nel mentre era riuscito a liberarsi. Morirà sul colpo sulla porta dell'armeria e la sua uccisione ne fece una sorta di eroe-martire per il resto dei NAR che, in futuro, celebreranno (ogni inizio marzo degli anni successivi) la sua perdita con altrettante rapine ad armerie, firmando i colpi con la sigla ''Gruppo di fuoco Franco Anselmi''.<ref>[http://www.reblab.it/2012/01/roma-la-citta-delle-pistole/ ''Roma, la città delle pistole''] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20140531164844/http://www.reblab.it/2012/01/roma-la-citta-delle-pistole/ |data=31 maggio 2014 }} su Reblab.it</ref>
 
{{Citazione|Prima di quell'azione avevamo una paura fottuta. Mi ricordo benissimo le angosce di tutti noi. Perché per noi era la prima volta. Eravamo turbatissimi: con i valori che avevamo, arrivare a rapinare un privato ci sconvolgeva. Un conto era l'atto di guerra contro il comunista, cosa diversa era andare a toccare la proprietà privata. Così, mentre a menare odo a sparare ai compagni non ci sentivamo in colpa, l'idea di aggredire e derubare un cittadino innocente, che non c'entrava niente, ci faceva sentire dei criminali|Valerio Fioravanti da ''Il Piombo e la Celtica'' di [[Nicola Rao]]<ref>{{cita|Rao, 2009|p. 162}}.</ref>}}
 
Il disorientamento e lo sgomento per la perdita dell'amico rafforzarono ulteriormente il gruppo infondendo loro ulteriore determinazione nella lotta eversiva. Sul piano pratico, invece, cominciarono sovente ad avvalersi dalla collaborazione di criminali ''comuni'' per la realizzazione delle azioni di autofinanziamento. Uno di loro fu [[Massimo Sparti]]: personaggio gravitante nel mondo della malavita comune che aveva avuto modo, proprio nel periodo di lontananza da Roma di Giusva, di legarsi in un intenso rapporto di amicizia e di collaborazione con suo fratello Cristiano (e con il suo fidato amico Alibrandi) tanto da rappresentare per lui quasi un ''padre adottivo''.<ref>{{cita|Tassinari, 2008|p. 268}}.</ref> Sparti si era così offerto di indirizzare l'attività del gruppo verso obiettivi sicuri e realizzabili senza eccessivi rischi, svolgendo altresì un supporto nelle forniture di documenti e targhe false e nel riciclaggio dei proventi delle rapine, tutte esperienze derivategli dall'inserimento nel mondo della malavita capitolina.
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Fu così che, a partire dalla rapina effettuata il 6 aprile 1978 a [[Roma]], ai danni della filatelia Biancastelli, i NAR misero a segno una serie di riusciti colpi a cui anche Sparti partecipò attivamente: la rapina alla filatelia Meoli Claudi, quelle nell'abitazione di Gabriella Palazzoli e nella villa dei coniugi Barone-Leporace.<ref>[http://www.stragi.it/2agost80/Capit7a.htm ''Strage di Bologna: Sentenza della Corte di Assise di Appello''] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20150924110753/http://www.stragi.it/2agost80/Capit7a.htm |data=24 settembre 2015 }} su Stragi.it</ref>
 
La sera del 17 maggio 1978, Valerio, che nel mentre ha definitivamente abbandonato gli studi universitari per arruolarsi nell'[[Esercito Italiano|Esercito]]<ref>{{cita|Bianconi, 2007|p. 91}}.</ref> e si trova di stanza in [[Friuli]], presso la Brigata ''Mameli'' di [[Spilimbergo]], assieme ad Alessandro Alibrandi, venuto appositamente da Roma, sottrae due casse contenenti 144 [[bomba a mano|bombe a mano]] del tipo [[SRCM Mod. 35|SRCM]], nascondendole all'esterno dell'edificio.<ref>{{cita|Tassinari, 2008|p. 622}}.</ref> Una di queste venne poi ritrovata dai militari mentre l'altra viene trasportata a Roma da Alibrandi con l'aiuto di Tiraboschi e Sparti, ed utilizzata dai NAR nelle loro azioni. Il furto verrà in seguito scoperto e Fioravanti verrà condannato dal [[tribunaleTribunale militareMilitare]] di Padova, con sentenza del 14 giugno 1979, ada otto mesi di reclusione.<ref>{{cita|Bocca, 2011|p. 23}}.</ref>
 
Durante la notte del 14 dicembre 1978, trafugano dall'armeria della [[capitaneriaCapitaneria di porto]] di [[Ravenna]], un ingente quantitativo di armi da guerra (dieci mitra e cinque pistole), di bombe a mano (diciotto) e di munizioni (oltre quattordicimila cartucce).
 
