Innominato: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Ripristino
Etichetta: Ripristino manuale
m L'innominato non è un nome proprio, va scritto con l'iniziale minuscola. Lo stesso Manzoni scrive: saremo costretti a chiamare l'innominato con l'iniziale minuscola.
Riga 48:
}}
 
L{{'}}'''Innominatoinnominato''' è un [[personaggio immaginario]] presente ne ''[[I promessi sposi]]'', romanzo di [[Alessandro Manzoni]]. Il personaggio è così chiamato per l'impossibilità di citarne il nome.
 
== Descrizione ==
Riga 55:
|A. Manzoni, ''I promessi sposi'', [[s:I promessi sposi (1840)/Capitolo XIX|cap. XIX]]}}
 
L'Innominatoinnominato è una delle figure psicologicamente più complesse e interessanti del romanzo. È il potente [[Signore (titolo nobiliare)|signore]] a cui [[don Rodrigo]] si rivolge per attuare il piano di rapire [[Lucia Mondella]]. Figura malvagia ma preda da un certo tempo di una profonda crisi spirituale, che lo porta a non riconoscersi più nelle sue malefatte, l'Innominatoinnominato coglie nell'incontro con Lucia un segno, una luce che lo porta alla conversione; solo in un animo simile, senza vie di mezzo, una crisi interiore può portare a una trasformazione completa.
 
Durante la notte in cui Lucia è prigioniera nel castello, la disperazione dell'Innominatoinnominato è talmente forte da fargli desiderare il suicidio, ma ecco che la [[Provvidenza|Divina Provvidenza]] e le parole di Lucia lo salvano e gli mostrano la via della misericordia e del perdono. La sua conversione giunge dopo la notte angosciosa, infatti quel giorno arriva nel suo paese il cardinale Federico Borromeo, personaggio storico. La scelta di Manzoni del personaggio per attuare la conversione non è certamente casuale: infatti solo un uomo di una grandissima bontà come il cardinale può redimere l'Innominatoinnominato.
 
Come dichiarato dall'autore stesso al termine del capitolo 24, le fonti storiche del [[Giuseppe Ripamonti|Ripamonti]] stesso riferiscono che l'uomo si sia convertito dopo un lungo colloquio con il porporato. Nel romanzo, i due personaggi si possono considerare, per certi aspetti, come opposti. Dopo la conversione l'Innominatoinnominato cambia completamente e coglie al volo l'occasione per far del bene in maniera proporzionata al male che aveva fatto. Il personaggio dell'Innominatoinnominato e il suo "castello a cavaliere di una valle angusta e uggiosa" con la relativa ambientazione (capitolo XX) richiamano le tetre, cupe immagini del [[romanzo gotico]] del [[Secolo XVIII|Settecento]] in cui era solitamente presente la figura della giovane innocente perseguitata da un tiranno malvagio, eroe del male.<ref>L'Innominato rappresenta la figura del brigante passionale, come quella presente ne ''[[I masnadieri (Schiller)|I masnadieri]]''.</ref><ref>Nel romanzo ''[[Ivanhoe]]'' di [[Walter Scott]] si trovano varie analogie con l'Innominato e la figura della vecchia nel suo castello. Il personaggio manzoniano è una vera serva, una donna impaurita che obbedisce pedantemente agli ordini dell'Innominato. Urfrida, la vecchia presente nel romanzo di Scott, è una sorta di schiava-prigioniera piena di odio e di rimorsi, al servizio degli assassini della sua famiglia, che fu sterminata dal padre di Reginald Front-de-Boeuf. Analogìe ma anche evidenti differenze stanno tra l'ebrea Rebecca in ''Ivanhoe'' e Lucia Mondella (cap. XXIV). Lucia è debole, indifesa, prega Dio e ricorda all'Innominato che nell'al di là verrà giudicato da Dio. Rebecca si distingue invece per un carattere determinato ed intraprendente che le permette di opporsi in un vigoroso confronto con il [[Templare]] Brian de Bois-Guilbert arrivando al punto di minacciare orgogliosamente di uccidersi. (''Dove il sì suona'' di Marazzini, Fornara, Daino, Leonardi, Maconi, Naso; vol. 2, pag. 599-605, D'Anna editore, Messina-Firenze, 2011).</ref>
 
