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Considerato il miglior ammiraglio della flotta ottomana, nell'ottobre del [[1571]] combatté a [[battaglia di Lepanto|Lepanto]] contro [[Gianandrea Doria]]. Riuscì ad insidiare [[Don Giovanni d'Austria]] ed a riportare in salvo una trentina di navi turche recando ad [[Istanbul]], come trofeo, lo stendardo dei [[Cavalieri di Malta]] dopo una precipitosa fuga durante l'infuriare della battaglia. Dopo questa battaglia ottenne dal Sultano ottomano [[Selim II]] il titolo di [[Capitan pascià|kapudan-ı derya]] ossia [[Ammiraglio della flotta#Uso nelle specifiche nazioni|ammiraglio della flotta turca]] e l'appellativo di ''Kılıç Alì'' (Alì la Spada). Forte della nuova carica ricostruì in un anno la flotta distrutta a Lepanto e nel [[1572]] riuscì a sfidare ancora le flotte cristiane, anche se con scarso successo. Nel [[1574]] [[Conquista di Tunisi (1574)|riconquistò all'impero ottomano Tunisi]], che era stata espugnata l'anno prima dalla flotta cristiana.
 
Morì nel luglio del [[1587]] nel suo palazzo sulla collina di Top-Hana vicinopresso Istanbul e lasciò ai suoi numerosi schiavi e servitori case e beni di proprietà, concentrati in un villaggio da lui fondato e chiamato "Nuova Calabria". Secondo alcuni resoconti, in punto di morte sarebbe tornato alla fede cristiana, ma gli storici turchi negano con decisione questa eventualità, visto che già in vita gli erano stati offerti feudi e ricchezze in terre cristiane che egli aveva sempre rifiutato preferendo la libertà di costumi di cui godevano a quel tempo i cristiani convertiti all'Islam. Altra leggenda che circola sul suo nome racconta di un viaggio clandestino sulla costa calabrese al solo scopo di riabbracciare la madre che, stando alle cronache coeve, lo avrebbe invece maledetto proprio per la sua [[abiura]]. Ricerche recenti, però, ascrivono questa leggenda alla propaganda [[Impero spagnolo|spagnola]] ed [[Chiesa cattolica|ecclesiastica]].
 
== Monumenti commemorativi ==