===1979-1980: lo spontaneismo armato===
Per il primo anniversario della [[strage di Acca Larentia]], i NAR decisero di assaltare una radio di estrema sinistra, [[Radio Onda Rossa]] ma, questa volta, non per uccidere. La provocazione che il gruppo ha in mente è finalizzata ad una strategia politica che, Giusva e gli altri, percorrono ormai da tempo, l'idea cioè di unificazione del movimento di contestazione giovanile e di abbandono della logica degli opposti estremismi tra destra e sinistra. L'idea sarebbe quella di leggere ai microfoni dell'emittente un messaggio provocatorio: «Se volete giocare pesante, lo sappiamo fare anche noi. Vi abbiamo appena dimostrato che, volendo, vi veniamo a prendere a casa. Quindi smettiamola di spararci addosso e combattiamo insieme contro lo Stato.»<ref>{{cita|Rao, 2009|p. 179}}.</ref> All'ultimo momento, però, il gruppo decise di cambiare obiettivo puntando su un'altra radio del ''movimento'', [[Radio Città Futura]], causa una battuta riferita ad un giovane missino ucciso ad Acca Larenzia («I fascisti hanno perso una Ciavatta») pronunciata dai microfoni di questa radio. Il 9 gennaio del 1979, quindi, un commando formato da Valerio Fioravanti, Alessandro Alibrandi, Patrizio Trochei, Alessandro Pucci, Dario Pedretti, Livio Lai, Gabriele De Francisci e Paolo Pizzonia arrivano con le auto nei pressi della radio. In tre (Fioravanti, Pucci e Pedretti) assaltano poi gli studi durante la registrazione della trasmissione femminista ''Radio Donna'', dando fuoco ai locali e sparando alle cinque conduttrici (esponenti di un collettivo di casalinghe) che, raggiunte da colpi di mitra e pistola, rimangono ferite o ustionate.<ref name=radio>[https://web.archive.org/web/20050315040944/http://italy.indymedia.org/news/2005/03/744604.php Testimonianza di Rosetta Padula, una delle conduttrici, a Quotidiano Donna, gennaio 1979]</ref><ref>[https://www.youtube.com/watch?v=ZQKx5kjP6Lo Assalto a Radio Città Futura - 9 gennaio 1979]</ref> Nel corso di un'udienza del processo d'appello per la strage di Bologna, confermando quanto espresso nel comunicato di rivendicazione dei NAR,<ref name=radio/> Fioravanti spiegò che l'assalto era da intendersi come una richiesta di cessazione della conflittualità tra gli opposti estremismi (una sorta di attuazione pratica della [[teoria del ferro di cavallo]]), una proposta di armistizio indirizzata alle frange più violente della [[sinistra extraparlamentare]] e alle varie organizzazioni di lotta armata di estrema sinistra, nonché al mondo dell'estrema destra, con l'obiettivo di concentrare le forze nell'attacco allo Stato.<ref>[https://www.youtube.com/watch?v=wFTA31fUZFc Valerio Fioravanti spiega l'assalto a Radio Città Futura]</ref>
 
L'8 febbraio 1979 Valerio e Cristiano Fioravanti, Patrizio Trochei, Alessandro Alibrandi e Franco Giomo compiono una rapina ai danni della società Cab di Roma, rubando denaro e sei [[giubbotti antiproiettile]].
 
Il 7 marzo 1979, alla vigilia della ricorrenza della [[Giornata internazionaleInternazionale della donnaDonna]], il gruppo NAR/Donne rivoluzionarie, tra le quali spicca il nome di Francesca Mambro, piazza una rudimentale bomba davanti alle finestre della sede del ''Circolo culturale femminista'' nel quartiere Prati e poi lanciano due ordigni contro il cinema a luci rosse ''Ambra Iovinelli'', nei pressi della stazione Termini, a [[Roma]]. A pochi metri di distanza, Valerio Fioravanti e altri estremisti armati, restano di copertura, pronti eventualmente a intervenire.<ref>[http://www.stragi.it/2agost80/Capit10.htm ''Strage di Bologna: Sentenza della Corte di Assise di Appello''] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20090926135554/http://www.stragi.it/2agost80/Capit10.htm |data=26 settembre 2009 }} su Stragi.it</ref>
 
