Lorenzo de' Medici: differenze tra le versioni

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I due erano molto diversi: Lorenzo era gaudente, intriso di cultura neoplatonica e amante della vita, mentre Clarice era di educazione rigida e austera, profondamente religiosa e poco edotta di letteratura e cultura umanistica<ref>{{Cita|Delle Donne|p. 49}}.</ref>. Ciononostante, la corrispondenza fra i due mostrava toni di affetto e rispetto reciproco e vi è motivo di credere che un sentimento sincero nacque fra loro negli anni<ref>{{Cita libro|autore=Christopher Hare|titolo=The Most Illustrious Ladies of the Italian Renaissance|p=61, 62|ISBN=9781605204758}}</ref>. Lorenzo non dedicò alcuna [[poesia]] alla consorte, tuttavia si considera che la sua lirica seguiva la scia di [[Francesco Petrarca|Petrarca]], quindi la [[Trovatore|scuola trobadorica]] e le teorie di [[Andrea Cappellano]] secondo cui l'[[Amor cortese|''Amor Cortese'']] può essere soltanto [[Adulterio|adulterino]] ed esclude un rapporto matrimoniale. Tenendo presente il contesto e la mentalità di quel tempo, dedicare quel tipo di versi alla propria moglie poteva essere inconsueto, se non percepito come di poco gusto e irrispettoso della sua figura di consorte legittima.
 
Lorenzo, comunque, adempiiadempì ai suoi doveri coniugali e la coppia concepì 10dieci figli nell'arco dei primi 10dieci anni di matrimonio. A differenza di suo padre e suo nonno, egli non ebbe figli illegittimi, né si conoscono con certezza sue amanti durante il matrimonio con la Orsini<ref>{{Cita libro|autore=Franco Cardini e Barbara Frale|titolo=La Congiura: Potere e vendetta nella Firenze dei Medici|p=|ISBN=9788858134559}}</ref>. Nonostante le differenze caratteriali, Lorenzo amò a modo suo la consorte e la morte della donna, che avvenne qualche anno dopo per [[tubercolosi]], fu un duro colpo: in una lettera a [[Papa Innocenzo VIII]], Lorenzo espresse tutto il suo dolore e la difficoltà nell'accettare la perdita e mancanza della sua ''carissima e dolcissima consorte''<ref>{{Google books|-IhCAAAAcAAJ|"Lettere al S. P. Innocenzio VIII Di Lorenzo de' Medici, 18}}
{{Citazione|''Troppo spesso sono costretto a dare solicitudine, e molestia a V. Beatitudine per i casi, che tutto giorno ne prepara la fortuna, e la divina disposizione, a la quale, come non è possibile resistere, così sarìa conveniente, che ciascuno li acquiescessi, e pazientemente sopportassi quello, che dà la sua bonità così dolce, come amata. Ma la morte della Clarice mia carissima, e dolcissima consorte nuovamente successa me è stata, ed è di tanto danno, pregiudicio, e dolore per infinite cagioni, che ha vinto la mia pazienzia, ed obdurazione nelli affanni, e persecuzioni della fortuna, la quale non pensavo, che mi potessi portare cosa, che mi facesse molto risentire. E questo, per essere privato di tanto dolce consuetudine, e compagnìa, certamente ha passati i termini, e mi ha fatto, e fa risentire tanto cordialmente, che non truovo luogo. Pure, come non resto pregare nostro Signor Dio, che mi dia pace, così ho ferma speranza nella sua bontà infinita, che porrà fine al dolore, e non manco a tante spesse visitazioni, quali in simili amarezze me ha fatte da qualche tempo in qua. E quanto io posso umilmente, di cuore supplico a V. B., che si degni di fargliene simili preci, le quali so quanto siano per farmi giovamento. Ed a quella, ed a’ suoi santi piedi umilmente mi raccomando''.}}
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