Massenzio: differenze tra le versioni

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Figlio dell'imperatore [[Massimiano]], coregnante di [[Diocleziano]], e di [[Eutropia (imperatrice)|Eutropia]]. Secondo la volontà di [[Diocleziano]] e [[Massimiano]], Costantino e Massenzio, figli, rispettivamente, di [[Costanzo Cloro]] e Massimiano stesso, avrebbero dovuto subentrare come cesari di Costanzo e [[Galerio]], ma questi ultimi non li scelsero, optando per Massimino e Severo.<ref>Barnes, Constantine and Eusebius, 25–26.</ref><ref name="ref_A">Lactantius, De Mortibus Persecutorum 19.2–6; Barnes, Constantine and Eusebius, 26; Potter, 342.</ref><ref name="ref_B">Lenski, "Reign of Constantine," 60–61; Odahl 2004, pp. 72–74; Southern, 152–53.</ref> Massenzio e Costantino presero così il potere con la forza dei loro sostenitori, anche se il secondo riuscirà da subito ad avere l'investitura da Galerio, mentre il primo fu sempre considerato da quest'ultimo solo un usurpatore. Governò, inizialmente, dapprima con il titolo di ''princeps invictus'' e poi come augusto autoproclamato, assieme al padre Massimiano, che tuttavia nell'aprile del [[308]] sarà estromesso dal potere e costretto a riparare dal genero Costantino, dal quale verrà ucciso nel [[310]] per aver tramato contro la sua persona.
 
Ultimo imperatore a risiedere stabilmente in [[Roma]], Massenzio cercò di abbellire, restaurare e migliorare l'antica capitale, realizzando importanti opere edilizie, tra cui il [[tempio del Divo Romolo]] (dedicato al figlio defunto), la [[basilica di Massenzio]] (ultima grande [[basilica civile]], completata da [[Costantino]]), la [[villa di Massenzio|villa]] e il [[circo di Massenzio]] e altre. Massenzio morì nella [[battaglia di Ponte Milvio]] contro le truppe di Costantino.
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{{Vedi anche|Guerra civile romana (306-324)}}
[[File:Follis-Maxentius-s3776.jpg|thumb|left|Moneta di Massenzio, celebrante l'eternità degli [[augusto (titolo)|augusti]].]]
Nel [[305]] i due [[augusto (titolo)|augusti]] della [[Tetrarchia di Diocleziano|Tetrarchia]] - [[Diocleziano]] e il padre di Massenzio, [[Massimiano]] - abdicarono e al loro posto successero i [[cesare (titolo)|cesari]] [[Galerio]] e [[Costanzo Cloro]]. Sebbene [[Diocleziano]] e [[Massimiano]] avessero stabilito all'abdicazione che Massenzio e Costantino, figlio di [[Costanzo Cloro]], avrebbero dovuto subentrare come cesari di Costanzo stesso e di [[Galerio]], i due augusti designati, questi ultimi non li scelsero, preferendo due successori non dinastici per salvaguardare la tetrarchia, [[Massimino Daia]] e [[Flavio Severo]]. Era la prima volta che i figli naturali di un imperatore venivano esclusi dalla successione.<ref>Lactantius, Dename="ref_A" Mortibus Persecutorum 19.2–6; Barnes, Constantine and Eusebius, 26; Potter, 342.</ref><ref>Lenski, name="Reign of Constantine,ref_B" 60–61; Odahl 2004, pp. 72–74; Southern, 152–53.</ref> Massenzio e Costantino non si rassegnarono mai e lo stesso Massimiano era rimasto deluso dall'esclusione del figlio.
Alla morte di Costanzo Cloro un anno dopo, nel luglio del [[306]], suo figlio [[Costantino I|Costantino]] fu acclamato augusto dai soldati stanziati in [[Britannia]] ma fu riconosciuto legittimo da Galerio con il rango inferiore di cesare. Tre mesi più tardi, il 28 ottobre, toccò a Massenzio, che risiedeva nelle vicinanze di Roma, autoproclamarsi imperatore, al posto del legittimo augusto [[Flavio Severo|Severo]] (fatto uccidere o costretto al suicidio nel 307), nei territori precedentemente governati dal padre, ossia l'Italia e l'[[Africa (provincia romana)|Africa]].
 
