Età giolittiana: differenze tra le versioni

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L'apertura nei confronti dei socialisti fu di fatto una costante di questa fase di governo: Giolitti programmava, infatti, di estendere il consenso nei riguardi del governo presso queste aree popolari, e in particolare presso quelle [[aristocrazia|aristocrazie]] operaie che, grazie ad una migliore [[retribuzione]] [[salario|salariale]] e, quindi, a un migliore [[tenore]] di [[vita]], raggiungevano il reddito minimo che consentiva il [[diritto di voto]]. Giolitti era infatti convinto che non fosse utile a nessuno tenere bassi i salari perché da un lato non avrebbe consentito ai lavoratori di condurre una vita dignitosa, dall'altro avrebbe strozzato il mercato provocando una sovrapproduzione.
 
Per la riuscita di questo suo progetto occorrevano due condizioni: la prima che i socialisti rinunziassero alle loro proclamate volontà rivoluzionarie, che del resto non avevano mai neppure accennato a tradurre in atto anche nelle più favorevoli occasioni insurrezionali come quelle da poco presentatesi con la rivolta dei [[Fasci siciliani]],<ref>Di questa rivolta popolare siciliana, si era occupato negli anni [[1892]]-[[1893]] Giolitti alla sua prima presidenza del consiglio, non intervenendo direttamente a reprimerla, ma lasciando che si esaurisse da sola. La ribellione che pure era caratterizzata da una vasta partecipazione di tutte le classi, continuò e si estese a tutta l'isola ma alla fine fallì per la repressione operata da Crispi, al suo secondo governo, con l'invio di 50000 uomini dell'esercito, ma soprattutto perché non ebbe una guida politica organizzata come quella del partito socialista che vedeva sconfessate le sue teorie operaiste secondo le quali avrebbero dovuto essere gli operai del Nord a mettere in atto la rivoluzione proletaria. I socialisti, comunque accusati da Crispi di aver fomentato la rivolta e messi al bando, rigettarono le accuse di ogni loro coinvolgimento pur assumendosene la "responsabilità morale".</ref> la seconda che la [[borghesia]] italiana fosse disponibile a rinunciare, almeno in piccola parte, ai suoi privilegi di classe per una politica di moderate [[riformismo|riforme]].
 
La situazione storica che attraversava il partito socialista, spaccato tra [[massimalismo (politica)|massimalisti]] rivoluzionari e turatiani riformisti favorì il programma giolittiano di coinvolgerlo nella guida del paese, ma anche lo condizionò come apparve dagli spostamenti a destra o a sinistra che subì il suo governo a seconda di quale corrente prevalesse nei periodici congressi del partito. Giolitti riproponeva la politica del [[trasformismo (politica)|trasformismo]] nel tentativo di isolare l'estrema sinistra e dividere i socialisti associandoli al governo. Tuttavia [[Filippo Turati]], che pure in un discorso del 22 maggio [[1907]] aveva dichiarato alla [[Camera dei Deputati|Camera]] che le trasformazioni sociali dovessero avvenire «''per una via di evoluzione, di penetrazione, di sostituzione graduale''», in quanto egli pensava che la violenza rivoluzionaria «''avesse una funzione clamorosa e decorativa, assai più che una funzione sostanziale''», non soddisfece a pieno le aspettative di Giolitti, rifiutando la partecipazione diretta al suo governo che preferì appoggiare dall'esterno, temendo, se avesse accettato il ministero offertogli, le ripercussioni sulla sua base elettorale scandalizzata da un aperto sostegno socialista a un governo liberale dei "padroni".
 
A questo proposito la [[critica]] [[storiografia|storiografica]] nota come, da queste migliori condizioni sociali, rimanessero esclusi i lavoratori meno qualificati (in particolare quelli [[Mezzogiorno (Italia)|meridionali]]), di fatto spesso e volentieri emarginati dai progetti politici di Giolitti (e che andarono a confluire nei partiti massimalisti).
 
===Le agitazioni sociali===
[[File:Gaetano Salvemini.jpg|thumb|upright=0.7|Gaetano Salvemini]]
Gli [[sciopero|scioperi]] che si susseguirono negli anni [[1901]] e [[1902]] sia nel settore agricolo<ref>Per l'agricoltura era rimasto a vantaggio degli agrari il rigido [[Sinistra storica#Il protezionismo|protezionismo]] voluto da Crispi.</ref> che in quello industriale, sia nel più sviluppato Nord che nel Sud del paese, dimostravano che tutta la floridezza economica e le riforme giolittiane non arrivavano ad incidere sulla precaria situazione della società italiana, soprattutto di quella meridionale, abbandonata a se stessa e presa in considerazione solo come un serbatoio di voti da ottenere con la corruzione dei deputati meridionali, gli "[[àscari]]"<ref>.Con questo termine s'indicavano le truppe coloniali di colore. La parola usata a proposito dei deputati voleva indicarne la complicità e sottomissione interessata al governo.</ref> del governo, con le pressioni dei [[prefetto|prefetti]], della [[mafia]] e della [[camorra]]. Gli [[intellettuale|intellettuali]] meridionali, come [[Gaetano Salvemini]], non si stancavano di accusare Giolitti, definito il "''ministro della malavita''".
 
Le riforme moderate non bastavano più: il paese aveva l'esigenza di riforme radicali, strutturali, che, se non avessero soddisfatto le esigenze della popolazione più povera, avrebbe causato quella estremizzazione delle classi sociali che, dopo l'intervallo fuorviante, voluto dalla classe dirigente, della [[Prima guerra mondiale]], giungerà al culmine nel [[Prima guerra mondiale|dopoguerra]] con la [[fascismo|rivoluzione fascista]] preventiva del ceto medio contro i presunti sovversivi.
 
I primi segni di questo fenomeno storico sono proprio nelle contraddizioni dell'età giolittiana che si dibatte tra governi riformisti e conservatori. Non a caso il [[1904]] fu l'anno del primo [[sciopero]] generale della storia italiana voluto per motivi politici dai sindacalisti rivoluzionari di [[Arturo Labriola]], nella speranza che questo fosse lo stimolo per una rivoluzione proletaria. Ma il calcolo politico fallì dinanzi alla tattica giolittiana di lasciare esaurire e sfogare lo sciopero, limitandosi a garantire l'ordine pubblico.
 
== Tra il Giolitti II ed il Giolitti III ==