Italo Svevo: differenze tra le versioni
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Cresciuto in un contesto [[Mitteleuropea|mitteleuropeo]], ha tratto il suo pseudonimo dalle due culture, italiana e tedesca, che formarono la sua educazione.<ref>[[Giorgio Luti]], ''Svevo'', Il Castoro, Firenze, 1970.</ref>
Impiegato di banca, attività a cui fu costretto per motivi economici, iniziò a cimentarsi con la scrittura in articoli e racconti. Nel 1892 scrisse il suo primo romanzo, ''[[Una vita (Svevo)|Una vita]]'', a cui seguirono ''[[Senilità (romanzo)|Senilità]]'' (1898) e la sua opera più celebre ''[[La coscienza di Zeno]]'' nel 1923 che lo pose all'attenzione della critica. Formatosi sugli scrittori realisti francesi, sulla filosofia di [[Arthur Schopenhauer|Schopenhauer]] e gli scritti di [[Sigmund Freud]], Svevo introdusse nella letteratura italiana una visione analitica del reale, sottoposta a una continua interiorizzazione, sempre attenta ai moti della coscienza. L'indagine sull'inconscio, spesso mutuata dall'ironia e dal grottesco, diventa protagonista delle sue opere che presentano sempre un eroe negativo, preso da una "malattia" che altro non è che la condizione di crisi esistenziale di una società priva di valori.<ref>[[Giacinto Spagnoletti]], ''Svevo'', Ediz. Accademia, Milano, 1972.</ref>
== Biografia ==
[[File:Italo Svevo4.jpg|thumb|upright=0.8|Il giovanissimo Ettore Schmitz (1875)]]
Aron Hector Schmitz nacque in via dell'Acquedotto (oggi [[viale XX Settembre]] n. 16) a [[Trieste]], nell'allora [[
Cambierà in seguito il suo nome in Italo Svevo, mentre con lo pseudonimo di ''Ettore Samigli'' pubblica i suoi primi lavori<ref>{{Cita|La coscienza di Zeno|Pref.}}</ref>.
Nel 1867 entrò, assieme al fratello Adolfo, alle scuole elementari israelitiche di via del Monte, dove allo studio dell'italiano e del tedesco accompagnò quello della tradizione ebraica.<ref>E. Ghidetti, ''Italo Svevo'', Roma 1980, pp. 45-46.</ref> Nel 1872 passò alla scuola privata commerciale di Emanuele Edeles dove, racconta il fratello Elio che la frequentò a sua volta, «i maestri erano scadenti. Il direttore bravo, ma avaro e ingiusto allo stremo».<ref>''Lettere a Svevo. Diario di Elio Schmitz'', Milano 1973, p. 199.</ref> I tre fratelli, all'Edeles, non si dedicavano allo studio, ma la precoce passione di Ettore per la letteratura si manifestò già a quest'
Nel 1874 il padre, convinto che la lingua tedesca fosse essenziale per il futuro professionale dei propri figli (in casa si discorreva abitualmente in [[dialetto triestino]]), inviò Ettore e Adolfo, e più tardi anche Elio, al ''Brussel'sche Handels und Erziehungdinstitut'' di [[Segnitz]], in [[Baviera]]. Questo episodio ispirò il racconto incompiuto ''L'avvenire dei ricordi'' (
|nome = SCHMITZ, Aron Hector
|nomeurl = aron-hector-schmitz
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Benché italofono dall'infanzia, la sua formazione avviene quindi in un ambiente linguistico prettamente [[lingua tedesca|tedesco]],<ref>{{cita news|autore=Ursula Naumann |url=https://www.br.de/radio/bayern2/sendungen/land-und-leute/italo-svevo-in-segnitz-ursula-naumann108.html|titolo="Die Zukunft der Erinnerungen" Italo Svevos Schulzeit in Segnitz |pubblicazione=br.de|data=18 dicembre 2011|accesso=9 maggio 2019|lingua=de}}</ref> elemento che influenzerà profondamente il suo stile letterario portandolo a caratteristiche forzature stilistiche.
La biculturalità sarà un elemento importante nella vita dello scrittore, che egli tuttavia (a differenza di molti letterati [[risorgimento|risorgimentali]]) non vivrà mai in modo conflittuale o doloroso, ma sempre in armonia, sottolineando anzi la propria doppia culturalità nella scelta dello pseudonimo ''Italo Svevo''. Nel 1878 torna a Trieste e termina il suo percorso di studi commerciali all'Istituto Commerciale "Pasquale Revoltella" senza trascurare la cultura letteraria, leggendo prima i classici tedeschi e successivamente i classici italiani.