Massenzio consolidò il proprio consenso facendo leva sul malcontento del popolo di Roma e della [[Guardia pretoriana]], che vedevano declinare la propria importanza a vantaggio delle altre capitali provinciali ([[Treviri]] capitale della [[Gallia Belgica]], [[Milano]], [[Nicomedia]], [[Antiochia di Siria|Antiochia]], terza città dell'impero dopo Roma e [[Alessandria]]) e, anche in virtù del possesso della provincia africana, prima produttrice di granaglie ed olio dell'impero, riuscì a garantire il costante vettovagliamento di tali generi alimentari verso l'Urbe, indispensabile per il sostentamento della città.
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Un [[Panegyrici latini|panegirico]] a Costantino del [[313]] riporta lo stato d'animo di Massenzio prima della battaglia:{{quote|Quale altra speranza si può credere ch'egli abbia avuta? Egli che aveva già abbandonato due giorni prima il palazzo; con la moglie e con il figlio spontaneamente si era ritirato nella sua casa privata, agitato per la verità da sogni terrificanti e perseguitato da furie notturne, perché tu, la cui presenza era già da lungo tempo desiderata, potessi succedergli in quelle dimore sacre dopo lunghe purificazioni e sacrifici espiatori.}}
 
Massenzio, consultati gli [[Auguri|indovini]] e i [[libri sibillini]], si convinse anche che le spie di Costantino stavano già fomentando la popolazione a rivoltarsi e, invece di ripararsi dietro le [[mura aureliane|mura]] che aveva potenziato, uscì quindi direttamente in battaglia incontro al suo avversario, venendone sconfitto nello scontro che i commentatori cristiani descrissero poi come una battaglia tra il pagano Massenzio e il "cristiano" Costantino. Massenzio aveva schierato l'esercito fuori delle mura e fatto tagliare il ponte Milvio; al suo posto aveva apprestato un ponte di barche, dove era predisposta una trappola, poiché era previsto che si aprisse in due parti nel caso Costantino avesse sfondato le linee e tentato di attraversarlo. L'esito della battaglia invece fu completamente sfavorevole all'esercito di Massenzio, che fu spinto verso il Tevere, dove venne sterminato, come raffigura una scena dell'[[arco di Costantino]]. Massenzio morì probabilmente cadendo dal suo stesso ponte con l'armatura nel [[fiume Tevere]] e annegando. I soldati di Costantino il giorno dopo ne trovarono il corpo e gli tagliarono la testa per portarla in parata e confermare ai timorosi romani la morte del "tyrannus". La testa fu poi inviata in Africa, a Cartagine, per fidelizzare la provincia ed evitare ulteriori ribellioni. Con la morte di Massenzio, tutta l'Italia passò sotto il controllo di Costantino.<ref>Barnes, ''Constantine and Eusebius'', pp. 42–44.</ref>
 
La madre [[Eutropia (imperatrice)|Eutropia]], obbligata da Costantino, dichiarò sotto giuramento che Massenzio non era figlio di Massimiano, e Costantino riabilitò la memoria del suocero. L'[[apoteosi]] di Massimiano voluta da Massenzio fu dichiarata nulla e fu divinizzato nuovamente, probabilmente nel [[317]]. Per Massenzio invece fu decretata la ''[[damnatio memoriae]]'', non venendo nominato che come "il tiranno" nell'iscrizione dell'[[arco di Costantino]]. Il figlio maggiore [[Valerio Romolo|Romolo]] era già morto nel [[309]], mentre ignote furono le sorti della moglie [[Valeria Massimilla]] e del figlio minore, il cui nome non è noto, dopo il 312.