Crimini di guerra italiani: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
m Sistemazione automatica della disambigua: La Repubblica - Inversione di redirect La Repubblica (quotidiano)
Atarubot (discussione | contributi)
template citazione; rimuovo link da parametro formato; rinominato parametro pagine a pp; fix formato data; prefisso " p." ridondante; Corretti parametri ref duplicati
Riga 122:
Il successivo 21 maggio, Maletti trasferì nella piana di Laga Wolde, chiusa a ovest da cinque colline e a est dal fiume Finche Wenz, tutti i religiosi. Le esecuzioni si protrassero sino alle 15:30 del pomeriggio e investirono 297 monaci, incluso il vice priore, e 23 laici sospettati di connivenza,<ref>Così fu effettuata l’esecuzione: {{Citazione|“Le vittime furono spinte giù dal camion e furono rapidamente fatte allineare, con il viso a nord e la schiena volta verso gli ascari. Furono quindi costretti a sedersi in fila lungo l’argine meridionale del fiume, che in quel periodo dell’anno era quasi completamente in secca. Gli ascari presero quindi un lungo telone, preparato appositamente per l’occasione, e lo stesero sui prigionieri come una stretta tenda formando un cappuccio sopra la testa di ognuno di loro. … I militari procedono quindi alla fucilazione dei religiosi. Un ufficiale italiano, poi, provvede al macabro colpo di grazia, sparando alla testa dei poveri monaci. Gli ascari, quindi, tolgono il telo nero dai cadaveri e si preparano per un successivo gruppo di condannati”.}} Da: {{Cita|Del Boca|p. 227.}}</ref> risparmiando i giovani diaconi, i maestri e altro personale d'ordine, che furono trattenuti. Ma tre giorni dopo Graziani inviava a Maletti una nuova direttiva: “Confermo pienamente la responsabilità del convento di Debrà Libanòs. Ordino pertanto di passare immediatamente per le armi tutti i diaconi. Assicuri con le parole: “Liquidazione completa”.<ref>Telegramma prot. n. 26609, pubblicato in: ''Départment de la Presse et de l’information du Gouvernment Impérial d’Ethiopie'', cit., pag. 132</ref> Il nuovo massacro fu eseguito in località Engecha, a pochi chilometri da Debre Berhan, e nella mattina del 26 maggio furono sterminati altri 129 diaconi. In totale, dunque, la cifra dei religiosi massacrati fu di 449.
 
Tra il 1991 e il 1994, due docenti universitari, l'inglese Ian L. Campbell e l'etiopico Defige Gabre-Tsadik, eseguirono nel territorio di Debrà Libanòs un'ampia e approfondita ricerca, dalla quale emerse che furono soppressi anche altri 276 insegnanti, studenti di teologia e sacerdoti appartenenti ad altri monasteri.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=Ian L. Campbell|titolo=La repressione fascista in Etiopia. Il massacro di Engecha|rivista=Studi piacentini|numero=24-25|anno=1999|paginepp=23-46}}</ref>
 
L'orrendo massacro scatenò una rivolta nella regione etiope del Lasta, a partire dall'agosto 1937, per stroncare la quale Graziani impartì i seguenti ordini:
Riga 147:
 
Riferisce Salem Omram Abu Shabur:
{{Citazione|Ogni giorno uscivano dal [[el Agheila]] cinquanta cadaveri. Venivano sepolti in fosse comuni. Cinquanta cadaveri al giorno, tutti i giorni. Li contavamo sempre. Gente che veniva uccisa. Gente impiccata o fucilata. O persone che morivano di fame e di malattia.<ref name="Cita|Del Boca|p. 186">{{Cita|Del Boca|p. 186.}}</ref>}}
 
Nella propaganda fascista ''L'Oltremare'' si affermava che "nel campo di Soluch c'è ordine e una disciplina perfetta e regna ordine e pulizia"<ref>{{Cita libro|autore = Antonella Randazzo|titolo = L'Africa del Duce: i crimini fascisti in Africa|anno = 2007|editore = Arterigere-Chiarotto Editore|città = }}</ref>.
Riga 174:
L'invasione italiana della Grecia non fu indolore e gli ultimi mesi d'occupazione furono caratterizzati dall'adozione su larga scala di misure repressive nei confronti dei civili.<ref name="GuerraSporca">{{Cita libro|autore=Lidia Santarelli|titolo=La guerra sporca di Mussolini}}</ref>
 
