Gioviano: differenze tra le versioni

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Una volta ottenuto il potere, Gioviano, consapevole della sua inesperienza militare, concluse con l'[[impero persiano]] una pace svantaggiosa per [[Roma]], abbandonando i territori conquistati da [[Galerio]] in [[Mesopotamia]] nel [[297]], comprese le fortezze di [[Singara]] e [[Nisibi]] (più altri 15 castelli), e lasciando di fatto l'[[Armenia]] sotto il controllo dell'Impero persiano, il quale poté insediarvi un sovrano vassallo. Tale scelta fu aspramente criticata dallo storico del tempo [[Ammiano Marcellino]] che definì tale accordo "vergognosissimo" e "ignobile", a cui sarebbe stato preferibile "affrontare dieci battaglie" (''Rerum gestarum libri'', XXV, 7,10).
 
Abrogò i decreti del suo predecessore contrari alla [[chiesa (istituzione)|chiesa]] [[Cristianesimo|cristiana]] (era egli stesso un cristiano), pur mantenendo una politica di tolleranza verso tutte le religioni, attirandosi l'odio e il sospetto dello stesso Ammiano (pagano, noto per l'appoggio dato a Giuliano), che questi definisce un debole, succubosuccube del [[Cristianesimo]] e incapace politicamente (a motivo della sua età giovane e della mancanza di esperienza).
 
Gioviano morì il 17 febbraio [[364]], dopo soli otto mesi di regno, probabilmente avvelenato casualmente dalle esalazioni di un braciere che teneva nella sua stanza a Dadastana in [[Bitinia]] mentre tornava con l'esercito dalla disastrosa spedizione militare contro l'Impero persiano; tra l'altro Ammiano Marcellino riporta (XXV, 10, 13) che l'opinione prevalente fu che l'imperatore fosse morto per indigestione.