Strage del Rapido 904: differenze tra le versioni

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'''Strage del Rapido 904''' o '''strage di Natale''' è il nome attribuito a un attentato dinamitardo avvenuto il 23 dicembre [[1984]] nella [[Grande galleria dell'Appennino|Grande Galleria dell'Appennino]], subito dopo la [[Stazione di Vernio-Montepiano-Cantagallo|stazione di Vernio]], ai danni del [[treno]] rapido n. 904, proveniente da [[Napoli]] e diretto a [[Milano]]<ref name="notte">{{Cita libro|autore=Sergio Zavoli|titolo=La notte della Repubblica|città=Roma|editore=Nuova Eri|anno=1992}}</ref>. L'attentato fu un'orrenda replica di quello dell'[[Strage dell'Italicus|Italicus]]<ref name="fango">{{Cita libro|autore=Indro Montanelli|autore2=Mario Cervi|titolo=L'Italia degli anni di fango|città=Milano|editore=Rizzoli|anno=1993}}</ref>. Per le modalità organizzative e per i personaggi coinvolti, è stato indicato dalla [[Commissione Stragi]] come un evento antesignano e precursore dell'epoca della [[Seconda guerra di mafia|guerra di mafia]] dei primi [[Anni 1990|anni novanta]] del [[XX secolo]].
 
L'attentato fu un'orrenda replica di quello dell'[[Strage dell'Italicus|Italicus]]<ref name="fango">{{Cita libro|autore=Indro Montanelli|autore2=Mario Cervi|titolo=L'Italia degli anni di fango|città=Milano|editore=Rizzoli|anno=1993}}</ref>. Per le modalità organizzative e per i personaggi coinvolti, è stato indicato dalla [[Commissione Stragi]] come un evento antesignano e precursore dell'epoca della [[Seconda guerra di mafia|guerra di mafia]] dei primi [[Anni 1990|anni novanta]] del [[XX secolo]].
 
In particolare, la Relazione Pellegrino in conclusione del capitolo denominato ''Il crocevia eversivo e la strage del Treno 904'', sviluppando un parallelo tra le dinamiche, i protagonisti e gli obiettivi delle due stragi di Bologna (1980) e del Rapido 904 (1984), afferma che: «Restano non pienamente chiariti i contesti, probabilmente diversi, in cui le due stragi sono venute ad inserirsi e i più ampi disegni strategici cui le stesse sono state funzionali. In tale prospettiva apprezzabile - ma non pienamente appagante - appare l'ipotesi avanzata in sede giudiziaria con specifico riferimento alla strage del treno 904 secondo cui la stessa sarebbe stata una reazione di Cosa Nostra all'attivarsi della collaborazione di alcuni pentiti "storici" come Buscetta e Contorno; un tentativo cioè dell'associazione criminale di rinsaldare, mediante la minaccia di un salto qualitativo della sua azione offensiva, legami istituzionali che sembravano allentarsi o comunque posti in discussione dall'attivarsi di una nuova stagione, che poneva in crisi un antico patto armistiziale. In tale prospettiva la strage di Natale del 1984 sembra preannunciare una stagione successiva che abbraccia eventi (quali le stragi di Capaci e via D'Amelio e gli attentati dell'estate '93)»<ref>{{cita web|url=http://www.fisicamente.net/MEMORIA/index-604.htm|titolo=IL CASO USTICA|accesso=29 luglio 2018}}</ref>.
 
== L'attentato ==
L'attentato venne compiuto domenica 23 dicembre 1984, nel fine settimana precedente le feste natalizie. Il treno era pieno di viaggiatori che ritornavano a casa o andavano in visita a parenti per le festività. Il treno, intorno alle 19:08, fu dilaniato da un'esplosione violentissima mentre percorreva la [[Ferrovia Bologna-Firenze (direttissima)|Direttissima]] in direzione Nord, all’interno della [[Grande Galleria dell'Appennino]], in località [[Vernio]], dove la ferrovia procede diritta e la velocità supera i 150&nbsp;km/h. La detonazione fu causata da una carica di esplosivo radiocomandata, posta su una griglia portabagagli del corridoio della 9ª [[Carrozza ferroviaria|carrozza]] di seconda classe, a centro convoglio: l'ordigno era stato collocato sul treno durante la sosta alla [[stazione di Firenze Santa Maria Novella]].
 