Nell'ottobre 1940, di fronte agli schiaccianti successi militari nazisti, il dittatore Benito Mussolini decise di aggredire la [[Grecia]]. Il 28 ottobre le truppe del Regio Esercito italiano, partendo dall'Albania ([[Occupazione italiana dell'Albania (1939-1943)|già occupata dall'Italia nel 1939]]), entrarono in territorio ellenico. Gli italiani erano certi di ottenere una vittoria rapida, ma le cose andarono diversamente: il tempo era pessimo, il terreno era montuoso e molto difficile da attraversare, e questo diede il tempo ai greci di continuare la mobilitazione e di spostare ulteriori truppe in Epiro. Le forze greche riuscirono così a contenere l'offensiva iniziale italiana e successivamente anche a contrattaccare gli invasori, impantanati nel fango e nel gelo delle trincee balcaniche. Di fronte al fallimento dell'offensiva, Mussolini reagì ordinando all'aviazione di bombardare incessantemente, distruggere e radere al suolo tutte le città con più di 10&nbsp;000 abitanti, con l'intento dichiarato di seminare il panico ovunque:<ref>{{Cita|Conti|pp. 162-163.}}</ref>{{Citazione|[...] in questo periodo di sosta occorre che l'aviazione faccia quello che non possono fare gli altri. Questi bombardamenti incessanti dovranno: a) dimostrare alle popolazioni greche che il concorso dell'aviazione inglese è insufficiente o nulla; b) disorganizzare la vita civile della Grecia, seminando il panico dovunque. Quindi voi dovete scegliere - chilometro quadrato per chilometro quadrato - la Grecia da bombardare [...].<ref>{{Cita libro|autore=USSME|titolo=La Campagna di Grecia|operacollana=Verbale della riunione tenuta a [[Palazzo Venezia]]|data=10 novembre [[1940]]|volume=documento n. 99|pagina=310}}</ref>|[[Benito Mussolini]]}}{{Citazione|[...] quando le nostre truppe furono costrette a retrocedere e a ripassare le frontiere, Mussolini si allarmò decisamente. Cambiò a due riprese il comandante delle truppe [...] il che sottrasse automaticamente il Comitato Locale della dipendenza dello Stato Maggiore dell'Esercito passandola a quella diretta del Duce [...] ordinò l'invio di grossi rinforzi [...] e stabilì che la nostra aeronautica, per stroncare qualsiasi velleità offensiva dell'esercito ellenico, radesse al suolo tutte le località greche di popolazione superiore ai 10&nbsp;000 abitanti, [[Atene]] esclusa.<ref>{{Cita libro|autore=[[Mario Roatta]]|titolo=Otto milioni di baionette|città=Milano|editore=Mondadori|anno=1946|pagina=132}}</ref>|[[Mario Roatta]]}} I bombardamenti portarono morte e distruzione, ma non modificarono l'esito della guerra; la sconfitta militare della Grecia e la conseguente occupazione del Paese si ebbe solo dopo l'intervento tedesco avvenuto nell'aprile 1941.
 
Il primo crimine commesso dagli italiani in Grecia fu strettamente legato alla strategia di guerra e la responsabilità fu condivisa con gli alleati tedeschi: l'occupazione portò come conseguenza una crisi economica devastante.<ref name="GuerraSporca"/> In Grecia, per garantirsi il regolare approvvigionamento, gli eserciti occupanti razziarono risorse e derrate alimentari presenti immagazzinati nel paese, lasciando la popolazione civile priva dei mezzi di sussistenza minimi.<ref>{{Cita libro|citazione=Tutte le derrate alimentari e tutte le merci dei nostri magazzini sono sparite: zucchero, caffè, riso, petrolio, cuoio, metalli, strumenti, medicine. Perfino gli apparecchi scientifici dei nostri laboratori. Il bestiame, gli animali da soma, cavalli, muli, buoi, montoni, capre, porci, tacchini, polli sono stati razziati. Tutti i nostri mezzi di trasporto, camion, automobili, macchine, motociclette, perfino i carretti a mano [...] Tutti i prodotti della terra [...] si sono volatilizzati [...] gli occupanti hanno fatto man bassa anche sull'olio d'oliva, sulle olive stesse, sui vini, sull'insalata, sul pesce, sulla frutta e sul tabacco|autore=D. Glinos|titolo=Che cos'è e cosa vuole l'E.A.M.|operacollana=Archivi Storici della Resistenza Nazionale|volume=quaderno n.1}} Già pubblicato in {{Cita libro|autore=Andrè Kedros|titolo=Storia della Resistenza greca|città=[[Padova]]|editore=Marsilio|anno=1967|pagina=84}}</ref> La fame e la denutrizione si estesero allora a tutti gli strati della popolazione, provocando reazioni quasi immediate contro le truppe occupanti.
Il 26 gennaio [[1942]], ad Atene si svolse una manifestazione di 6&nbsp;000 mutilati di guerra; il 17 marzo una nuova protesta di ex combattenti ed invalidi, repressa dai [[Carabinieri]] e dalla [[Feldgendarmerie]].<ref name="Davide Conti 1943 p. 166">{{Cita|Conti|p. 166.}}</ref> A fronte delle rivolte, vennero emesse ordinanze e bandi militari molto rigidi, decretate confische nei villaggi, arresti, fucilazioni e deportazioni nei campi di concentramento (Larissa, Hadari e Atene o al confino italiano, per quanto riguarda gli oppositori politici).<ref name="Davide Conti 1943 p. 166"/>
 
