Caravaggio: differenze tra le versioni

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====Apprendistato====
Nel [[1577]], per sfuggire alla [[peste di San Carlo|peste]], la famiglia Merisi lasciò [[Milano]] per tornare al paese, tuttavia il padre contrasse la malattia ed ivi morì dopo poco tempo, seguito dal nonno Bernardino e lo zio Pietro.<br/>
A soli 13 anni, terminata l'epidemia in città, il giovane Merisi fu mandato a lavorare a bottega a [[Milano]] presso il laboratorio di [[Simone Peterzano]]<ref>{{cita|Papa|p. 18|papa}}.</ref>, pittore del [[Arte del secondo Cinquecento a Milano|manierismo lombardo]] che si professava diretto allievo di [[Tiziano]] (si veda l'iscrizione in calce al suo autoritratto). Il contratto di lavoro, datato 6 aprile [[1584]], è firmato dalla madre, per poco più di quaranta scudi d'oro. Secondo i biografi Mia Cinotti e Gian Alberto dell'Acqua, "''il contratto di apprendistato col Peterzano, del 6 aprile [[1584]], sanzionava certamente un rapporto già in atto, perché Michelangelo risulta abitante nella casa del maestro.''"<ref>Mia Cinotti e Gian Alberto Dell'Acqua, ''Michelangelo Merisi detto il Caravaggio: tutte le opere'', Bergamo, Bolis, 1983, p. 208.</ref> Le varie date dei documenti sono certe, considerando che in quel periodo era appena stato riformato il [[Calendario gregoriano|calendario]].
 
L'apprendistato del giovane si protrasse per circa quattro anni, durante i quali apprese la lezione dei maestri della scuola pittorica lombarda e [[Pittura veneta|veneta]]. Dalle ''Considerazioni sulla pittura'' di [[Giulio Mancini]] ([[1558]]-[[1630]]), uno dei biografi dell'artista, abbiamo notizia del carattere del giovane Caravaggio in quegli anni: «''Studiò in fanciullezza per quattro o cinque anni in Milano, con diligenza ancorché di quando in quando facesse qualche stravaganza causata da quel calore e spirito così grande''».
 
Gli anni dal [[1588]], anno di scadenza con Peterzano, fino al [[1592]], ultima testimonianza della sua presenza in [[Lombardia]] prima di raggiungere [[Roma]], risultano piuttosto nebulosi. Secondo [[Giulio Mancini|Mancini]], la madre del pittore morì a [[Milano]] il [[29 novembre]] [[1590]], dunque, risolta la spartizione dell'eredità (di cui è pervenuta la documentazione), il giovane Merisi lasciò definitivamente la [[Lombardia]] circa alla metà del [[1592]].<ref name="treccani.it"/>.<br/>
Tuttavia, secondo documenti emersi nel [[2010]] dall'Archivio di Stato di Roma (testimonianza del barbiere Pietropaolo Pellegrino), l'artista non visse stabilmente nella [[Roma|città eterna]] almeno fino al [[1596]], anno in cui è documentata la sua residenza presso la bottega del pittore siciliano [[Lorenzo Carli]]<ref>Archivio di Stato di Roma, ''Tribunale criminale del Governatore'', ''Investigazioni'', reg. 274, c.180recto. Si veda anche ''Caravaggio a Roma. Una vita dal vero'', catalogo della mostra, Roma, De Luca Editori d'Arte, 2010, p. 235.</ref> Secondo il biografo [[Giovanni Pietro Bellori|Bellori]] ([[1585]]-[[1655]]), il giovane pittore, «''d'ingegno torbido, e contentioso''», fuggì da [[Milano]] per altre ragioni, definite vagamente «''discordie''», e quindi giunse «''in Venetia ove si compiacque tanto del colorito di [[Giorgione]], che se lo propose per iscorta nell'imitatione''»<ref>{{cita web|url=http://books.google.it/books?id=ZZpAAAAAYAAJ&hl=it&source=gbs_navlinks_s|titolo= Le vite de' pittori, scultori et architetti moderni|autore=Giovanni Pietro Bellori|editore=Roma, Per il Successore al Mascardi|anno=1672|pagina=202}}</ref>. Sempre secondo il Bellori infatti, il pittore si sarebbe recato a [[Venezia]] col maestro Peterzano, per un soggiorno di breve durata. Tale notizia, sostenuta solo dal Bellori è ancor oggi fortemente dibattuta, giacché non ci sono altri riscontri d'archivio. Tuttavia, i legami [[tonalismo|stilistici]] con la grande scuola veneta di Giorgione, [[Tiziano]] e [[Tintoretto]] sarebbero ancor più facilmente spiegabili<ref>{{cita|Storia dell'Arte|p. 5|sa}}.</ref>, anche se occorre precisare che il suo stile avrebbe potuto risentire in ogni caso degli influssi veneti, poiché il dominio della [[Repubblica di Venezia|Serenissima]] arrivava, all'epoca, fino a [[Bergamo]].
 
Secondo [[Roberto Longhi (storico dell'arte)|Longhi]], per lo sviluppo dello stile del pittore sarebbe stata significativa la riflessione su alcuni maestri lombardi, soprattutto di area [[brescia]]na, quali [[Vincenzo Foppa|Foppa]], [[Bergognone]], [[Giovanni Gerolamo Savoldo|Savoldo]], [[Il Moretto|Moretto]] e [[Romanino]], e cremonese, come [[Vincenzo Campi]] (in particolare il suo capolavoro, la tela di San Matteo<ref>{{Cita web|url=http://www.spaziodi.it/magazine/n0703/vdb.asp?tag=MOSTRA&id=2205|titolo=“Gli occhi di Caravaggio - Gli anni della formazione tra Venezia e Milano” - Spaziodi Magazine - blog EVENTI|sito=www.spaziodi.it|accesso=21 marzo 2019}}</ref>) che Longhi definisce ''pre-caravaggeschi''. A tale scuola, si dovrebbero l'avvio della rivoluzione luministica e la caratterizzazione naturalistica dei dipinti (contrapposta a certa aulicità rinascimentale), elementi centrali della pittura del Merisi.<ref name=autogenerated1>{{cita|Longhi||longhi}}.</ref>.