Nel 1880, dopo il fallimento dell'azienda paterna, deve iniziare a lavorare presso la filiale cittadina della Banca Union di [[Vienna]], impiego che, sebbene mai amato, mantiene per diciotto anni.<ref>{{cita web|url=http://www.museosveviano.it/ar/svevo-virtual-tour/in-museo/3-il-piatto-veneziani/svevo-impiegato-alla-banca-union/|titolo=Svevo impiegato alla Banca Union|accesso=9 maggio 2019|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20190509015451/http://www.museosveviano.it/ar/svevo-virtual-tour/in-museo/3-il-piatto-veneziani/svevo-impiegato-alla-banca-union/|dataarchivio=9 maggio 2019|urlmorto=sì}}</ref> Frequentando la Biblioteca civica di [[Trieste]] legge i classici italiani e i naturalisti francesi, estendendo i propri interessi anche alla filosofia ([[Arthur Schopenhauer]] e [[Friedrich Nietzsche]]) e alla scienza, in particolare alle opere di [[Charles Darwin]].
Nello stesso periodo inizia la collaborazione con ''[[L'Indipendente (Trieste)|L'Indipendente]]'', giornale di ampie vedute [[socialismo|socialiste]], per il quale scrive 25 recensioni e saggi teatrali e letterari. Riesce anche a far pubblicare, rispettivamente nel 1888 e nel 1890, i suoi racconti ''Una lotta'' e ''[[L'assassinio di via Belpoggio]]'', scritti in lingua italiana sotto lo pseudonimo "Ettore Samigli", cui fanno seguito un terzo racconto e un monologo teatrale. Nel frattempo, nel 1886, Svevo perde suo fratello Elio e inizia a scrivere commedie e (i primi abbozzi già dal 1887) un romanzo.
Nel
Dalla donna ha una figlia, Letizia, che avrà una vita molto lunga (20 settembre
Il matrimonio segna una svolta fondamentale nella vita di Svevo: in primo luogo l'«inetto» trova finalmente un terreno solido su cui poggiare e, di conseguenza, può arrivare a coincidere con quella figura virile che gli sembrava irraggiungibile: il ''pater familias''. Nel
Dimessosi dalla banca, nel
[[File:Italo Livia Letizia Svevo.jpg|thumb|left|upright=0.7|Lo scrittore con la moglie Livia e la figlia Letizia (1912 circa)]]
Allo scoppio della [[prima guerra mondiale]] l'azienda nella quale lavora viene chiusa dalle autorità austriache (il suocero morirà nel
[[File:Svevo.jpg|thumb|Italo Svevo con la bozza preliminare di ''Una vita'' (1892)]]
In questo periodo approfondisce la conoscenza della letteratura inglese; si interessa alla psicoanalisi e traduce ''L'interpretazione dei sogni'' di [[Sigmund Freud]], che influenzerà notevolmente la sua opera successiva. In seguito accetta di buon grado l'occupazione italiana della città e, dopo la guerra, con il definitivo passaggio di Trieste al [[Regno d'Italia]], collabora al primo importante giornale triestino italiano, ''La Nazione'', fondato dall'amico Giulio Cesari. Prende la cittadinanza italiana e italianizza in Italo Svevo il nome che aveva adottato, ossia Ettore Schmitz.<ref name=letizia/>
Nel
Non aderisce al [[fascismo]] ma nemmeno si oppone, a differenza del genero [[Antonio Fonda Savio]], futuro [[antifascista]] e [[partigiano]] del [[Comitato di Liberazione Nazionale|CLN]].<ref>[http://ilpiccolo.gelocal.it/cronaca/2012/12/12/news/per-paura-del-fascismo-voleva-cambiare-la-vita-1.6185467 Italo Svevo per paura del fascismo voleva cambiare la ''Vita''].</ref> Tullio Kezich ha dichiarato che Svevo si iscrisse alla Corporazione fascista degli Industriali ("Fulvio come Zeno, antieroe vincente", Il Piccolo, 21 gennaio 2001). Nel 1926 la rivista francese ''Le navire d'argent'' gli dedica un intero fascicolo; nel 1927 tiene una famosa conferenza su Joyce a [[Milano]] e nel marzo 1928 viene festeggiato a [[Parigi]] tra altri noti scrittori, tra cui [[Isaak Ėmmanuilovič Babel']].