Presenta volontà indomabile, desiderio e ricerca di solitudine, orgoglio e amore d'indipendenza, malvagità dovuta ad arroganza e fierezza, ma nata dallo sdegno e dall'invidia verso le tante prepotenze a cui assiste. Non si compiace della scelleratezza e tiranneggia per non essere tiranneggiato.<ref>[[Arturo Graf]], ''Foscolo, Manzoni, Leopardi'', Torino, Chiantore, 1945, pp. 137-40.</ref> Il [[castelloCastello dell'Innominato|castello dell'innominato]] presenta una solitudine eccelsa di paesaggio e d'anima. Il paesaggio è singolare e fa da sfondo alla vicenda eccezionale: si tratta di un paesaggio d'arte e fantasia. La personalità dell'Innominatoinnominato impronta di sé tutta la realtà circostante e il paesaggio è un'introduzione psicologica alla vicenda. L'atmosfera del castello è mitica e all'altezza dei luoghi corrisponde un'elevatezza d'animo. L'alba che precede la conversione mostra una liberazione vicina, "un colore di travaglio e di mortificazione che è il colore stesso della natura e della vita. [...] Presenza silenziosa e operosa di un Dio che non è solo testimone ma artefice".<ref>Mario Marcazzan, ''Il paesaggio dei "Promessi Sposi"'', cit., pp. 101-104</ref>. [[Attilio Momigliano]]<ref>''L'Innominato'', Genova, Formiggini, 1913.</ref> evidenzia bene l'evoluzione dell'animo del personaggio, la solitudine dell'anima nelle tenebre della notte ed il travaglio del rinnovamento. Nel contrasto fra io antico e nuovo egli prova una "non so qual rabbia di pentimento" e [[Lucia Mondella]] è un'immagine presente di condanna e di perdono. [[Luigi Russo]]<ref>''I Personaggi dei "Promessi Sposi"''; Bari, Laterza, 1952, pp. 119-129.</ref> sottolinea che nella non resistenza di Lucia, l'Innominatoinnominato vede come l'immagine temuta della morte che viene sola e disarmata, senza che le si possa opporre nulla. Dinanzi alla fanciulla il più debole è lui. Ad un certo punto egli non discorre più con Lucia ma con il suo fantasma interno di Dio. Egli attua una ricerca sgomenta di un nuovo sentiero di vita, prova orrore delle memorie di una vita scellerata.
 
Il pensiero della morte ed il confuso presentimento dell'oltretomba scavano nel suo animo in cui gli pare di sentire una voce che dice "Io sono però" (cap. XX). Avverte una misteriosa presenza e diviene consapevole della propria effimera potenza. Poi inizia l'ascensione dello spirito dell'Innominatoinnominato: il terrore nella notte della conversione, a mano a mano che la sua coscienza si profonda, la sua angoscia si fa opprimente. Il ricordo delle parole di Lucia ("Dio perdona tante cose per un'opera di misericordia") è un avvertimento di cui l'anima non sa precisamente l'origine. Nella sua mente si accalcano il pensiero del futuro e la memoria insopprimibile dell{{'}}''io'' di un tempo, l'orrore delle memorie di una vita scellerata.
 
Dopo gli ultimi ondeggiamenti dell'anima, l'Innominatoinnominato giunge all'alba di redenzione, alla [[palingenesi]] spirituale e al rischiararsi dell'anima corrisponde un rischiararsi del paesaggio in un profondo sentimento religioso della natura. Il cielo, i monti, gli uomini, accompagnati dalla musica d'indeterminata speranza del suono delle campane, partecipano alla redenzione di un'anima.<ref>[[Attilio Momigliano]], ''L'Innominato'', Genova, Formiggini, 1913.</ref> La crisi spirituale dell'Innominatoinnominato, descritta alla fine del XXI capitolo, passa attraverso fasi progressive:
* la comprensione della vanità del continuo agire nel male ("non che riuscisse a trovar ragioni che in quel momento gli paressero buone a scusare il fatto, non sapeva quasi spiegare a se stesso come ci si fosse indotto.");
* l'esame di coscienza ("si trovò ingolfato nell'esame di tutta la sua vita");
Riga 102:
[[File:Castello_Innominato_B_Vercurago.jpg|thumb|Vista del colle con il [[castello dell'Innominato]] sulla cima del [[Sacro Monte di Somasca]]]]
== Precedente versione ==
Nel ''Fermo e Lucia'' (prima redazione), l'Innominatoinnominato era chiamato "Il Conte del Sagrato", in riferimento ad uno dei suoi tanti omicidi, avvenuti appunto sul [[sagrato]] di una chiesa. In seguito pare che Manzoni ne cambiò il nome poiché questo in un certo senso ne immiseriva la condizione titanica e ribelle, rimandando allo squallore di un omicidio.
 
== Luoghi manzoniani ==