Riga 199:
 
Le difficoltà militari incontrate dall'Italia nella [[Campagna italiana di Grecia|campagna di Grecia]] crearono come riflesso una situazione politico-sociale difficilmente controllabile sul territorio albanese. Le milizie collaborazioniste albanesi si smembrarono facendo mancare agli italiani un supporto consistente per la gestione dell'ordine pubblico e la repressione anti-partigiana:
{{Citazione|[...] Le forze d'occupazione italiane non stettero a guardare. Nel dicembre del 1942 appiccarono il fuoco a centinaia di case ed effettuarono massacri contro la popolazione del luogo e fecero altre operazioni di repressione. Il 30 dicembre il comando fascista mandò in Mesapik più di due reggimenti militari. Aspri combattimenti si svolsero nella cittadina di Gjorm il primo gennaio del 1943, ai quali presero parte molti partigiani (comunisti) e ballisti (nazionalisti). I reparti italiani furono sconfitti e fu ucciso il comandante dell'operazione, Clementis. Per rappresaglia i fascisti uccisero poi il prefetto della città di Valona.<br />Il 16 gennaio 1943 i partigiani della città di [[Korca]] attaccarono i fascisti a [[Voskopoja]].<br />Altri combattimenti vi furono in altre parti dell'Albania nei quali persero la vita molti militari Italiani, ma vi furono gravi perdite anche nei reggimenti partigiani Albanesi.<br />Ci furono molti combattimenti nella città di [[Valona]], [[Selenice]], Mallakaster, in Domje e altri luoghi.<br />Un importante e al tempo stesso molto duro combattimento vi fu a [[Tepelene]]: anche qui persero la vita molti militari del reggimento fascista dislocato a Valona [...].<ref>{{Cita libro|operacollana=Archivio ANPI|titolo=La Resistenza albanese|url=http://www.anpi.it}}</ref>|}}
 
Il 12 maggio [[1941]] a seguito del fallito attentato contro il Re [[Vittorio Emanuele III]] a Tirana e la fucilazione del giovane operaio albanese Vasil Laci, autore dell'azione,<ref>{{Cita|Conti|p. 154.}}</ref> scoppiò una dura rivolta della popolazione contro l'occupante italiano, che in risposta eseguì con l'esercito, le milizie fasciste e il governo collaborazionista albanese numerose e pubbliche rappresaglie a scopo di monito verso la popolazione civile:
{{Citazione|[...] successivamente per scoraggiare la rivolta il binomio [[Francesco Jacomoni di San Savino|Jacomoni]]-[[Mustafa Merlika Kruja|Kruja]] ordinò una serie di pubbliche impiccagioni, indiscriminate e fece fucilare una serie di simpatizzanti e partigiani del Pca, presi prigionieri dai fascisti italo-albanesi [...].<ref>{{Cita libro|autore=[[Enzo Misefari]]|titolo=La Resistenza degli albanesi contro l'imperialismo fascista|editore=edizioni di cultura popolare|anno=1976|pagina=p. =123}}</ref>|}}
 
In importanti centri come [[Valona]] la resistenza partigiana divenne fenomeno di massa obbligando l'amministrazione italiana all'impiego di centinaia di militari per operazioni di ordine pubblico. Città come [[Fier]]i, [[Berat]] e [[Argirocastro]], divenuti centri attivi di lotta partigiana, subirono da parte dei miliziani filo-fascisti albanesi rappresaglie e rastrellamenti particolarmente cruenti tanto che nella zona di [[Qendër (Skrapar)|Skrapari]] i villaggi investiti dalle operazioni di polizia vennero completamente rasi al suolo e dati alle fiamme, dopo la razzia dei beni civili.<ref>{{Cita|Conti|p. 156.}}</ref>
Riga 210:
Il 14 luglio [[1943]] venne realizzata, dal Regio Esercito, un'imponente operazione militare anti-partigiana nei villaggi intorno a Mallakasha e al termine di quattro giorni di combattimento, in cui vennero usati artiglieria pesante e aviazione, tutti gli 80 villaggi della zona vennero rasi al suolo causando la morte di centinaia di civili.<ref name="ReferenceA">{{Cita|Conti|p. 157.}}</ref> L'eccidio di Mallakasha al termine della guerra verrà simbolicamente ricordato dalle autorità albanesi come la "[[Marzabotto]] albanese" con la volontà di porre in relazione i brutali metodi dell'occupazione tedesca e quelli italiani riguardo al controllo territoriale.<ref name="ReferenceA"/>
 