Il 15 marzo 1979, per commemorare il primo anniversario della morte di Franco Anselmi, i NAR rapinano l'armeria ''Omnia Sport'', sita in pieno centro di Roma (in via IV Novembre) a due passi dalla Questura di piazza Venezia. Sottraggono una sessantina di pistole, quindici carabine e diverse munizioni. L'azione viene organizzata dai Nar, ma vede anche la partecipazione di personaggi di provenienza diversa, soprattutto militanti del FUAN. In quattro entrano in azione all'interno dell'armeria (Francesca Mambro, Valerio Fioravanti, Alessandro Alibrandi e Livio Lai), mentre in 6 sono all'esterno con compiti di copertura (tra cui Giuseppe Dimitri, Gabriele De Francisci, Massimo Morsello). Quella dell{{'}}''Omnia'' sarà la prima azione alle quali parteciperà attivamente anche Francesca Mambro.<ref name=autogenerato3>[http://archivio900.globalist.it/it/documenti/doc.aspx?id=43 ''L'eversione di destra dopo il 1974''] {{webarchive|url=https://archive.today/20120718221846/http://archivio900.globalist.it/it/documenti/doc.aspx?id=43 |data=18 luglio 2012 }} su Archivio '900</ref>
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Il 17 dicembre 1979, un gruppo di militanti di [[Terza Posizione]] e dei NAR, formato da [[Giusva Fioravanti]], [[Sergio Calore]], [[Antonio D'Inzillo]], Bruno Mariani e Antonio Proietti organizzano un agguato nei confronti dell'avvocato Giorgio Arcangeli, ritenuto responsabile di aver denunciato e fatto arrestare [[Pierluigi Concutelli]] come autore dell'[[Vittorio Occorsio#L'omicidio|omicidio Occorsio]]. A morire però sarà [[Antonio Leandri]], geometra di 24 anni, erroneamente scambiato per l'avvocato romano e colpevole solo di essersi voltato al grido «avvocato!» lanciato da Giusva. Mariani spara per primo e tre colpi dei sei vanno segno, poi Valerio interviene e spara il colpo di grazia che uccide il giovane<ref>[http://memoria.san.beniculturali.it/web/memoria/approfondimenti/scheda-approfondimenti?p_p_id=56_INSTANCE_J1sq&articleId=15977&p_p_lifecycle=1&p_p_state=normal&groupId=11601&viewMode=normal&tag=1979 ''Omicidio di Antonio Leandri''] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20140430015425/http://memoria.san.beniculturali.it/web/memoria/approfondimenti/scheda-approfondimenti?p_p_id=56_INSTANCE_J1sq&articleId=15977&p_p_lifecycle=1&p_p_state=normal&groupId=11601&viewMode=normal&tag=1979 |data=30 aprile 2014 }} su Rete degli Archivi</ref>
 
[[File:Giorgio Vale.png|thumb|left|[[Giorgio Vale]]]]
 
Il 6 febbraio 1980, Valerio Fioravanti e Giorgio Vale uccidono, mentre è in servizio di vigilanza davanti all'ambasciataAmbasciata del [[Libano]], il poliziotto [[Maurizio Arnesano]] per impadronirsi del suo [[mitra (arma)|mitra]] [[Beretta M12|M12]]. Quando Giusva ha puntato la pistola contro Arnesano, intimandogli di consegnargli la mitraglietta, l'agente ha accennato però una reazione e Fioravanti gli ha sparato tre volte nel braccio. E mentre Arnesano cerca riparo verso l'ingresso dell'ambasciataAmbasciata, viene raggiunto da altri 4 proiettili nella schiena. Al sostituto procuratore di Roma, il 13 aprile 1981, Cristiano Fioravanti dichiarerà: «La mattina dell'omicidio Arnesano, Valerio mi disse che un poliziotto gli avrebbe dato un mitra; io, incredulo, chiesi a che prezzo ed egli mi rispose: gratuitamente. Fece un sorriso ed io capii»<ref>[http://www.vittimeterrorismo.it/memorie/schede/arnesano.htm ''Schede: Maurizio Arnesano''] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20120430081524/http://www.vittimeterrorismo.it/memorie/schede/arnesano.htm |data=30 aprile 2012 }} su Vittimeterrorismo.it</ref>
 
Il 6 marzo 1980, nel secondo anniversario della morte di Franco Anselmi, i NAR rapinano l'armeria Perini in via Rasella, a Roma, asportando 27 pistole.<ref>{{cita|Tassinari, 2008|p. 625}}.</ref>
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Il 30 marzo 1980 Valerio, Cavallini e la Mambro decidono di assaltare il distretto militare di via Cesarotti, a [[Padova]] seguendo (come poi racconterà il pentito Cristiano Fioravanti) delle informazioni fornite da Franco Giomo, dirigente nazionale del [[Fronte della Gioventù]]. Nell'azione, il sergente Gabriele Sisto viene ferito con un colpo di pistola e vengono rubati 4 mitragliatrici MG 42/59, 5 fucili automatici, pistole e proiettili. Caricati su un furgoncino, con cui poi si danno alla fuga, i tre restano imbottigliati nel traffico e devono fuggire abbandonando le armi. Sul muro della caserma, prima di andarsene, la Mambro aveva firmato la rapina con la sigla BR ([[Brigate Rosse]]), per depistare le indagini.<ref>{{cita|Bianconi, 2007|p. 227}}.</ref>
 
