San Martino in Pensilis: differenze tra le versioni

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}}</ref><ref name=valente/><ref>{{Citazione|Nel Catalogo del Borrello (338) è menzionato quale feudatario dell'università un Amerius de S. Martino, che tiene S. Martino feudo di due militi: il che vuol dire appunto che il feudo era stato retrocesso dalla Badia al Demanio, e da questo collocato.|Giambattista Masciotta, ''Il Circondario di Larino'' in ''Il Molise dalle origini...'' op. cit., vol.IV, cap. ''S. Martino in Pensilis'', pag.299}}</ref>. È durante questo periodo che viene a incentrarsi la leggenda più significativa del luogo, in base alla quale il conte [[Roberto III di Loritello|Roberto II di Bassavilla]], signore di Loritello (1154-1182) e di Conversano (1138-1182), ribelle al re [[Guglielmo I di Sicilia]] negli anni 1155-1169, rinviene insieme ad altri nobili, durante una battuta di caccia, il corpo di [[Leone Confessore|san Leo]]. L'episodio viene popolarmente considerato come l'origine della tradizionale manifestazione della [[Corsa dei carri (San Martino in Pensilis)|corsa dei carri]].
 
Viene menzionato come ''S. Martinum in Pensulis'' nel 1175 in una sentenza del cardinal Lombardo<ref>''Memorie Storiche Civili ed Ecclesiastiche...'' op. cit., lib.III, cap.III, n.7, pag.180</ref> e in due due bolle papali, una di Lucio III (1181) e l'altra d'Innocenzo IV (1254), e ancora nella [[Chronica sacri monasterii casinensis|Cronaca Cassinese]]<ref>{{Citazione|Di Questaquesta Terra si fa parola nella sentenza del Cardinal Lombardo (già trascritta nel lib.3. cap.3. n.7.) come pure due Bolle di Lucio III. e d'Innocenzo IV. (trascritte, la prima nel cap.5 del medesimo lib.3. n.3. e l'altra nel n.14. dello stesso cap.5.) se ne parla nella Cronaca Cassinese, come appresso, e (altrove...)|Giovanni Andrea Tria, ''Memorie Storiche Civili ed Ecclesiastiche...'' op. cit., lib.IV, cap.II, n.1, pag.327}}</ref>.
 