Al contrario del caso dell'[[Strage dell'Italicus|Italicus]], questa volta gli attentatori attesero che il veicolo penetrasse nel tunnel, per massimizzare l'effetto della detonazione: lo scoppio, avvenuto a quasi metà della galleria, provocò un violento spostamento d'aria che frantumò tutti i finestrini e le porte. L'esplosione causò 15 morti e 267 feriti<ref name="notte" />. In seguito, i morti sarebbero saliti a 16 per le conseguenze dei traumi<ref name="notte" />. Venne attivato il freno di emergenza, e il treno si fermò a circa 8 km dall'ingresso Sud e a 10 da quello Nord. I passeggeri erano spaventati, e a questo si affiancava il freddo dell'inverno appenninico. Il controllore Gian Claudio Bianconcini, al suo ultimo viaggio in servizio, chiamò i soccorsi da un telefono di servizio presente in galleria e, sebbene ferito, sopravvisse all'esplosione.
Il treno, intorno alle 19:08, fu dilaniato da un'esplosione violentissima mentre percorreva la [[Ferrovia Bologna-Firenze (direttissima)|Direttissima]] in direzione Nord, all’interno della [[Grande Galleria dell'Appennino]], in località [[Vernio]], dove la ferrovia procede diritta e la velocità supera i 150&nbsp;km/h. La detonazione fu causata da una carica di esplosivo radiocomandata, posta su una griglia portabagagli del corridoio della 9ª [[Carrozza ferroviaria|carrozza]] di seconda classe, a centro convoglio: l'ordigno era stato collocato sul treno durante la sosta alla [[stazione di Firenze Santa Maria Novella]].
 
Al contrario del caso dell'[[Strage dell'Italicus|Italicus]], questa volta gli attentatori attesero che il veicolo penetrasse nel tunnel, per massimizzare l'effetto della detonazione: lo scoppio, avvenuto a quasi metà della galleria, provocò un violento spostamento d'aria che frantumò tutti i finestrini e le porte. L'esplosione causò 15 morti e 267 feriti<ref name="notte" />. In seguito, i morti sarebbero saliti a 16 per le conseguenze dei traumi<ref name="notte" />.
 
Venne attivato il freno di emergenza, e il treno si fermò a circa 8 km dall'ingresso Sud e a 10 da quello Nord. I passeggeri erano spaventati, e a questo si affiancava il freddo dell'inverno appenninico. Il controllore Gian Claudio Bianconcini, al suo ultimo viaggio in servizio, chiamò i soccorsi da un telefono di servizio presente in galleria e, sebbene ferito, sopravvisse all'esplosione.
 
Il Presidente del Consiglio [[Bettino Craxi]] disse amaramente «S'è voluto sporcare di sangue questo Natale»<ref name="fango" />, mentre il Presidente della Repubblica [[Sandro Pertini]], nel suo ultimo messaggio di fine anno, commentò: «Cinque stragi abbiamo avuto, tutte lo stesso marchio d'infamia, e i responsabili non sono stati ancora assicurati alla giustizia. I parenti delle vittime, il popolo italiano non chiedono, come qualcuno ha insinuato, vendetta, ma chiedono giustizia»<ref name="fango" />. Il Capo dello Stato aggiunse che i servizi segreti erano stati rinnovati: «Mi hanno detto che vi sono persone molto valide, oneste. Gli antichi servizi segreti erano stati inquinati dalla P2, da questa associazione a delinquere. Ebbene i nuovi servizi segreti cerchino di indagare, non si stanchino di indagare, non si fermino ad indagare soltanto in Italia, vadano anche all'estero, perché probabilmente la sede centrale di questi terroristi si trova all'estero.»<ref name="fango" />.
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I soccorsi ebbero difficoltà ad arrivare, dato che l'esplosione aveva danneggiato la linea elettrica e parte della tratta era isolata, inoltre il fumo dell'esplosione bloccava l'accesso dall'ingresso sud, dove si erano concentrati inizialmente i soccorsi, che impiegarono oltre un'ora e mezza ad arrivare. I primi veicoli di servizio arrivarono tra le 20:30 e le 21:00: non sapevano cosa fosse successo, non avevano un contatto radio con il veicolo coinvolto e non disponevano di un ponte radio con le centrali operative periferiche o quella di Bologna. I soccorsi, una volta sul posto, parlarono di un «fortissimo odore di polvere da sparo».
 