Il 28 maggio 1980, un commando dei NAR formato da Valerio Fioravanti, Francesca Mambro, Giorgio Vale e Luigi Ciavardini, con l'obiettivo di disarmare una pattuglia di agenti in servizio di vigilanza davanti al [[Liceo classico statale Giulio Cesare|liceoLiceo romano Giulio Cesare]]. All'assalto partecipano di copertura Gilberto Cavallini, Mario Rossi e Gabriele De Francisci che, per un equivoco con il gruppo di fuoco, pensano ad un rinvio. Il commando, però, entra lo stesso in azione ed uccide l'[[appuntato]] di [[Polizia]] [[Francesco Evangelista]] (detto ''Serpico''), ferendo altri due agenti.<ref>[http://www.cadutipolizia.it/fonti/1943-1981/1980evangelista.htm ''Schede: Evangelista Francesco''] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20060510105528/http://www.cadutipolizia.it/fonti/1943-1981/1980evangelista.htm |data=10 maggio 2006 }} su Cadutipolizia.it</ref>
 
{{Citazione|Ci ritroviamo davanti all'istituto io, Vale, Mambro e Fioravanti, siamo arrivati in sella a due vesponi bianchi. C'è anche un'auto con a bordo Cavallini e un'altra persona, sono di appoggio alla nostra azione, e sono i primi ad accorgersi che al posto dell'auto della polizia parcheggiata al centro della piazza c'è una vettura civetta, una Fiat 127 blu con a bordo due uomini in borghese. In teoria l'operazione dovrebbe saltare, l'obiettivo è quello di disarmare una volante, colpire un'auto con la scritta Polizia ha un valore dimostrativo più importante rispetto ad attaccare un'auto civile. È quello che almeno capisce Cavallini. “Andiamo”, dice Giusva dal vespone affiancando l'auto del Negro. Cavallini annuisce con la testa, mette in moto. E se ne va. Via. Noi invece partiamo con l'azione, con il Negro non ci siamo proprio capiti. Parcheggiamo i vesponi dall'altro lato della piazza, al centro, al fianco di una piccola aiuola chiusa da una rotatoria c'è la 127 con a bordo l'appuntato Franco Evangelista detto Serpico, alla guida, e l'agente Giovanni Lorefice, trent'anni, al suo fianco. Di fronte al Giulio Cesare passeggia annoiato l'appuntato Antonio Manfreda, 48 anni, sposato, padre di un figlio. Giorgio si occuperà di lui. Io, Mambro e Fioravanti circondiamo la 127. Giusva parte deciso verso il lato di Serpico, io punto al lato opposto, mi avvicino alla portiera di Lorefice. Mentre stiamo per tirar fuori le pistole per immobilizzare i due in auto, sentiamo uno sparo. Viene dalle parti di Vale e Manfreda. Lorefice, il mio uomo, sobbalza. Sparo anch'io, per reazione, dentro l'auto, senza guardare. Non c'è più tempo per pensare a nulla: anche Giusva e la Mambro aprono il fuoco|Luigi Ciavardini da ''Tutta un'altra strage'' di Riccardo Bocca<ref>{{cita|Bocca, 2011|p. 84}}.</ref>}}
[[File:Gilberto Cavallini.png|thumb|[[Gilberto Cavallini]], autore dell'omicidio del giudice [[Mario Amato]]]]
 
Il 23 giugno 1980 i NAR uccidono a Roma il sostituto procuratore [[Mario Amato]]. Mentre attendeva l'autobus per recarsi al lavoro, alla fermata posta all'incrocio tra vialeViale Jonio e viaVia Monte Rocchetta, Amato fu raggiunto alle spalle da Gilberto Cavallini che lo freddò con un colpo di rivoltella alla nuca, per poi fuggire in sella alla moto guidata da Luigi Ciavardini. Osteggiato e denigrato dai suoi stessi colleghi della procuraProcura di Roma, oggetto di continui attacchi da parte del suo diretto superiore, il giudice istruttore Antonio Alibrandi (padre di Alessandro, componente degli stessi NAR), il quale lo accusava di “dare la caccia ai fantasmi”, da circa due anni Amato conduceva le principali inchieste sui movimenti eversivi di destra in assoluto isolamento. Aveva altresì da poco annunciato sviluppi clamorosi nella sua indagine, prossime «alla visione di una verità d'assieme, coinvolgente responsabilità ben più gravi di quelle stesse degli esecutori degli atti criminosi».<ref>[http://marioadinolfi.ilcannocchiale.it/print/2749531.html ''L'editorialista del 2 agosto è il terrorista''] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20150402105600/http://marioadinolfi.ilcannocchiale.it/print/2749531.html |data=2 aprile 2015 }} su Ilcannocchiale.it</ref> Il giudice Amato, come già accadde al magistrato [[Vittorio Occorsio]], ucciso a Roma dal terrorista ''nero'' [[Pierluigi Concutelli]], la mattina del 10 luglio 1976, pagò quindi con la vita l'incapacità, da parte dei suoi colleghi del tribunaleTribunale, di non comprendere la "lettura globale" del [[terrorismo nero]] e la sua reale portata nell'Italia di allora.<ref>[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1986/01/07/alla-sbarra-killer-di-amato.html ''Alla sbarra i killer di Amato''] su La Repubblica</ref>
 
[[File:Omicidio Mario Amato.png|thumb|left|Il cadavere del giudice [[Mario Amato]]]]
 
