Suffragio femminile in Italia: differenze tra le versioni

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===Dal 1900===
Dopo gli insuccessi di Morelli, nel 1903 un nuovo disegno di legge che prevedeva l'estensione del diritto di voto anche alle donne fu firmato dal repubblicano [[Roberto Mirabelli]] e discusso nel giungogiugno 1904 e nel dicembre 1905. <ref name=Nove></ref>. Mirabelli era profondamente convinto che fosse necessaria una riforma del sistema elettorale e fece del suffragio universale uno dei punti cardine del suo programma politico.<ref>{{cita web|url=http://www.treccani.it/enciclopedia/roberto-mirabelli_(Dizionario-Biografico)/|titolo=Dizionario biografico degli italiani Treccani: Roberto Mirabelli|accesso=26 gennaio 2013}}</ref> Nel Novecento i disegni di legge riguardanti l'estensione del suffragio iniziarono a essere considerati maggiormente rispetto a quanto era stato fatto nel secolo precedente perché erano entrati in Parlamento gruppi di cattolici e di socialisti i quali da sempre trattavano con riguardo le questioni più strettamente legate al popolo. Nel 1906 viene proposta dal Comitato Nazionale pro-suffragio Femminile una nuova petizione scritta da Anna Maria Mozzoni e firmata da diverse celebri italiane (tra le quali Maria Montessori). <ref name=Nove></ref>Le donne sempre più consapevoli che non poter votare equivaleva a non esistere<ref name=ItaLib>{{cita libro| cognome=Isastia| nome=Annamaria |curatore =Marisa Ferrari Occhionero| titolo=Dal diritto di voto alla cittadinanza piena| editore= Casa editrice Università La Sapienza| città=Roma | anno= 2008 pagine=31-51| capitolo=La battaglia per il voto nell'Italia liberale}}</ref> approfittarono del silenzio legislativo per chiedere l'iscrizione alle liste elettorali e alcune domande vennero accolte suscitando critiche. Il silenzio legislativo era apparentemente dovuto a una svista del legislatore, ma nessuna coscienza pubblica avrebbe consentito alle donne di votare.<br/>
Nel 1908 il Comitato Nazionale pro-suffragio organizza un convegno. Tra i temi più discussi figurarono l'assurdità di concedere il voto agli uomini che sappiano leggere e scrivere ma non alle donne che abbiano studiato (a cura della presidentessa del Comitato [[Giacinta Martini]]), il vantaggio che apportò la concessione del suffragio femminile nei paesi che l'avevano adottato (di [[Teresa Labriola]]).<ref name=ItaLib></ref><br/>
Dal 1908 la socialista [[Anna Kuliscioff]] si schierò a favore dell'estensione del suffragio e nel 1910 si oppose suo marito [[Filippo Turati]] (anche capo del [[Partito Socialista Italiano|partito]] di entrambi): egli scrisse che era favorevole all'estensione del diritto di voto alle donne ma era convinto che non fosse ancora giunto il momento di concederlo. La Kuliscioff rispose che vi era poca ragione nel rimandare la concessione del diritto di voto alle donne per convenienza politica. Le socialiste avendo l'appoggio del loro partito presero sempre meno parte alle associazioni femminili pro-voto delle quali costituivano l'anima, decretandone una scarsa attività che fu risentita dalla Legge Giolitti del 1912.<ref name=ItaLib></ref>