Il 12 settembre
La moglie Livia, nella ''Vita di mio marito'' (1976), riferisce che Svevo, vedendo la figlia in lacrime al suo capezzale le disse in dialetto triestino: "No pianzer Letizia, no xe niente morir!" (Non piangere Letizia, non è niente morire!)
I funerali si svolgono a Trieste il 15 settembre 1928 secondo il rito ebraico<ref name=fondasavio>{{cita libro | coautori= Letizia Svevo Fonda Savio, Bruno Maier | titolo= Italo Svevo | anno= 1981 | editore= Edizioni Studio Tesi | città= Pordenone | pp= 129-136 | isbn= 88-7692-259-8 }}</ref>.
Nell'agosto 2022 gli è stato dedicato un [[asteroide]], [[28193 Italosvevo]] <ref>{{en}}
==Gli interessi letterari==
In Svevo confluiscono filoni di pensiero contraddittori e difficilmente conciliabili: da un lato il [[positivismo]], la lezione di [[Charles Darwin|Darwin]], il [[marxismo]]; dall'altro il pensiero negativo e antipositivista di [[Arthur Schopenhauer|Schopenhauer]], di [[Friedrich Nietzsche|Nietzsche]] e di [[Sigmund Freud|Freud]]. Ma questi spunti contraddittori sono in realtà assimilati da Svevo in un modo originalmente coerente: lo scrittore triestino assume dai diversi pensatori gli elementi critici e gli strumenti analitici e conoscitivi piuttosto che l'ideologia complessiva.<ref name=letizia/> Sul piano stilistico espressivo Svevo si ispirava al romanzo psicologico il cui tema dominante è l'esplorazione dell'inconscio, ossia la parte più profonda del pensiero umano caratterizzato soprattutto da una minuziosa analisi interiore dei personaggi delle loro emozioni e stati d'animo. Svevo segue anche la tecnica del monologo interiore e del flusso di coscienza che porta a un testo con una continua alternanza di piani temporali (presente e passato).
Così, dal positivismo e da Darwin, ma anche da Freud, Svevo riprende la propensione a valersi di tecniche scientifiche di conoscenza e il rifiuto di qualunque ottica di tipo metafisico, spiritualistico o idealistico, nonché la tendenza a considerare il destino dell'umanità nella sua evoluzione complessiva. Del rapporto di Svevo con il [[marxismo]] è testimonianza il racconto-apologo ''La tribù'' nel
[[File:Sigmund Freud LIFE.jpg|thumb|upright=0.8|Sigmund Freud]]
Lo stesso atteggiamento Svevo rivela nei confronti di Nietzsche e di Freud. Il Nietzsche di Svevo è il teorico della pluralità dell'
Il rifiuto della psicoanalisi come terapia rivela nello Svevo de ''La coscienza di Zeno'' una difesa dei diritti dei cosiddetti "ammalati" rispetto ai "sani". La [[nevrosi]], per Svevo, è anche un segno positivo di non rassegnazione e di non adattamento ai meccanismi alienanti della [[civiltà]], la quale impone lavoro, disciplina, obbedienza alle leggi morali, sacrificando la ricerca del piacere. L'ammalato è colui che non vuole rinunciare alla forza del desiderio. La terapia lo renderebbe sì più "normale", ma a prezzo di spegnere in lui le pulsioni vitali. Per questo l'ultimo Svevo difende la propria "inettitudine" e la propria nevrosi, viste come forme di resistenza all'alienazione circostante. Rispetto all'uomo efficiente ma del tutto integrato nei meccanismi inautentici della società borghese, egli preferisce essere un "dilettante", un "inetto", un "abbozzo" aperto a possibilità diverse.
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{{Vedi anche|Una vita (Svevo)}}
Alle origini il romanzo venne presentato all'editore Treves con il titolo ''Un inetto'', in seguito Svevo fu invitato dallo stesso Treves a modificare il titolo del romanzo in quello definitivo. Tuttavia l'editore Treves rifiutò di pubblicare l'opera, che fu alla fine stampata dall'editore Vram. Il romanzo presenta nello schema una storia tardoverista, configurandosi come racconto di un vinto, cioè di un uomo sconfitto dalla vita. Ma rispetto al romanzo naturalista è evidente lo scarto: Alfonso è sconfitto non da cause esterne, sociali, ma interiori, proprie del suo modo di essere. Il protagonista incarna la figura dell'inetto, cioè di un uomo caratterizzato non da un'incapacità generica, ma da una volontà precisa di rifiutare le leggi sociali e la logica della lotta per la vita.