La mattina del giorno seguente, il 24 giugno, nei pressi di una cabina telefonica sita in via Carlo Felice, a [[Roma]], il gruppo fece ritrovare il volantino di rivendicazione in cui, oltre ad attribuirsi la paternità dell'omicidio, i NAR stilano un vero e proprio manifesto di chiarificazioni sul loro operato, intitolato appunto ''Nar chiarimento'', un proclama d'intenti rispetto ad un loro passaggio ad un livello politico differente, fatto soprattutto di iniziative dettate da fini di vendetta:
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{{Citazione|Dai discorsi fattimi la mattina capii che avevano deciso di agire non solo nei confronti del Mangiameli ma anche nei confronti di sua moglie e perfino della bambina. Mio fratello Valerio quella mattina che ci vedemmo diceva che al limite interessava più la bambina dello stesso Mangiameli. Comunque, la mattina le motivazioni delle azioni da compiere contro il Mangiameli erano sempre le solite e cioè la questione dei soldi, la questione della evasione di Concutelli. Fu poi compiuto l'omicidio del Mangiameli e come ho detto, sua moglie non venne all'appuntamento. Il giorno dopo rividi Valerio e lui era fermo nel suo proposito di andare in Sicilia per eliminare la moglie e la bambina di Mangiameli, e diceva che bisognava agire in fretta prima che venisse scoperto il cadavere di Mangiameli e la donna potesse fuggire. Io non riuscivo a capire questa insistenza nell'agire contro la moglie e la figlia di Mangiameli, una volta che questo era stato ormai ucciso e allora Valerio mi disse che avevano ucciso un politico siciliano in cambio di favori promessi dal (rectius: al) Mangiameli e relativi, sempre, all'evasione di Concutelli oltre ad appoggi di tipo logistico in Sicilia ... Mi disse Valerio che per decidere l'omicidio del politico siciliano vi era stata una riunione in casa Mangiameli e in casa vi erano anche la moglie e la figlia di Mangiameli, riunione cui aveva partecipato anche uno della Regione Sicilia che aveva dato le opportune indicazioni e, cioè, la 'dritta' per commettere il fatto. Mi disse Valerio che al fatto di omicidio avevano partecipato lui e Cavallini e che Gabriele De Francisci aveva dato loro la casa....L'azione contro la moglie e la figlia di Mangiameli veniva motivata da Valerio col fatto che esse erano state presenti alla riunione: diceva Valerio che una volta ucciso il marito esse erano pericolose quanto lo stesso Mangiameli. Poi l'azione contro le due donne non avvenne in quanto il cadavere di Mangiameli fu poco dopo ritrovato.|Interrogatorio di Cristiano Fioravanti del 26 marzo 1986<ref>[http://www.stragi.it/2agost80/Capit7c.htm ''Corte di Assise di Appello di Bologna. Sentenza del 16 maggio 1994''] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20150924110756/http://www.stragi.it/2agost80/Capit7c.htm |data=24 settembre 2015 }} su Stragi.it</ref>}}
[[File:Stefano Soderini.png|thumb|upright=0.7|[[Stefano Soderini]] autore dell'omicidio del brigadiere Ezio Lucarelli]]
 
Il suo corpo, zavorrato con dei pesi, venne poi immerso in un laghetto romano nei pressi di [[Tor de' Cenci]] e rinvenuto l'11 settembre del 1980 dalle forze dell'ordine.<ref>{{cita|Rao, 2009|p. 295}}.</ref>
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La sera del 30 ottobre 1980 vengono uccisi a Redecesio di Segrate, Cosimo Todaro (un traffichino in rapporto con i Nar per rapine e traffico di armi) e la sua convivente Maria Paxou, una ballerina di origine greca. Seduto sul sedile posteriore della A 112 della Paxou e con Todaro al posto di guida, il killer aveva freddato entrambi sparando loro alla testa e dandosi poi alla fuga con un'altra vettura guidata da Gilberto Cavallini. Valerio Fioravanti si attribuì poi la responsabilità dell'omicidio (un regolamento di conti dopo una rapina) ma la Corte invece condannerà Mauro Addis, malavitoso nel giro della [[Banda della Comasina|banda Vallanzasca]] ed amico di [[Pierluigi Concutelli]], che si era poi avvicinato in carcere ai Nar.<ref>[http://www.osservatoriodemocratico.org/page.asp?ID=2899&Class_ID=1001 ''Il bandito sardo''] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20130210010052/http://www.osservatoriodemocratico.org/page.asp?ID=2899&Class_ID=1001 |data=10 febbraio 2013 }} su Osservatorio Democratico</ref>
 
[[File:Pasquale Belsito.png|thumb|left|[[Pasquale Belsito]]]]
 
