Storia della Sardegna giudicale: differenze tra le versioni

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I Giudicati conobbero l'influsso dell'[[Architettura romanica in Sardegna|architettura romanica]] e successivamente di quella [[Gotico spagnolo|gotica catalana]], e culturalmente mutarono in modo sostanziale - nel corso dei secoli - oscillando tra un sistema di tipo feudale ed un sistema giuridico che contemplava il progressivo affrancamento delle popolazioni rurali.
 
Il Re o Giudice governava sulla base di un patto col popolo, il cosiddetto ''bannus-consensus'', venuto meno il quale il sovrano poteva essere detronizzato ed anche legittimamente ucciso dal popolo medesimo (secondo il ''diritto alla rivolta'' di origine bizantina)<ref>{{Cita|Francesco Cesare Casula|p.171|Casula}}.</ref>, senza che questo incidesse sulla trasmissione ereditaria del titolo all'interno della dinastia regnante.
 
== Cause storiche dell'avvento dei Giudicati ==
[[File:Justinien 527-565.svg|thumb|L'[[Impero bizantino]] prima di [[Giustiniano I]] in rosso ([[527]]) e l'Impero Bizantino dopo la morte di Giustiniano I in arancione ([[565]]).]]
La Sardegna fu sino all'[[VIII secolo]] una provincia dell'[[Impero bizantino]], riconquistata ai [[Vandali]] nel [[535]] da [[Giustiniano]] e [[Belisario]]<ref>{{Cita|Francesco Cesare Casula|p.134-135|Casula}}.</ref>.
 
Gli [[Arabi]] in poco più di ottanta anni conquistarono un vasto impero e gli [[Abbasidi]] di [[Baghdad]] svilupparono loro flotte e condussero un'imponente operazione di conquista delle isole più vicine a [[Bisanzio]].
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Dal [[705]], con l'avanzata dell'[[Islam]] verso l'[[Europa]] iniziarono le scorrerie dei corsari musulmani provenienti dal [[Nordafrica]] e dalla [[Spagna]]. Le incursioni improvvise non trovarono efficace opposizione nell'[[esercito bizantino]]. Cessate le scorrerie improvvise, dopo una stasi di dieci anni, Arabi e [[Berberi]] islamizzati si riorganizzarono e tornarono questa volta con un più ampio schieramento di forze cercando di occupare la parte meridionale della Sardegna.
 
Fu a seguito di queste offensive che il [[Longobardi|re longobardo]] [[Liutprando]] inviò alcuni messi a Cagliari - tra il [[721]] e il [[725]] - per trattare l'acquisto delle spoglie di [[Sant'Agostino]] custodite in città e preservarle da possibili profanazioni<ref>{{Cita|Francesco Cesare Casula|p.155|Casula}}.</ref>. Andata a buon fine la trattativa i Longobardi portarono le spoglie in salvo a [[Pavia]], custodendole nell'Arca di [[San Pietro in Ciel d'Oro]]. A Cagliari restarono le vesti del santo.
 
Le fortificazioni sarde resistettero a diversi attacchi, tanto che in una missiva dell'[[851]] [[papa Leone IV]] chiederà aiuto allo ''Judex Provinciae'' (giudice della provincia) della Sardegna per la difesa di [[Roma]]<ref>{{Cita|Francesco Cesare Casula|p.162|Casula}}.</ref>, ma con la caduta nell'[[VIII secolo d.C.|VIII secolo]] dell'[[Esarcato d'Africa]] con sede a [[Cartagine]], e soprattutto con l'affermarsi della presenza araba in Sicilia (827) la Sardegna restò scollegata da Bisanzio e dovette necessariamente rendersi economicamente e militarmente autonoma<ref name="ReferenceC">{{Cita|Francesco Cesare Casula|p.159|Casula}}.</ref>. Non potendo contare sull'aiuto imperiale per difendersi dagli attacchi, gli amministratori locali, gradualmente, organizzarono le difese e presero coscienza di agire di fatto più per proprio conto che per conto di soggetti esterni.
 
A poco a poco il distante potere imperiale scomparve. Si ritiene che i funzionari imperiali derivanti dall'antico istituto giustinianeo del ''vicarius'', altrimenti detto ''lociservator'' (luogotenente, letteralmente), di grado assimilabile al ''[[praeses]]'' (sorta di [[prefetto]] imperiale) si trovarono ad essere, probabilmente, capi di governo prima - e poi - per riconoscimento e legittimazione diffusa, avrebbero assunto il nome e il potere di ''Iudex'', affermando così una sovranità indipendente ed ereditaria.
 