[[File:Italo Svevo3.jpg|thumb|Attore che interpreta Svevo mentre legge
]]
La trama: Alfonso Nitti, trasferitosi dalla campagna a Trieste, trova un impiego in banca, ma non riesce a stabilire contatti umani e vede le sue ambizioni economiche e letterarie frustrate. Vive una relazione con Annetta Maller, figlia del proprietario della banca. Sposando Annetta, potrebbe veder realizzate le proprie ambizioni, ma Alfonso, preso dall'inettitudine, fugge al paese natale, dove trova la madre gravemente ammalata. In seguito alla morte della madre è convinto di aver trovato finalmente il suo ''modus vivendi'', che consiste nel dominare le passioni. In realtà il protagonista è ben presto ripreso da queste ultime. Infatti ritornato a Trieste, rivede Annetta e le scrive una lettera, questa però è promessa sposa a Macario, giovane appassionato di letteratura conosciuto in casa Maller. Annetta non risponderà a questa lettera. Nel frattempo il fratello di Annetta sfida a duello Alfonso. Il protagonista preferisce suicidarsi con il gas, conscio del proprio fallimento.
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===Il secondo romanzo: ''Senilità''===
{{Vedi anche|Senilità (romanzo)}}
Il suo secondo romanzo, ''[[Senilità (romanzo)|Senilità]]'', appare sull'''Indipendente'' in 79 puntate collocate nel taglio basso di prima pagina dal 15 giugno al 16 settembre
Trama: Emilio Brentani, 35 anni, è conosciuto a livello cittadino per aver scritto un romanzo, e lavora come impiegato in una compagnia di assicurazioni. Vive un'esistenza grigia e monotona in un appartamento con la sorella Amalia, che lo accudisce. Emilio conosce Angiolina, di cui si innamora, e ciò lo porta a trascurare la sorella e l'amico Stefano Balli, scultore (ispirato al fraterno amico [[Umberto Veruda]]), che compensa i pochi riconoscimenti artistici con i successi con le donne. Stefano non crede nell'amore, e cerca di convincere Emilio a "divertirsi" con Angiolina, che è conosciuta in città con una pessima fama. Emilio dimostra invece tutto il suo amore nei confronti di questa donna, arrivando anche a trascurare gli indizi degli amici che cercano di avvertirlo dei suoi numerosi tradimenti. Stefano comincia a frequentare casa Brentani con maggiore assiduità, e Amalia finisce per innamorarsene.
Emilio, geloso della sorella, allontana Stefano, e Amalia, tornata triste e malinconica, comincia a stordirsi con l'etere, finché non si ammala di polmonite. Emilio segue la sorella malata, ma col pensiero sempre rivolto ad Angiolina, arrivando anche ad abbandonare la sorella più volte per andare
===Il ritorno al lavoro===
Deluso dall'insuccesso letterario decide di dedicarsi al [[commercio]] e diventa curatore di affari nel [[Veneziani S.p.A.|colorificio Veneziani]] che appartiene al suocero Gioacchino. Per motivi d'affari legati al colorificio, negli anni tra il
===Il periodo bellico e la ripresa letteraria===
Nel
===Il terzo romanzo: ''La coscienza di Zeno''===
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{{citazione|La salute non analizza se stessa e neppure si guarda allo specchio. Solo noi malati sappiamo qualche cosa di noi stessi.|''[[La coscienza di Zeno]]''}}
{{citazione|A differenza delle altre malattie la vita è sempre mortale. Non sopporta cure. Sarebbe come voler turare i buchi che abbiamo nel corpo credendoli delle ferite. Morremmo strangolati non appena curati.|''[[La coscienza di Zeno]]''}}
Nel [[1919]] inizia a scrivere il suo terzo romanzo, ''La coscienza di Zeno'', che pubblicherà nel
==== L'opera ====
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Essa è caratterizzata da un'architettura particolare: il romanzo, nel senso tradizionale non c'è più; subentra il diario, in cui la narrazione si svolge in prima persona e non presenta una gerarchia nei fatti narrati, a ulteriore conferma della frantumazione dell'identità del personaggio narrante. Il protagonista, infatti, non è più una figura a tutto tondo, un carattere, ma è una coscienza che si costruisce attraverso il ricordo, ovvero di Zeno esiste solo ciò che egli intende ricostruire attraverso la sua coscienza.