Il 13 novembre 1980, nei pressi di [[Siena]], una pattuglia dei carabinieri ferma per un controllo l'autovettura su cui viaggiavano Valerio e Cristiano Fioravanti, Francesca Mambro e Giorgio Vale. Alla richiesta di documenti e per evitare di essere scoperti, i quattro rispondono spianando le armi e disarmando i militari prima di fuggire.<ref>[http://www.stragi.it/2agost80/ciav.htm ''Corte di Appello di Bologna. Sentenza Ciavardini del 9 marzo 2002''] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20150924110800/http://www.stragi.it/2agost80/ciav.htm |data=24 settembre 2015 }} su Stragi.it</ref>
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Il 15 gennaio 1981 alcuni giovani neofascisti dei NAR si introdussero con uno stratagemma nell'abitazione romana del collezionista d'armi Fabio Bucciano, immobilizzando i presenti e sottraendo 21 pistole, una carabina, denaro e gioielli<ref>{{collegamento interrotto|1=[http://www.contropiano.org/it/archivio-news/archivio-news/item/7355 ''Roma: arrestati un poliziotto e un fascista''] |data=marzo 2018 |bot=InternetArchiveBot }} su Contropiano</ref>.
 
[[File:Morte Condotto e Maronese.png|thumb|left|Il corpo di uno dei due [[carabinieri]] [[Enea Codotto]] e [[Luigi Maronese]], uccisi da [[Giuseppe Valerio Fioravanti|Valerio Fioravanti]]]]
 
La sera del 5 febbraio 1981, Valerio Fioravanti, il fratello Cristiano, Francesca Mambro, Gigi Cavallini, Giorgio Vale e Gabriele De Francisci sono a Padova e cercano di ripescare quel borsone di armi precedentemente affidate a Trincanato. Provvisto di muta da sub, Cristiano si immerge nella fredda acqua del canale ma, nel bel mezzo dell'operazione di recupero, vengono colti sul fatto da due carabinieri: [[Enea Codotto]] di 25 anni e [[Luigi Maronese]] di 23 anni. Ne nasce un violento conflitto a fuoco al termine del quale Valerio, simulando la resa e approfittando di una distrazione del milite, spara uccidendo i due agenti. Prima di essere uccisi, i carabinieri, riescono a colpire lo stesso Fioravanti, il quale, gravemente ferito ad entrambe le gambe, verrà riportato dal resto del gruppo nell'appartamento usato come base e, poco dopo, arrestato.<ref>[http://www.vittimeterrorismo.it/memorie/schede/codotto.htm ''Schede: Enea Codotto''] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20120507011145/http://www.vittimeterrorismo.it/memorie/schede/codotto.htm |data=7 maggio 2012 }} su Vittimeterrorismo.it</ref><ref>[http://www.vittimeterrorismo.it/memorie/schede/maronese.htm ''Schede: Luigi Maronese''] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20120416201929/http://www.vittimeterrorismo.it/memorie/schede/maronese.htm |data=16 aprile 2012 }} su Vittimeterrorismo.it</ref>
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=== Legami con la Banda della Magliana ===
{{vedi anche|Banda della Magliana}}
[[File:Massimo Carminati.png|thumb|[[Massimo Carminati]]]]
 
Negli [[anni settanta]], la contiguità sia temporale che fisica tra gli ambienti dell'eversione politica e del crimine ''comune'' organizzato fece sì che, tra le parti in causa, cominciò a farsi strada la possibilità di ricercare un terreno comune di reciproco beneficio. I NAR ebbero collaborazione con la [[Banda della Magliana]] a Roma, con la [[Francis Turatello|banda Turatello]] a [[Milano]], e con la [[Mala del Brenta]] in [[Veneto]]<ref>[http://mattinopadova.gelocal.it/regione/2008/10/29/news/dal-terrorismo-nero-alla-cocaina-1.1187538 Dal terrorismo nero alla cocaina - Regione - Il Mattino di Padova<!-- Titolo generato automaticamente -->]</ref>.
 
Nei primi mesi del 1978, attraverso Massimo Carminati, criminale milanese trasferitosi a Roma e da sempre divisosi tra la malavita comune e l'eversione di destra, i NAR presero i primi contatti con alcuni componenti della [[bandaBanda della Magliana]], la più grande organizzazione malavitosa romana operante fra gli [[anni 1970|anni settanta]] ed [[anni 1980|ottanta]]. Attraverso la frequentazione del bar Fermi<ref>{{Cita video|autore = |titolo = Bar di via Fermi|url = http://video.repubblica.it/cronaca/bar-di-via-fermi/42014/41986|accesso = 4 luglio 2012 |data = 4 febbraio 2010|editore = La Repubblica}}</ref>, nella zona di [[Ponte Guglielmo Marconi|Ponte Marconi]], dove spesso si ritrovavano molti dei componenti della Magliana, Carminati entrò in contatto con i boss [[Danilo Abbruciati]] e [[Franco Giuseppucci]] ed iniziò ad affidare loro i proventi di alcune rapine di autofinanziamento effettuate con i NAR in modo da poter riciclare il denaro in altre attività illecite quali l'usura o lo spaccio di droga.<ref>Sentenza d'Appello Omicidio Pecorelli (Perugia, 17 novembre 2002)</ref>
 
