Genealogia della morale: differenze tra le versioni

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Questa capacità umana di godere della vita e di attuare il "bene" in terra è però visto, all'altro capo della scala sociale, come un male. I deboli infatti interpretano l'agire dei signori come ''il'' male per eccellenza: la '''morale del gregge''', quindi, è una morale di ''reazione'' guidata dal [[Ressentiment]] verso i nobili e potenti. L'attacco che i deboli muovono al potere dominante consiste quindi nel rovesciare la scala dei valori e nel trasformare ciò che per i signori è buono in qualcosa di moralmente cattivo e sbagliato. Per attuare questa rivoluzione dal basso è però necessario ''giustificare'' il ribaltamento in atto.
 
Nell'identificare i valori appartenenti ai signori, Nietzsche muove la sua teoria dalla constatazione che tutte le società umane originarie fossero rigidamente suddivise in caste, e che l'appartenenza a ciascuna di esse fosse indice di un differente modus vivendi oltre che di differenti valutazioni morali. La casta dominante era quella dei guerrieri-sacerdoti, mentre quella dominata era in generale di quanti non avevano peso politico, spirituale o militare, e che Nietzsche riconosce piuttosto genericamente negli "schiavi". La morale aristocratica è rappresentata dalla contrapposizione di "buono e cattivo", mentre quella plebea dall'antitesi "buono e malvagio". Sostanzialmente il "buono" dei nobili è il "malvagio" dei plebei: il buono nell'accezione aristocratica è un individuo puro di mente e di cuore, pervaso di salute, audace e gioioso, costumato con i suoi pari ma indifferente alla condizione dei sottoposti che si sente in diritto di dominare; per l'appunto queste caratteristiche sono viste dallo schiavo come orribili vizi. Lo schiavo, invece, essendo impotente, a differenza del signore che ha la forza di sottomettere gli altri anche con l'esercizio della brutalità, apprezza quelle qualità che gli consentono di sopravvivere, ovvero la pazienza, l'umiltà, la gentilezza, la sopportazione dei soprusi. Lo schiavo cova un odio profondo per il suo dominatore, ma non potendolo manifestare dal momento che non ha né la forza né l'energia per opporsi al suo nemico, è costretto a trattenere dentro il sé il ''risentimento'' perdendo così l'amore per la vita. (Qui Nietzsche riprende, quasi alla lettera, gli argomenti esposti da [[Callicle]] nel [[Gorgia]] di [[Platone]]).
 
Nonostante la morale aristocratica sia una morale affermativa che dice di sì alla vita, la morale degli schiavi alla fine trionfa su di essa prendendo il sopravvento lentamente e inesorabilmente. Responsabili del rovesciamento del codice di valutazione morale sono principalmente i sacerdoti. Nel progresso della società, secondo Nietzsche, il ruolo dei sacerdoti è destinato a differenziarsi da quello dei guerrieri, creando così conflitti sul criterio di valutazione. Il sacerdote, essendo fondamentalmente impotente come lo schiavo, nutre risentimento per i guerrieri, così crea i concetti di puro e impuro. Da questa contrapposizione iniziale sviluppa una serie di categorie in base alle quali è puro chi decide di vivere secondo il dettame dei capi spirituali; il sacerdote, capendo che l'unico modo per sconfiggere il guerriero è quello di "allearsi" - naturalmente solo per convenienza e con lo scopo di dominio assoluto - con la plebe, stabilisce che la vita terrena non è altro che una copia della vera vita, quella ultraterrena che è riservata soltanto ai buoni nella concezione degli schiavi. Nietzsche imputa principalmente agli ebrei e ai loro eredi cristiani di aver inquinato ogni visione positiva e terrena della vita con promesse ultramondane illusorie. In particolare è stata la diffusione del cristianesimo ad aver portato alle estreme conseguenze questo processo di disgregamento della morale affermativa.