In base a quanto riferisce il Tria nelle sue ''Memorie'', nel periodo [[Hohenstaufen|svevo]] (1194-1226), dopo Americ (''Amerius''), il feudo sammartinese passa nelle mani del Conte di Montagano<ref>{{Citazione|Passò poi in Persona del Conte di Montagano, ma non sappiamo con qual titolo. Appresso per la sua ribellione, in persona di Andrea di Capua, e si è mantenuta in questa illustre Famiglia sino al presente|Giovani Andrea Tria, ''Memorie Storiche Civili di Larino'' op. cit., lib.IV, cap.II, n.5, pagg.328-329}}</ref>; ma il Masciotta ritiene priva di fondamento la notizia, poiché nel periodo svevo, e buona parte di quello angioino, non vi sono documenti che lo comprovano<ref>{{citazione|Il periodo svevo trascorre privo di notizie di S. Martino e così gran parte di quello angioino; e il Tria, per colmare il vuoto, mette innanzi i Conti di Montagano che ne sarebbero stati titolari. Tutto ciò è erroneo, ed infondato.|Giambattista Masciotta, ''Il Circondario di Larino, Notizie feudali'' in ''Il Molise dalle origini...'' op. cit., vol.IV, pag.299}}</ref>.
Sotto il dominio degli [[Angioini]], in uno statuto per la riparazione dei castelli della [[Capitanata]], redatto intorno al [[1270]], a San Martino (''S. Martini impensulis'') era richiesto di contribuire alle riparazioni della fortezza delle [[Isole Tremiti]] (''castrum insule Tremitane'')<ref>
{{Cita web
|url name=valente http://www.francovalente.it/2007/09/22/s-martino-in-pensilis-ed-il-suo-castello/
|titolo = San Martino in Pensilis e il suo castello
|autore = Franco Valente
|data = 2007
|citazione = ''In primis castrum insule Tremitane reparari potest per homines Vene maioris, Vene de Causa, Roiari, Utimi, S. Martini impensulis, Campi marini, Porte Candoni, Loritelli, casalis S. Marie in Sacchono, Alarini, S.Primiani, Mondori, Corneti de Alareno, Olibuli, S.Iacobi de Silva, Guillonisiio, Pittacii, Montis Miculi, Bisacie et baronie sue, que est domini Riccardi de Anglona''
|accesso = 26 aprile 2019
}}</ref>. Nel [[1381]] il re [[Carlo III di Napoli]] lo assegnò in feudo alla moglie, [[Margherita di Durazzo]], che durante le lotte tra il figlio [[Ladislao I di Napoli|Ladislao]] e [[Luigi II d'Angiò]] lo cedette a Ugolino degli [[Orsini]].<ref>{{Citazione|Chi fosse signore di S. Martino anteriormente all'avvento di Carlo di Durazzo al trono di Napoli (1381-1386) ignoriamo. È noto però che nel 1381 il novello Re assegnò S. Martino alla propria consorte la regina Margherita: la quale si disfece poi del feudo al tempo della lotta con Ludovico d'Angiò, che contendeva la corona di Napoli al figlio di lei Ladislao. Ella, per far danaro, alienò S. Martino in favore di Ugolino degli Orsini, della potente famiglia laziale già ramificata nel Reame|Giambattista Masciotta, ibid., pag.299}}</ref> Fu poi in possesso della regina [[Giovanna II di Napoli|Giovanna II]], figlia di Margherita e fu unito al vicino feudo di [[Guglionesi]], di cui seguì le sorti.<ref>{{Citazione|L'Orsini tenne poco tempo il possesso del feudo; ed invero verso il 1400 il feudo stesso, o perchè venduto o perchè giacente al demanio, fu dato in camera alla principessa Giovanna di Durazzo (poi Regina Giovanna II): e da quel tempo ebbe le medesime vicende feudali di Guglionesi fino al 1495.|Giambattista Masciotta, ibid., pag.299}}</ref>
 
Diverse fonti storiche riportano che San Martino subì danni ingenti e una drastica diminuizone della popolazione in seguito al [[terremoto del 1456]]<ref>Il Sassi riferisce che dalla prima numerazione effettuata il 28 febbraio 1448 il paese risultava costituito da 102 fuochi. {{Citazione|Il terremoto del 5 dicembre 1456, che devastò quasi tutta la nostra provincia, apportò non pochi danni anche al nostro Comune, tanto che nella numerazione dei fuochi fatta quattro anni dopo (24 maggio 1460) si contavano appena 25 fuochi (150-175 abitanti)| Luigi Sassi, ''San Martino in Pensilis e i suoi dintorni'' op. cit., p.248}}</ref>, che distrusse Larino e altri paesi nelle vicinanze<ref>{{Citazione|La nostra provincia, scrive uno storico dell'epoca, ne ''restò quasi del tutto sconquassata''. Larino ebbe 1313 vittime e Ururi rovinò completamente. La maggior parte delle case di Termoli, di Campomarino, di Portocanone e di tutti i paesi circostanti, crollò o rimase danneggiata| Luigi Sassi, ibid. p.248}}</ref><ref>{{Citazione|Con i Tremuoti poi dell'anno 1456 rimase distrutto da' fondamenti Larino colla morte di mille trecento, e tredici persone. Questa dolorosa Istoria si descrive da S. Antonino, Scrittore contemporaneo, nella sua Cronaca (...) Lo stesso nota il Summonte nella Storia del Regno di Napoli (...)|[[Giovanni Andrea Tria]], ''Memorie Storiche Civili di Larino...'' op. cit., lib.III, cap.I, n.21, pag.152}}