Durante questo periodo, Carminati ottenne addirittura il controllo congiunto, per conto dei NAR, del deposito segreto di armi della Banda, nascosto negli scantinati del [[Ministero della Salute|Ministero della Sanità]], all'[[Europa (Roma)|EUR]]. La sua scoperta, il 25 novembre 1981, portò all'arresto di due dipendenti ministeriali, [[Alvaro Pompili]] e [[Biagio Alesse]] legati alla Banda. Un [[Beretta MAB 38|mitra Mab]] con numero di matricola abraso e calcio rifatto artigianalmente, proveniente da quel deposito/arsenale, venne poi ritrovato sul treno Taranto-Milano il 13 gennaio 1981, in una valigetta contenente anche due caricatori, un fucile da caccia, due biglietti aerei a nome di due estremisti di destra, un francese e un tedesco, e soprattutto del materiale esplosivo [[Ciclotrimetilentrinitroammina|T4]], dello stesso tipo utilizzato per la [[Strage di Bologna|strage alla stazione ferroviaria di Bologna]] del 2 agosto 1980.<ref>[http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntata.aspx?id=338 ''Bologna 2 agosto 1980''] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20080708065143/http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntata.aspx?id=338 |data=8 luglio 2008 }} su [[La storia siamo noi]]</ref> Un tentativo di depistaggio legato alla [[Strage di Bologna|strage]], per la quale venne riconosciuto come esecutore materiale (tra gli altri) lo stesso Carminati.
 
{{Citazione|All'autofinanziamento furono invece dirette numerose rapine prima presso negozi di filatelia poi agenzie ippiche e banche, rapine che frutteranno una disponibilità economica assai superiore a quella necessaria alla vita dell'organizzazione e connotarono di un tratto di delinquenza ordinaria sia la condotta e il tenore di vita degli autori, sia l'ambiente criminale in cui gli stessi si muovevano. L'organizzazione e l'esecuzione di molti dei colpi avvicinò stabilmente - e per alcuni in modo irreversibile - i ragazzi dei NAR alla criminalità organizzata del gruppo che successivamente verrà indicato (sinteticamente e in parte impropriamente) come Banda della Magliana, attraverso lo stretto legame dei fratelli Fioravanti e di Alibrandi con personaggi come Massimo Sparti, e di Massimo Carminati e dello stesso Fioravanti con Franco Giuseppucci e Danilo Abbruciati. Tali legami verranno a cementarsi, oltre che con la pianificazione e attuazione di rapine (come presso le filatelie o alla Chase Manhattan Bank), attraverso le attività di reinvestimento dei proventi delle rapine (per lo più attraverso il prestito usuraio) che gli estremisti affideranno alla banda, per conto della quale eseguivano attività di intimidazione e di vero e proprio killeraggio.|Commissione Parlamentare sul Terrorismo<ref name=autogenerato3 />}}
[[File:Walter Sordi.png|thumb|left|[[Walter Sordi]]]]
 
Una di queste rapine fu quella effettuata, il 27 novembre 1979, ai danni della [[JPMorgan Chase#Chase Manhattan Bank|Chase Manhattan Bank]] di [[Roma]] da [[Giusva Fioravanti]], Alessandro Alibrandi, [[Giuseppe Dimitri]] e Massimo Carminati. Parte del bottino furono alcuni ''traveller cheque'' che, successivamente affidati nelle mani di [[Franco Giuseppucci]] per organizzarne un'operazione di riciclaggio, costeranno al boss della Magliana un arresto con l'accusa di ricettazione, nel gennaio del 1980.<ref>''Ragazzi di malavita. Fatti e misfatti della Banda della Magliana'' - Giovanni Bianconi {{collegamento interrotto|1=[http://books.google.it/books?id=lXBsixNJkUMC&printsec=frontcover&dq=banda+della+magliana&hl=it&ei=K2o9Tv-ZFIeSswaomq25Ag&sa=X&oi=book_result&ct=result&resnum=4&ved=0CEIQ6AEwAw#v=onepage&q=cheque&f=false] |data=marzo 2018 |bot=InternetArchiveBot }}, pp.56</ref>
 
{{Citazione|Alibrandi mi disse che Carminati era il pupillo di Abbruciati e Giuseppucci. Parlando in particolare degli investimenti di somme di denaro da noi fatti attraverso la banda Giuseppucci-Abbruciati, posso dire che nel corso dell'80, Alibrandi affidò alla banda stessa 20 milioni di lire, Bracci Claudio 10 milioni, Carminati 20 milioni, Stefano Bracci e Tiraboschi 5 milioni.Ricordo che Alibrandi percepiva un milione al mese di rendita. I soldi affidati alla banda Giuseppucci-Abbruciati erano tutti in contanti. Come ho già spiegato, Giuseppucci e Abbruciati prevalentemente investivano il denaro da noi ricevuto nel traffico di cocaina e nell'usura, ma c'erano anche altri investimenti nelle pietre preziose e nel gioco d'azzardo.|Interrogatorio di Walter Sordi del 15 ottobre 1982<ref>''Massimo Carminati, militante politico'' {{cita web |url=http://archivio900.globalist.it/it/nomi/nom.aspx?id=1537 |titolo=Copia archiviata |accesso=4 luglio 2012 |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160304133556/http://archivio900.globalist.it/it/nomi/nom.aspx?id=1537 }} su Archivio '900</ref>}}
[[File:Arresto Abbatino.png|thumb|[[Maurizio Abbatino]], boss della [[bandaBanda della Magliana]], collegata ai NAR da rapporti di collaborazione reciproca]]
 