Venne impiegata una [[locomotiva]] diesel-elettrica, guidata a vista nel tunnel, che fu per prima cosa usata per agganciare le carrozze di testa rimaste intatte, su cui furono caricati i feriti. Un solo medico era stato assegnato alla spedizione. L'uso della motrice [[Motore Diesel|diesel]] rese però l'aria del tunnel irrespirabile, per cui servì usare bombole di [[ossigeno]] per i passeggeri in attesa di soccorsi. Con l'aiuto della macchina di soccorso, i feriti vennero portati alla [[Stazione di San Benedetto Sambro-Castiglione Pepoli|stazione di San Benedetto Val di Sambro]], seguiti subito dopo dagli altri passeggeri illesi. Uno dei feriti, una donna, venne trovata in stato di choc in una nicchia della galleria, e fu portata a braccia fino alla [[stazione di Precedenze]] (che si trova circa a metà della galleria ed è utilizzata come posto di comunicazione).
 
Con l'aiuto della macchina di soccorso, i feriti vennero portati alla [[Stazione di San Benedetto Sambro-Castiglione Pepoli|stazione di San Benedetto Val di Sambro]], seguiti subito dopo dagli altri passeggeri illesi. Uno dei feriti, una donna, venne trovata in stato di choc in una nicchia della galleria, e fu portata a braccia fino alla [[stazione di Precedenze]] (che si trova circa a metà della galleria ed è utilizzata come posto di comunicazione).
Arrivati alla stazione di San Benedetto, ai feriti vennero offerte le prime cure, e quelli più gravi furono portati a Bologna da una quindicina di ambulanze predisposte per il compito, che viaggiavano scortate da Polizia e Carabinieri. Le cure ai feriti leggeri durarono fino alle cinque di mattina. Venne allestito rapidamente un [[ponte radio]], e la [[Autostrade per l'Italia|Società Autostrade]] fece in modo di mettere a disposizione un casello riservato al servizio di emergenza. I feriti vennero portati all'[[Ospedale Maggiore di Bologna]], facendosi largo nel traffico cittadino grazie a una razionalizzazione delle vie di accesso studiata proprio per i casi di emergenza. Per ultimi furono trasportati i morti: fortunatamente la neve cominciò a cadere solo durante questa ultima fase.
Venne allestito rapidamente un [[ponte radio]], e la [[Autostrade per l'Italia|Società Autostrade]] fece in modo di mettere a disposizione un casello riservato al servizio di emergenza. I feriti vennero portati all'[[Ospedale Maggiore di Bologna]], facendosi largo nel traffico cittadino grazie a una razionalizzazione delle vie di accesso studiata proprio per i casi di emergenza. Per ultimi furono trasportati i morti: fortunatamente la neve cominciò a cadere solo durante questa ultima fase.
 
Il piano di emergenza era frutto delle misure predisposte dopo la [[Strage di Bologna|strage del 2 agosto 1980]], e questa operazione fu la prima sperimentazione del sistema centralizzato di gestione emergenze costituito a Bologna. Nonostante le condizioni ambientali estremamente avverse, l'opera di soccorso e l'operato dei soccorritori furono ammirevoli per l'efficienza dimostrata, tanto che, pochi anni dopo, il servizio centralizzato di Bologna Soccorso sarebbe diventato il primo nucleo attivo del servizio di emergenza [[Servizio Sanitario di Urgenza ed Emergenza|118]].
Nonostante le condizioni ambientali estremamente avverse, l'opera di soccorso e l'operato dei soccorritori furono ammirevoli per l'efficienza dimostrata, tanto che, pochi anni dopo, il servizio centralizzato di Bologna Soccorso sarebbe diventato il primo nucleo attivo del servizio di emergenza [[Servizio Sanitario di Urgenza ed Emergenza|118]].
Alla grande abilità e organizzazione delle forze dell'ordine e dei soccorritori si aggiunse anche una certa fortuna relativamente alle condizioni meteorologiche: cominciò a nevicare solo dopo la conclusione delle operazioni di trasporto di tutte le persone e il vento soffiò i fumi dell'esplosione verso Sud, rendendo possibile l'accesso dal lato bolognese da cui arrivavano i soccorsi. Le attrezzature dei vigili del fuoco prevedevano solo bombole con mezz'ora di autonomia, che altrimenti sarebbero state insufficienti.