Un indizio dell'autonomia da Bisanzio lo si evince dalla notizia della missione condotta in autonomia dai sardi presso [[Ludovico il Pio]] ([[814]] - [[840]])<ref name="ReferenceC"/>, successore di [[Carlo Magno]], in vista di una coalizione anti araba con i [[Franchi]] i quali, all'epoca, detenevano la [[Corsica]]. I legati stabilirono rapporti di buon vicinato e collaborazione difensiva tra le due isole. Quando nell'[[828]] il [[Bonifacio II di Tuscia|conte Bonifacio]], governatore franco della Corsica, passò per la Sardegna al fine di colpire le coste del [[Maghreb|Nordafrica]] oramai arabo con una spedizione militare, definì la Sardegna ''Insula amicorum''<ref>{{Cita|Francesco Cesare Casula|p.160|Casula}}.</ref>. La Sardegna fu allora decisiva perché divenne uno dei confini più importanti tra mondo [[Lingua latina|latino]] e [[Islam]].
 
[[File:Mappasardegna1.JPG|thumb|Antica mappa araba raffigurante la Sardegna]]
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=== L'aristocrazia fondiaria e lo stato dei cittadini giudicali ===
La Sardegna medievale era una terra dove vigeva il sistema delle signorie fondiarie accompagnate da un sistema di fondi demaniali dati in libera concessione ai cittadini delle ''ville'' del giudicato. La popolazione servile - i ''servos'' - residente presso le tenute agricole padronali chiamate ''domus'', prestava la propria opera al ''donnu'' (signore del distretto rurale) per 4 giorni lavorativi su 6 (tolta ''sa Dominica''). Gli altri 2 giorni erano destinati al sostentamento della propria famiglia e, spesso, all'accumulazione di beni per l'acquisizione del proprio affrancamento dalla condizione servile per entrare nella classe dei ''livertados'' (liberi), che costituivano circa 1/3 della popolazione, stimata sui 300.000 abitanti o poco meno<ref>{{Cita|Francesco Cesare Casula|p.177|Casula}}.</ref>.
 
Le dure condizioni servili imponevano che le persone non si potessero spostare dalla curatoria di residenza e che il signore stabilisse anche i matrimoni all'interno del proprio territorio, finendo per campare i diritti di servitù verso la prole.
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L'amministrazione centrale e l'intera società giudicale facevano naturalmente perno sostanziale sul Giudice, tuttavia il sovrano non aveva il possesso del territorio né era il depositario della sovranità in quanto questa era formalmente della ''Corona de Logu'', un Consiglio di maggiorenti (rappresentanti dei distretti amministrativi detti Curatorie) e alti prelati, che nominava il sovrano e gli attribuiva la somma potestà, mantenendo tuttavia il potere di ratificare gli atti e gli accordi che riguardassero l'intero regno (''su Logu'').
 
Durante ''su Collectu'' (il collegio) si riunivano nella capitale un rappresentante di ciascuna Curatoria, i membri dell'alto clero, i castellani, due rappresentanti della capitale eletti da ''jurados'' delegati dalla ''Coronas de Curadoria'' (precedentemente riunita nella principale villa distrettuale), quindi lo ''Judex sive rex'' era incoronato con un sistema misto elettivo-ereditario seguendo la linea diretta maschile e, solo in via alternativa, quella femminile<ref>{{Cita|Francesco Cesare Casula|p.170-171|Casula}}.</ref>.
 
Come detto il giudice governava sulla base di un patto col popolo (il ''bannus-consensus''), venuto meno il quale il sovrano poteva essere detronizzato ed anche, nei casi di gravi atti di tirannide e di sopruso, legittimamente giustiziato dal popolo medesimo, senza che questo incidesse sulla trasmissione ereditaria del titolo all'interno della dinastia regnante: è storicamente attestato che ciò sia avvenuto nei Giudicati di Arborea e di Torres.
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=== Le Curatorie ===
{{vedi anche|Curatoria}}
Secondo tanti giuristi le curatorie sono il vero gioiello dell'organizzazione giudicale<ref name="FrancescoCesareCasul">{{Cita|Francesco Cesare Casula|p.173|Casula}}.</ref>. La Sardegna giudicale aveva infatti un territorio (''su logu'') suddiviso in ''Curadorias'', cioè in distretti amministrativi di varia estensione, formati da centri urbani e ville rurali, dipendenti da un capoluogo dove aveva sede il ''Curadore''. Questi, coadiuvato soprattutto in materia giudiziaria da ''Jurados'' e da un consiglio detto ''Corona de Curadoria'', rappresentava localmente l'autorità giudicale e curava il patrimonio pubblico della Corona. Frutto di una lunga e precedente costruzione storica, quello delle ''Coronas'' fu un governo assembleare che si ipotizza facesse rivivere lo spirito del parlamento del villaggio nuragico, composto dalle persone maggiorenti e presieduto dal capo del cantone per discutere questioni riguardanti la comunità (o le comunità se erano confederate), e per amministrare la giustizia. Secondo lo studioso della storia sarda [[Giovanni Lilliu]] - fu quello uno degli aspetti più interessanti della civiltà nuragica.<ref name="ReferenceB"/> Questo sistema di governo assembleare sopravvisse all'interno dell'isola e si ritrovò, dopo duemila anni, nello spirito delle Coronas giudicali<ref name="ReferenceB">Francesco Cesare Casula, ''Breve storia di Sardegna'', pag. 31</ref> con le curatorie - si pensa - che ricalcavano la grandezza e la forma di quelli che in epoca nuragica furono i cantoni.<ref>Sulla divisione del territorio nuragico e la corrispondenza alle curatorie in epoca giudicale, vedi {{cita web |url=http://www.sardegnacultura.it/documenti/7_93_20060719145959.pdf |titolo=Copia archiviata |accesso=27 marzo 2009 |urlmorto=sì |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20111126005622/http://www.sardegnacultura.it/documenti/7_93_20060719145959.pdf |dataarchivio=26 novembre 2011 }}''La Sardegna dei Giudici'', di Gian Giacomo Ortu, pag. 81 (PDF pag.42)</ref>
 