Trama:
''Il fumo'' racconta dei vari tentativi attuati dal protagonista per guarire dal vizio del fumo, che rappresenta la debolezza della sua volontà. In ''La morte di mio padre'' è raccontato il difficile rapporto di Zeno con il padre, che culmina nello schiaffo dato dal genitore morente al figlio.
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Qui terminano i capitoli del memoriale. Zeno, abbandonato lo psicoanalista, scrive un altro capitolo, intitolato ''Psico-analisi''. Egli spiega i motivi dell'abbandono della cura e proclama la propria guarigione. Il protagonista indica l'idea che lo ha liberato dalla malattia: "La vita attuale è inquinata alle radici"; in definitiva la capacità di convivere con la propria malattia è come una persuasione di salute.
Il finale è duplice: il primo comporta la dichiarazione di Zeno di essere "guarito" perché è un uomo ricco e di successo (''conclusione a lieto fine''). Il secondo è contenuto nelle due pagine conclusive del romanzo e sembra non avere un collegamento con il personaggio "Zeno": viene rappresentata la distruzione del mondo da parte di una "''deflagrazione universale''" ottenuta grazie
===Gli ultimi lavori===
Italo Svevo intanto lavora a una serie di novelle, e nell'estate del
Il 12 settembre
== Svevo e l'inettitudine dell'uomo contemporaneo ==
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Infatti i protagonisti dei suoi romanzi, sia Alfonso Nitti (''[[Una vita (Svevo)|Una vita]]''), sia Emilio Brentani (''[[Senilità (romanzo)|Senilità]]''), incapaci di affrontare la realtà si autoingannano, cercano cioè di camuffare la propria sconfitta con una serie di atteggiamenti psicologici che Svevo con puntigliosa precisione svela. Ma tutto è inutile: è la vita ambigua e imprevedibile contro la quale a nulla vale l'autoinganno ad avere partita vinta, e alla fine essa stritola i protagonisti dei romanzi di Svevo, che in comune hanno la totale inettitudine a vivere. All'autore dunque interessa proprio il modo di atteggiarsi dell'uomo di fronte alla realtà; ma questa partita con la vita si risolve sempre in una sconfitta per l'uomo. I personaggi sveviani sono degli ''[[antieroe|antieroi]]''.
I tre romanzi di Svevo costituiscono una sorta di trilogia narrativa, che in progressione sviluppa una tematica spirituale a sfondo autobiografico la quale tende non tanto
La tematica è stata approfondita ne ''[[La coscienza di Zeno]]'', il romanzo più maturo e originale dello scrittore triestino. ''La coscienza di Zeno'' appare venticinque anni dopo ''Senilità'' e differisce dai precedenti due romanzi per il quadro storico in cui matura l'opera che, infatti, risulta particolarmente mutato dal cataclisma della guerra mondiale, la quale chiude effettivamente un'epoca aprendo le porte a nuove concezioni filosofiche che superano definitivamente il [[
Il libro quindi è concepito come una confessione psicoanalitica, ispirata ai metodi di Sigmund Freud, il quale spiegava gli stati e le reazioni coscienti dell'individuo come un riflesso di complessi psichici stratificatisi nel subcosciente durante l'infanzia. [[Zeno Cosini]] è un uomo mancato, un abulico che, attraverso la confessione, tenta invano di comprendere
Lo scrittore chiama il tempo della narrazione ''tempo misto'' proprio per la caratteristica del racconto che non presenta gli avvenimenti nella loro successione cronologica lineare, ma inseriti in un tempo tutto soggettivo che mescola piani e distanze, un tempo in cui il passato riaffiora continuamente e si intreccia con infiniti fili al presente in un movimento incessante, in quanto resta presente nella coscienza del personaggio narrante. Si tratta di una concezione del tempo che, presente anche nell'opera ''[[Alla ricerca del tempo perduto]]'' di [[Marcel Proust]], si rifà alla filosofia di [[Henri Bergson]].
All'interno del memoriale, l'[[autobiografia]] appare un gigantesco tentativo di autogiustificazione da parte dell'inetto Zeno che vuole dimostrarsi innocente da ogni colpa nei rapporti con il padre, con la moglie, con l'amante e con il rivale Guido, anche se comunque traspaiono
Insomma, narrando oggi i fatti di ieri, Zeno scardina le categorie temporali in quanto il fatto o l'atteggiamento psicologico si presentano sfaccettati, con una contaminazione di presente e passato e con una molteplicità di valutazioni dovute alle progressive modificazioni che quel ricordo ha assunto alla luce delle esperienze posteriori, con un notevole complicarsi dell'impostazione della trama e della tecnica narrativa. Abbiamo come conseguenze principali il dissolversi del personaggio; infatti lo scrittore tradizionale ce lo presentava oggettivamente come una realtà autonoma da descrivere, mentre ora questa realtà del personaggio la vediamo nel suo farsi.
