Aminta (Tasso): differenze tra le versioni

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== L'opera ==
L'opera ha un tono piuttosto lirico che drammatico e fa l'elogio dell'età dell'oro, quando l'uomo viveva in contatto con la natura, libero dalle complicazioni della successiva civiltà. L{{'}}''Aminta'' esprime "una fondamentale aspirazione dell'anima e della poesia tassiana: l'abbandono al piacere, a una voluttà obliosa, il vagheggiamento di un libero espandersi dell'anima e dei sensi, o meglio di una sensualità trasfigurata in dolcezza, in pura, immediata gioia vitale senza più la coscienza del limite e del peccato" (Pazzaglia). E s'inquadra benissimo nel clima della vita vagheggiata alla corte degli [[Estensi]], alcune personalità della quale è forse possibile intravedere nei personaggi dell'opera. L'opera rispetta il principio aristotelico [[Unità aristoteliche| dell'unità di tempo, di luogo, e di azione]].
 
Si inserisce nel filone cinquecentesco del [[dramma pastorale]], che aveva già fornito esempi degni di nota, quali ''L'Egle'' di [[Giovanni Battista Giraldi Cinzio|Cinzi Giovanni Battista Giraldi Cintio]] e il ''Sacrificio'' del [[Agostino Beccari|Beccari]], e troverà ulteriori sviluppi con il ''[[Il pastor fido (Guarini)|Pastor fido]]'' di [[Battista Guarini| Guarini]].
 
Per quanto l<nowiki>'</nowiki>''Aminta'' sia stata spesso vista come un'opera leggera e rivelatrice di un Tasso cortigiano, interessato unicamente a creare un'opera d'intrattenimento o un «idillio»<ref>E. Donadoni, ''Torquato Tasso'', Firenze, Battistelli, 1921, pp. 123-137</ref>, essa offre comunque lo spunto per cogliere la sensibilità delicata dell'autore, in una felice rappresentazione di stati d'animo vicini a quelli della vita quotidiana, con una magistrale fusione tra verità e fantasia.<ref>L. Tonelli, cit., pp. 101-102</ref>