Il Curatore era di nomina regia o comunque approvato dal ''judike''. Egli aveva un mandato a tempo determinato con autorità sull'esazione fiscale, sull'azione giudiziaria penale e civile, sugli organi di polizia, ''Iskolka'', e sull'arruolamento dell'esercito<ref>{{Cita|Francesco Cesare Casula|p.175|Casula}}.</ref>. La sua attività era comunque incentrata sul controllo ed il potenziamento della gestione rurale, fonte della ricchezza giudicale. Non erano ammesse dal Giudice inadempienze ed inerzie nella conduzione della Curatoria in quanto l'ordinamento giudicale riteneva il curatore responsabile in modo diretto del progresso o dei ritardi della Curatoria, soprattutto in tema di sicurezza e prevenzione degli incendi.
 
I confini di questi distretti venivano definiti per far sì che la popolazione residente in ogni curatoria fosse approssimativamente uguale; di conseguenza i confini erano fluidi e dipendevano dai diversi tassi locali di crescita [[demografia|demografica]]<ref name="FrancescoCesareCasul" />: pertanto le Curatorie erano probabilmente delle unità censuarie. Le curatorie erano inoltre ''distretti elettorali'': gli uomini liberi di ogni curatoria si riunivano periodicamente in assemblea al fine di eleggere il proprio rappresentante presso la ''Corona de Logu''. Questo sistema amministrativo era radicato ed estremamente efficace per la gestione del territorio e venne meno con l'imposizione del sistema feudale da parte degli Aragonesi, nel corso del XIV e soprattutto del [[XV secolo]].
 
=== Il ''Majore de bidda'' ===
Il Curatore nominava per ciascun villaggio facente parte della Curatoria un ''majore de bidda'' o ''villa'' (l'equivalente odierno di un [[sindaco]]) con competenze amministrative e di investigazione giudiziaria, con responsabilità diretta sul buon fine delle azioni di gestione del territorio<ref>{{Cita|Francesco Cesare Casula|p.176|Casula}}.</ref>.
 
=== I centri abitati e l'insediamento rurale ===
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=== Il Giudicato di Cagliari ===
{{vedi anche|Giudicato di Cagliari}}
Il [[Giudicato di Cagliari]] o ''Calari'', che si estendeva sul territorio corrispondente a quello delle odierne province sarde di [[Cagliari]], di [[Carbonia-Iglesias]] e d'[[Ogliastra]], aveva come capitale [[Santa Igia]], le cui rovine attualmente si trovano sotto i quartieri occidentali di [[Cagliari]]. Fu conosciuto anche con la denominazione di ''Pluminos'', si pensa perché attraversato da diversi fiumi ([[Flumini Mannu]], [[Cixerri]] e [[Flumendosa]])<ref>{{Cita|Francesco Cesare Casula|p.185|Casula}}.</ref>.
 
Era il Giudicato che aveva nel suo territorio i [[Campidano|Campidani]] di Cagliari, terre fertili e produttive, ma anche parte del [[massiccio del Gennargentu]] e il [[Sarrabus]] oltre ad altre ricchezze come le attività minerarie dell'[[Iglesiente]]. Si estendeva per 8226&nbsp;km² confinando prevalentemente con il regno di Arborea ma anche con gli altri due giudicati.
 
Ebbe buoni rapporti con [[Pisa]], fino all'improvviso mutamento politico che portò la repubblica marinara toscana, alleandosi coi restanti Giudicati sardi, ad attaccare e conquistarlo ([[1258]]), ponendo fine alla sua storia autonoma. Il suo territorio venne spartito dal [[Regno di Arborea]] al centro e a nord, dal [[Regno di Gallura]] a est, dalla famiglia [[Della Gherardesca]] a sud-ovest, mentre il circondario di Cagliari andò alla [[Repubblica di Pisa]], che era già in possesso della rocca di [[Castel di Castro]] dal [[1216]]<ref>{{Cita|Francesco Cesare Casula|p.210-212|Casula}}.</ref>.
 
Si conoscono almeno dieci generazioni di sovrani che salirono sul suo trono, appartenenti a sei casate: Lacon-Gunale; Lacon-Gunale di Torres; Lacon-Serra; Lacon-Massa-Serra; Massa.