Dalmati italiani: differenze tra le versioni

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{{Citazione|Sua Maestà ha espresso il preciso ordine che si agisca in modo deciso contro l'influenza degli elementi italiani ancora presenti in alcune regioni della Corona e, occupando opportunamente i posti degli impiegati pubblici, giudiziari, dei maestri come pure con l’influenza della stampa, si operi nel [[Tirolo del Sud]], in [[Dalmazia]] e sul [[Litorale austriaco|Litorale]] per la germanizzazione e la slavizzazione di detti territori a seconda delle circostanze, con energia e senza riguardo alcuno. Sua maestà richiama gli uffici centrali al forte dovere di procedere in questo modo a quanto stabilito.|[[Francesco Giuseppe I d'Austria]], consiglio della Corona del 12 novembre 1866<ref>''Die Protokolle des Österreichischen Ministerrates 1848/1867. V Abteilung: Die Ministerien Rainer und Mensdorff. VI Abteilung: Das Ministerium Belcredi'', Wien, Österreichischer Bundesverlag für Unterricht, Wissenschaft und Kunst 1971</ref><ref>{{cita libro |autore=Jürgen Baurmann|autore2=Hartmut Gunther|autore3=Ulrich Knoop| titolo=Homo scribens : Perspektiven der Schriftlichkeitsforschung | anno= 1993 | editore= | città= Tübingen|ISBN= 3484311347|p=279|lingua=de|url=https://books.google.com.au/books?id=l3tCTXoeAysC&pg=279}}</ref>.}}
 
A partire dal 1866 il nazionalismo croato, che puntava all'unificazione della Dalmazia all'interno dell'Impero col [[Regno di Croazia e Slavonia]], cominciò quindi a raccogliere crescenti simpatie nell'establishment conservatore austriaco, che lo riteneva più fedele degli italiani al potere imperiale. La politica di collaborazione con i [[serbi]] locali, inaugurata dallo [[zara]]tino Ghiglianovich e dal raguseo Giovanni Avoscani, permise poi agli italiani la conquista dell'amministrazione comunale di [[Ragusa (Croazia)|Ragusa]] nel 1899. Nel [[1909]] la [[lingua italiana]] venne vietata però in tutti gli edifici pubblici e gli italiani furono estromessi dalle amministrazioni comunali<ref name="treccani">''Dizionario Enciclopedico Italiano'' (Vol. III, pag. 730), Roma, Ed. Istituto dell'Enciclopedia Italiana, fondata da Giovanni Treccani, 1970</ref>. Queste ingerenze, insieme ad altre azioni di favoreggiamento al gruppo etnico slavo ritenuto dall'impero più fedele alla corona, esasperarono la situazione andando ad alimentare le correnti più estremiste e rivoluzionarie.
 
* Dopo la [[prima guerra mondiale]] le truppe italiane occuparono militarmente la parte della [[Dalmazia]] promessa all'Italia dal [[Patto di Londra]] (1915): la regione divenne quindi oggetto di un'aspra contesa, e localmente si acuì all'estremo la tensione fra l'elemento italiano e la maggioranza slava. Con l'annessione della maggior parte della [[Dalmazia]] al [[Regno dei Serbi, Croati e Sloveni]], si verificò l'esodo di una parte consistente degli italiani ed italofoni della Dalmazia verso [[Zara (Croazia)|Zara]], [[Lagosta (isola)|Lagosta]] (annesse al Regno d'Italia) e verso l'Italia stessa. Ai rimasti - diverse migliaia<ref>Secondo il censimento jugoslavo del 1921, in tutto il Regno vivevano 12.553 italofoni, 9.365 dei quali nell'area della Croazia, Dalmazia, Slavonia, Medjmurje, Veglia e Castua, e 40 in Montenegro. Si veda in merito ''La Comunità Nazionale Italiana nei censimenti jugoslavi 1945-1991'', Unione Italiana-Università Popolare di Trieste, Trieste-Rovigno 2001, p. 30.</ref> concentrati prevalentemente a [[Veglia (isola)|Veglia]]<ref>Alcuni geografi non considerano l'isola di Veglia come parte della Dalmazia.</ref>, [[Sebenico]], [[Spalato]], [[Traù]], [[Ragusa (Croazia)|Ragusa]] e in alcune isole - fu concesso il diritto di richiedere la cittadinanza italiana - rinunciando a quella jugoslava - a seguito del [[trattato di Rapallo (1920)]].