Inoltre viene mutato il piano di rappresentazione: dal piano oggettivo dello scrittore – narratore, creatore e organizzatore delle vicende, si passa al piano soggettivo del protagonista che dice
Per questo l'opera di Svevo è idealmente vicina a quella di [[Luigi Pirandello]], di [[James Joyce]], di [[Marcel Proust]]: essa testimonia il male dell'anima moderna. Emerge all'analisi di Svevo una condizione di alienazione dell'uomo che risulta lucidamente incapace di avviare un rapporto operoso con la realtà che lo circonda. Zeno ad esempio è un vinto consapevole ma senza grandezza, perché l'inettitudine esclude la lotta. Questa condizione però, per Svevo, non è connaturata all'uomo, bensì deve imputarsi a precise ragioni storiche. La spirale produttivistica di una società come l'attuale ha ridotto così l'umanità e potrebbe produrre la catastrofe, come si capisce dall'ultima pagina del romanzo:
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{{citazione|la vita attuale è inquinata alle radici […]. Qualunque sforzo di darci la salute è vano. Questa non può appartenere che alla bestia che conosce un solo progresso, quello del proprio organismo […]. Ma l'occhialuto uomo, invece, inventa gli ordigni fuori del suo corpo e se c'è stata salute e nobiltà in chi li inventò, quasi sempre manca a chi li usa. Gli ordigni si comperano, si vendono e si rubano e l'uomo diventa sempre più furbo e più debole. Anzi si capisce che la sua furbizia cresce in proporzione alla sua debolezza. I primi suoi ordigni parevano prolungazioni del suo braccio e non potevano essere efficaci che per la forza dello stesso, ma oramai, l'ordigno non ha più alcuna relazione con l'arto. Ed è l'ordigno che crea la malattia con l'abbandono della legge che fu su tutta la terra la creatrice. La legge del più forte sparì e perdemmo la selezione salutare. Altro che psico-analisi ci vorrebbe. Sotto la legge del possessore del maggior numero di ordigni prospereranno malattie ed ammalati. Forse traverso una catastrofe inaudita prodotta dagli ordigni ritorneremo alla salute. Quando i gas velenosi non basteranno più, un uomo fatto come tutti gli altri, nel segreto di una stanza di questo mondo, inventerà un esplosivo incomparabile, in confronto al quale gli esplosivi attualmente esistenti saranno considerati innocui giocattoli. Ed un altro uomo fatto anche lui come tutti gli altri, ma degli altri un po' più ammalato, ruberà tale esplosivo e s'arrampicherà al centro della terra per porlo nel punto ove il suo effetto potrà essere il massimo. Ci sarà un'esplosione enorme che nessuno udrà e la terra ritornata alla forma di nebulosa errerà nei cieli priva di parassiti e di malattie.<ref>Italo Svevo, ''La coscienza di Zeno'', Milano, Mondadori 1985, pp. 388-89.</ref><ref>In questo passo, alla fine del romanzo, è presente la condanna marxista dell'eccessiva tecnologia, delle spietate leggi della società capitalistica e della supremazia del ''possessore del maggior numero di ordigni'', ed è pure presente un riferimento alle teorie di Darwin secondo cui gli animali conoscono solo il progresso della "selezione naturale" che garantisce la sopravvivenza della specie, mentre l'uomo, sottolinea Svevo, attraverso tecnologie viepiù sofisticate (''ordigni'') sta conducendo l'uomo alla distruzione condannando se stesso alla malattia.</ref>}}
Per lo scenario apocalittico di una società del genere non c'è salvezza. Svevo condanna senza clemenza la società borghese capitalista e non ne vede alternative sul piano storico. L'unica alternativa è infatti sul piano individuale: la sola salvezza per il singolo individuo è nell'acquisizione della coscienza, nella consapevolezza della condizione umana, delle menzogne e degli alibi con i quali mascheriamo le nostre fughe dalla realtà, laddove ci si sappia adattare, come Zeno, alla propria inettitudine. Le uniche vie di salvezza, insomma, sono l'autocoscienza e l'ironia. Ed ecco allora l'ironia che si avverte in tante pagine de ''La coscienza di Zeno'', il vedersi vivere spesso divertito del protagonista. In questa lucidità ironica sta la principale differenza con i precedenti protagonisti sveviani, e la profondità psicologica ed esistenziale di Zeno Cosini: un ''ultimo'' per forza del destino, il cui nome inizia con l'ultima lettera dell'alfabeto; un ''inetto'' per definizione, come si capisce dallo striminzito cognome; così come è indicativo il fatto che tutte le sue donne invece posseggano un nome che comincia con la lettera "A",