Anche per diretta ammissione di pentiti quali [[Claudio Sicilia]] e [[Maurizio Abbatino]], in regime di reciproco scambio di ''favori'', la stessa Banda, usava di tanto in tanto commissionare ai giovani fascisti lavori di manovalanza come riscossione di crediti dell'usura, trasporto di quantitativi di droga oltre che esecuzioni su commissione, come nel caso del tabaccaio romano Teodoro Pugliese, ucciso da Carminati (assieme ad Alibrandi e a Claudio Bracci) con tre colpi di pistola calibro 7,65, perché d'intralcio nel traffico di stupefacenti gestito da Giuseppucci.<ref>[https://www.youtube.com/watch?v=tUegn0wojWo ''Banda della Magliana rapporti con i NAR''] su La storia siamo noi</ref>
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La discussa vicenda giudiziaria legata alla [[Strage di Bologna|strage alla stazione di Bologna]] del 2 agosto 1980 fu, invece, l'altro procedimento giudiziario nodale che interessò alcuni dei componenti dei NAR. Dopo una lunga e complicata vicenda giudiziaria, il 23 novembre del 1995, con sentenza definitiva, Fioravanti e le Mambro vennero condannati dalla [[Corte di cassazione]] di Bologna all'ergastolo perché ritenuti responsabili, come esecutori materiali, della strage.<ref>[http://www.stragi.it/pagina.php?id=secondacassazione ''Sentenza della Corte suprema di cassazione del 23 novembre 1995''] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20140720073404/http://www.stragi.it/pagina.php?id=secondacassazione |data=20 luglio 2014 }} su Stragi.it</ref> La posizione di Ciavardini venne stralciata (in quanto minore all'epoca della strage) e l'11 aprile del 2007, la Seconda Corte Penale di Cassazione confermò la sentenza della sezione minori della Corte d'Appello di Bologna, condannandolo per lo stesso reato a 30 anni di reclusione.
 
[[File:Mambro-fioravanti.jpg|thumb|[[Valerio Fioravanti]] e [[Francesca Mambro]] durante il processo per la [[strage di Bologna]]]]
 
Riguardo alle responsabilità accertate dalla magistratura, nonostante un ulteriore pena non possa loro aggiungere nessuna maggior detenzione, dato il numero di ergastoli ricevuti che li condanna al carcere a vita, Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, pur avendo ammesso tutti i delitti per i quali sono stati giudicati in via definitiva, hanno sempre negato il loro coinvolgimento nella [[strage di Bologna]], affermando di trovarsi effettivamente insieme quel giorno ma a [[Padova]] e non nella città emiliana<ref>[http://www.adnkronos.com/IGN/Regioni/EmiliaRomagna/Bologna-non-dimentica-la-strage-32-anni-fa-la-bomba-in-stazione_313562962800.html ''Bologna non dimentica la strage, 32 anni fa la bomba in stazione''] su Adnkronos</ref> La loro tesi d'innocenza poggia sia sulla base di due diverse tipologie di elementi. Da una parte quelli insiti alla storia del loro gruppo eversivo: pur essendo, infatti, uno dei gruppi criminali di destra più attivi, la strategia dei NAR era quella di colpire sempre obbiettivi precisi e pianificati e mai di utilizzare esplosivi per uccidere in maniera indiscriminata, ''modus operandi'' tipico delle vecchie organizzazioni stragiste di destra. «Guardavo quel disastro» dice la Mambro «e pensavo: non è possibile che incolpino noi. Le azioni con gli esplosivi le hanno fatte quelli di [[Costruiamo l'azione]], ma tutto quello che abbiamo fatto noi dimostra che invece non c'entriamo.»<ref>{{cita|Colombo, 2007|p. 201}}.</ref> D'altra parte, anche diversi contraddittori elementi processuali che, secondo il loro pensiero, sarebbero emersi nel corso della vicenda giudiziaria, andrebbero nel verso della loro innocenza: i numerosi episodi di depistaggio, la discussa attendibilità di alcuni test dell'accusa (Sparti) e la poca chiarezza sui reali mandanti dell'attentato. Tutte queste circostanze hanno fatto sì che, nel corso degli anni si siano così sviluppate numerose ipotesi alternative riguardo ai presunti esecutori materiali della strage e che, diversi personaggi pubblici, sposassero la teoria della loro piena innocenza.