{{sf|Le statistiche dei danni arrecati all'[[Albania]] dall'occupante italiano parlano di 28&nbsp;000 morti, 12&nbsp;600 feriti, 43&nbsp;000 deportati ed internati nei campi di concentramento, 61&nbsp;000 abitazioni incendiate, 850 villaggi distrutti, 100&nbsp;000 bestie razziate, centinaia di migliaia di alberi da frutto distrutti.}} I militari italiani inclusi nelle liste della Commissione delle [[Nazioni Unite]] per crimini di guerra e in quelle del governo dell'Albania, al 10 febbraio [[1948]], risultarono 145, dei quali 3 inclusi nella lista della commissione e 142 aggiunti con nota verbale dal governo albanese che ne fece richiesta di estradizione all'Italia.<ref>{{Cita pubblicazione|autore=L. Klinkhammer|autore2=F. Focardi|operapubblicazione=Contemporanea|volume=anno IV|numero=3|data=luglio 2001|pagina=256}}, documento annesso al Promemoria del Ministero Affari esteri a firma del direttore generale Zoppi, del 19 gennaio 1948.</ref> Nessuno degli accusati venne estradato o processato.<ref>{{Cita|Conti|p. 159.}}</ref>
 
=== Occupazione del [[Regno di Jugoslavia]] ===
Riga 429:
=== Testi e saggi ===
* {{Cita libro|autore=Pietro Brignoli|titolo=Santa messa per i miei fucilati|editore=Longanesi & C.|città=[[Milano]]|anno=1973|cid=Brignoli}}
* {{Cita pubblicazione|autore=H. James Burgwyn|titolo=General Roatta's war against the partisans in Yugoslavia: 1942|rivista=Journal of Modern Italian Studies|data=settembre 2004|volume=vol. 9|capitolo=Capitolo 3|paginepp=314–329|cid=Burgwyn|lingua=inglese|numero=16}}
* {{Cita libro|autore=Davide Conti|titolo=Criminali di guerra italiani. Accuse, processi e impunità nel secondo dopoguerra|editore=Odradek|città=[[Roma]]|anno=2011|cid=Conti (2011)}}
* {{Cita libro|autore=Davide Conti|titolo=L'occupazione italiana dei Balcani. Crimini di guerra e mito della "brava gente" (1940-1943)|editore=Odradek|cid=Conti}}
Riga 440:
* {{Cita libro|autore=Alessandra Kersevan|titolo=Lager italiani. Pulizia etnica e campi di concentramento fascisti per civili jugoslavi 1941-1943|editore=Ed. Nutrimenti|anno=2008|isbn=978-88-88389-94-3|cid=Kersevan (2008)}}
* {{Cita libro|autore=Gianni Oliva|titolo=«Si ammazza troppo poco». I crimini di guerra italiani. 1940-43|editore=Mondadori|anno=2006|isbn=978-88-04-56404-1|cid=Oliva}}
* {{Cita pubblicazione|autore=Effie G.H. Pedaliu|titolo=Britain and the 'Hand-Over' of Italian War Criminals to Yugoslavia, 1945&nbsp;– 48|rivista=Journal of Contemporary History|volume=vol. 39|numero=4|paginepp=503-529|anno=2004|cid=Pedaliu|lingua=inglese}}
* {{Cita libro|autore=Eric Salerno|titolo=Genocidio in Libia. Le atrocità nascoste dell'avventura coloniale (1911-1931)|editore=SugarCo|città=Milano|anno=1979|cid=Salerno}}
* {{Cita libro|autore=Giacomo Scotti|titolo=Dossier foibe|editore=Manni|città=[[Lecce]]|anno=2005|isbn=978-88-8176-644-4|cid=Scotti}}
* {{Cita pubblicazione|autore=Lidia Santarelli|titolo=Muted violence: Italian war crimes in occupied Greece|rivista=Journal of Modern Italian Studies|data=settembre 2004|volume=vol. 9|numero=3|paginepp=280–299|editore=Routledge|cid=Santarelli|lingua=inglese}}
* {{Cita libro|autore=Thomas Schlemmer|titolo=Invasori non vittime. La campagna italiana di Russia. 1941-1943|editore=Laterza|città=Roma-[[Bari]]|anno=2009|cid=Schlemmer}}
* {{Cita libro|autore=Bruce Vandervort|titolo=Verso la quarta sponda la guerra italiana per la Libia (1911-1912)|editore=Stato maggiore dell'esercito|città=Roma|anno=2012|cid=Vandervort}}