Il critico [[Giorgio Luti]] ha rilevato come i romanzi di Svevo evidenziano l'inquietudine dell'uomo moderno, la nuova coscienza "storica" della [[borghesia]] che sente esaurirsi il proprio "compito sociale" e la propria funzione direttiva. Svevo a [[Trieste]] "si trovò a partecipare alla crisi del mondo [[austro-ungarico]] che andava sempre più perdendo la propria funzione di coordinamento centro-europeo". Nello scrittore triestino si riflettono perciò "la solitudine del borghese, la disperata assenza di una ragione di vita, di una fede solida di fronte al crollo delle vecchie strutture economiche" (Alfonso Nitti, protagonista di ''Una vita'', intraprende un'impari lotta contro un organismo socio-economico che lo stritola, con la torturante coscienza di sapersi una vittima). Rispetto ad Alfonso Nitti, Emilio Brentani, protagonista di ''[[Senilità (romanzo)|Senilità]]'', è alla "ricerca di una giustificazione sociale alla propria condizione di vinto in anticipo"; allo scrittore "occorre la spiegazione clinica della situazione interiore del personaggio". Ne risulteranno sempre il fallimento, la rinuncia, la solitudine dell'individuo. Zeno Cosini è poi "documento della malattia universale", emblema, scrive Luti, di una "crisi estrema che non è soltanto economica, politica e culturale, ma crisi che mette in dubbio anche la giustificazione dello stesso valore morale dell'individuo".<ref>G. Luti, ''Svevo'', La nuova Italia, Firenze, 1967, pp. 64-79.</ref>
Nell'opera di Svevo è presente l'idea della vita come lotta: Svevo, seguendo [[Charles Darwin|Darwin]] e [[Nietzsche]], è convinto che la vita sia una lotta per l'affermazione di sé e che gli uomini si dividano perciò in vincitori e vinti. Se da Darwin mutua la concezione della selettiva e violenta lotta per la vita ([[darwinismo sociale]]), di [[Marx]] condivide la condanna della civiltà industriale con tutte le sue ''malattie'' (''alienazione'') e i suoi ''ordigni''.<ref>F. Gavino Olivieri, ''Storia della letteratura italiana, '800-'900'', Nuove Edizioni Del Giglio, Genova, 1990, p. 136.</ref> Nel romanzo ''[[Senilità]]'' c'è anche un richiamo alla filosofia di [[Schopenhauer]], alla contrapposizione tra "lottatori" e "contemplatori".<ref>A. Dendi, E. Severini, A. Aretini, ''Cultura letteraria italiana ed europea'', ed. Carlo Signorelli, vol. 5.</ref>
Dall'opera di Schopenhauer (''[[Il mondo come volontà e rappresentazione]]'') attinge l'idea del "carattere inconsistente" del nostro agire e dei nostri desideri: secondo il filosofo tedesco non siamo infatti noi a volere, ma vuole in noi, durante la nostra esistenza illusoria, una cieca volontà irrazionale, assolutamente senza scopo, "che anima l'universo in ogni sua fibra". L'
== Opere ==
=== Romanzi ===
*
*
*
===Racconti===
* ''Il primo amore'' (marzo
* ''Le Roi est mort, vive le Roi!'' (luglio
* ''[[I due poeti]]'' (
* ''[[Difetto moderno]]'' (febbraio
* ''[[I tre caratteri]]'', poi ''[[La gente superiore]]'' (marzo
* ''[[Una lotta]]'', come E. Samigli, in "L'Indipendente", 6,7, e 8 gennaio
* ''[[:s:La novella del buon vecchio e della bella fanciulla ed altri scritti|La novella del buon vecchio e della bella fanciulla ed altri scritti]]'', Milano, Morreale,
*''[[La novella del buon vecchio e della bella fanciulla]]'' (
*''[[La madre (Svevo)|La madre]]'' (
*''[[Una burla riuscita]]'' (
*''[[:s:La novella del buon vecchio e della bella fanciulla ed altri scritti/Vino generoso|Vino generoso]]'' (
*''[[Il vegliardo]]'' (
*''[[:s:Corto viaggio sentimentale e altri racconti inediti|Corto viaggio sentimentale e altri racconti inediti]]'', Milano, A. Mondadori,
*''[[Corto viaggio sentimentale]]'' (incompiuto);
*''[[L'assassinio di via Belpoggio]]'', già ne "L'Indipendente", 4 luglio-13 ottobre
*''Proditoriamente;''
*''La morte;''
*''Orazio Cima;''
*''[[Il malocchio]];''
*''La buonissima madre;''
*''[[L'avvenire dei ricordi]]'' (
*''Incontro di vecchi amici;''
*''Argo e il suo padrone;''
*''Marianno;''
*''Cimutti;''
*''In Serenella;''
*''La tribù;''
*''Giacomo;''
*''Le confessioni del vegliardo'' (incompiuto);
*''Umbertino'' (incompiuto);
*''Il mio ozio'' (incompiuto);
*''Un contratto'' (incompiuto);
*''Lo specifico del dottor Menghi;''
*Capitan tutte ai letterati, Italo Svevo e Anna Maria Zuccari (Neera), L'Alcova Letteraria, 2020 (contiene "Una burla riuscita").
