Antonio Locatelli: differenze tra le versioni

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=== La guerra d'Etiopia ===
Con la [[Guerra d'Etiopia|dichiarazione di guerra all'Etiopia]], il 7 gennaio 1936 Locatelli parte volontario per [[Mogadiscio]] assegnato all'aviazione di ricognizione e di bombardamento.<ref name=treccani/>
Secondo il suo biografo Vittorio Polli, Locatelli "andò in Africa perché era convinto che la conquista avrebbe dato un nuovo volto all'Italia nel contesto delle nazioni europee. Andò anche stregato dalla guerra, sperando di rivivere la sua gloriosa giovinezza [...]. Il soldato che era in lui, nutrito in gioventù da sensazioni indelebili, non poteva restare fuori da questa impresa, comunque essa fosse."<ref>Vittorio Polli, ''Antonio Locatelli. Vita e documenti'', Bolis, Bergamo, 1986, p. 151</ref>
In Etiopia compie il primo volo di collegamento tra il fronte somalo e quello eritreo, da [[Gorrahei]] alla [[Dancalia]].
E' inoltre immortalato in fotografia mentre lancia una grossa bomba sulle postazioni abissine presso [[Sassabaneh]].<ref>[https://books.google.it/books?id=XczeksCDw9kC&pg=PA329&dq=%22antonio+locatelli%22&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwij96C-q7vfAhUmMewKHdx7D7IQ6AEIZDAL#v=onepage&q=locatelli&f=false L'Africa del Duce: i crimini fascisti in Africa], di Antonella Randazzo, pp. 329-330</ref>
 
Nelle lettere che invia alla madre tra il marzo e il maggio del 1936, Locatelli esprime la sua gioia nel partecipare al bombardamento e allo sterminio del nemico etiope, descrivendo quelli che si configuraneo come [[crimini di guerra]], come gli attacchi diretti contro civili e il bombardamento delle città già “rese inabitabili – scrive Polli- dai gas degli aerei”<ref>[http://www.isrecbg.it/web/?p=5274 ISREC 22 maggio 2015]</ref>:
 
<blockquote>“Un lavoro grandissimo. Siamo in piena offensiva […] Ho volato già 4 volte su Harrar, 5 su Giggiga, due su Dire Daua ed ho lanciato bombe con una precisione che potrai ammirare dalle mie fotografie fatte con la Leica […]. I nemici oppongono resistenza al centro, ma li teniamo bombardati che non possono più mostrarsi alla luce del sole, saranno sgominati, sterminati e se vorranno resistere correranno il rischio di morire di fame. Sai che non possono muovere un autocarro senza che noi lo sappiamo e lo bombardiamo? Insomma un divertimento unico in barba ai nostri amici inglesi che avranno il mal di pancia a tutte le notizie delle nostre azioni travolgenti, e specialmente a sapere che sul lago Tana stanno già scolpendo nel granito una gigantesca figura del Duce”. (Gorrahei 23 marzo)<ref name=isrec>[http://www.isrecbg.it/web/?p=5656 ISREC]</ref></blockquote>
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[[File:Massacre_de_Lékemti.jpg|thumb|[[Eccidio di Lechemti]], illustrazione ''Le Pèlerin'', 26 luglio 1936]]
Nonostante la presa di [[Addis Abeba]] e la proclamazione dell'impero, le truppe italiane erano in difficoltà per via della stagione delle piogge. Locatelli ricevette dal generale [[Alfredo Graziani]] l'incarico di portarsi per via aerea a Lechemti, nell'estremo ovest del paese, per ricevere la sottomissione di un capo galla locale e preparare una base per ulteriori sbarchi aerei da cui procedere verso Gore, dove era riparato il governo provvisorio del negus. Locatelli parte per [[Lechemti]] con il generale di brigata aerea [[Vincenzo Magliocco]] il 26 giugno con tre aerei. Ma gli alleati galla non si presentano, e nella notte gli equipaggi accampati attorni ai velivoli presso la località di Bonaya vengono assaliti dai cadetti etiopi della scuola militare di OlettaOlettà, che si erano rifugiati a Gore.<ref name=treccani/>
Gli [[arbegnuoc]] guidati da Keflè Nasibù e Belai Haileab incendiarono gli aerei e uccisero tutti gli italiani, tranne padre Borello che si era allontanato il pomeriggio prima dell'attacco<ref>A. Del Boca, ''Gli italiani in Africa orientale'', vol. III, pp. 30-32.</ref>.
Dopo la scoperta dell'[[eccidio di Lechemti]], a Locatelli e agli altri componenti degli equipaggi viene concessa la [[medaglia d'oro al valor militare]]. Antonio Locatelli è l'unico individuo decorato con tre Medaglie d'Oro al Valor Militare.