=== Saggi ===
*
*
*
=== Favole===
Line 261 ⟶ 253:
*''Le teorie del conte Alberto'' ([[1885-92]])
*''Una commedia inedita'' ([[1885-92]])
*''Prima del ballo'' (
*''La verità'' (
*''[[Terzetto spezzato]]'' (
*''Atto unico''
*''Un marito'' (
*''Inferiorità'' (
*''Il ladro in casa'' (
*''L'avventura di Maria'' (
*''Con la penna d'oro'' (incompiuta)
*''La rigenerazione'' (
*''[[Ariosto governatore]]'', in [[Bruno Maier]], ''Lettere a Svevo''; ''Diario di Elio Schmitz'', Milano, Dall'Oglio, 1973 (frammento in versi del
== Trasposizioni cinematografiche ==
Le opere di Svevo sono state apprezzate dal cinema in misura minore e soprattutto negli ultimi anni. Comunque i risultati cinematografici sono stati buoni, rivelando la versatilità dei suoi romanzi.
Il primo film è ''Senilità'' del
Da ''[[La coscienza di Zeno]]'' è stato tratto uno [[sceneggiato televisivo]] prodotto dalla [[RAI]] e trasmesso nel
Nel
Nel
Ispirato liberamente a due capitoli della ''La coscienza di Zeno'' è ''[[Le parole di mio padre]]'' del
La Francia ha prodotto ''La novella del buon vecchio e della bella fanciulla'' con un film per la TV del 1996, diretto da [[Claude Goretta]].
==Svevo e la malattia di Basedow==
Nel quinto capitolo de ''[[La coscienza di Zeno]]'' il protagonista racconta come sua cognata Ada sia affetta dalla [[malattia di Basedow]]; Zeno inizia così a studiare e approfondire questa patologia, arrivando a paragonarla con la vita. Pensa infatti che la vita sia come una [[linea retta]], dove
==Edizioni==
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* Bruno Maier, ''Italo Svevo'', Milano, Mursia, 1961 e 1978.
* [[Marco Marchi]] (a cura di), ''Vita scritta di Italo Svevo'', Firenze, Le lettere, 1998.
* [[Eugenio Montale]], ''Omaggio a Italo Svevo'', in "L'Esame", IV
* Eugenio Montale, ''Presentazione di Italo Svevo'', in "Il quindicinale", Milano, 30 gennaio 1926.
* Giovanni Palmieri, ''Schmitz, Svevo, Zeno: storia di due biblioteche'', Milano, Bompiani, 1994.
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* [http://www.giuliosavelli.eu/index.htm#Svevo Sito di Giulio Savelli] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20120124074317/http://www.giuliosavelli.eu/index.htm#Svevo |data=24 gennaio 2012 }} contenente una bibliografia ragionata su Svevo
* [https://weblearn.ox.ac.uk/access/content/user/5076/svevo_2011.html#Italian_version Saggi critici su WebLearn (a cura della University of Oxford)], cfr. PAPERS / RELAZIONI
* [http://www.treccani.it/enciclopedia/italo-svevo_(Enciclopedia-dell'Italiano)/ Flavio Catenazzi, «Svevo, Italo
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