Giovan Battista Marino: differenze tra le versioni

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Visti vanificarsi tutti i tentatìvi, Giovan Francesco Marino - dopo il [[1586]], anno in cui il Marino pare abbandoni definitivamente gli studi di legge - butta il giovane [[poeta]] letteralmente in mezzo alla strada. Non sembra affatto inverosimile che, come sostenuto da [[Tommaso Stigliani]], il Marino rimanga per tre anni senza tetto, ora dormendo all'aperto, ora appoggiandosi a qualche amico o addirittura a qualche ospedale dei poveri, prima che qualcuno lo sovvenga; mentre serenamente da respingere è la tesi (avanzata comunque in forma ipotetica) che il Marino sia stato scacciato dal padre per aver avuto una relazione [[incesto|incestuosa]] con la sorella. Da quel che lo Stigliani riporta commentando il testo del Bajacca, sembra potersi dire solamente che la Camilla lo difendesse, abbastanza inutilmente, presso il troppo rigido padre, e che il Marino avesse un carattere pestifero.
 
==== L'Accademia deidegli Svegliati Letterati====
 
I primi ad accorgersi di lui, e a sostenerlo anche economicamente, sono [[Ascanio Pignatelli]] (personaggio brillante, è anche un modello letterario, grazie alle preziose ''Rime'' [[Manierismo|manieriste]], in cui la maniera miniaturizzante barocca è largamente e felicemente anticipata), [[Iñigo Vélez de Guevara]] duca di [[Bovino (Italia)|Bovino]] e [[Giovan Battista Manso]], ma l'incontro più decisivo è quello col ricchissimo [[mecenatismo|mecenate]] e cultore d'arte [[Matteo di Capua]], principe di Conca e [[Grande ammiraglio]] del Regno, già protettore del [[Torquato Tasso|Tasso]], punta di diamante della nobiltà filospagnola napoletana e amico di [[Giulio Cortese]]. L'ingresso, per così dire, in società del Marino data a non prima del [[1592]], quando è attestata la sua frequentazione non occasionale delle due illustri case del Manso e del di Capua.
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Nella seconda metà del [[1596]], come si evince da una lettera di [[Camillo Pellegrino (poeta)|Camillo Pellegrino]] ad Alessandro Pera, diviene segretario del [[principe]], o sottosegretario come fa notare lo Stigliani, precisando che segretario è all'epoca Giovan Domenico Bevilacqua, poeta, il cui capolavoro relativo, dato alle stampe nel [[1586]], non può non risultare suggestivo per il lettore del Marino (''Il ratto di [[Proserpina]], di [[Claudiano]] da Giovan Domenico Bevilacqua, in [[ottava rima]] tradotto... Con gli argomenti et allegorie di Antonino Cingale. E con la prima, e la seconda parte delle rime[...]'', per Gio. Fr. Carrara, [[Palermo]]). Oltre a trovare relativa stabilità, il Marino ha modo, perdendosi nella favolosa quadreria del gran signore, di sviluppare il proprio gusto per le [[arti figurative]] (il Marino sarà, significativamente, anche lo scopritore di [[Nicolas Poussin]]).
 
Fondamentale nella sua formazione è la frequentazione, a partire dal [[1588]], anno della fondazione, dell'[[Accademia Letterariadegli Svegliati]] (dove è "L'Accorto"). Lo Stigliani sostiene che non si sia mai trattato di una vera e propria accademia, ma di un gruppo di letterati che si riunivano in modo informale, richiamando, oltre al principe Cortese e al primicerio Pellegrino, personalità del calibro di [[Giovan Battista Manso]], [[Tommaso Costo]], [[Ascanio Pignatelli]], [[Giulio Cesare Capaccio]], P. Regio e diversi altri; risulta affiliato all'accademia anche [[Torquato Tasso]]. Sta di fatto che, come riporta anche [[Michele Maylender]], nel [[1593]] l'accademia, in cui si tratta di letteratura ma anche di scienza ed, evidentemente, di politica, è chiusa con un rescritto del re per attività antispagnole; l'impostazione è sicuramente eterodossa, [[Bernardino Telesio|telesiana]], [[Lucrezio|lucreziana]] e razionalista, e nonostante quello che dice lo Stigliani, dev'essere formalizzata, avendo un nome riconoscibile e non ignoto alle autorità; e gli accademici avevano tutti, come d'uso per le adunanze regolate da statuto, pseudonimi accademici.
 
La chiusura dell'Accademia è decisa in seguito a indagini dell'Inquisizione; la figura del principe, il Cortese, è una delle più cospicue tra i telesiani di Napoli, e il suo nome ricorre in una dichiarazione (settembre [[1599]], quando il Cortese è morto da un anno) di Tommaso Campanella, insieme con quello di [[Nicola Antonio Stigliola]] e di [[Giovanni Paolo Vernalione]], durante una deposizione del filosofo al processo intentatogli per congiura contro lo Stato; il Cortese avrebbe informato il grande stilita di un imminente rivolgimento politico. Nel pensiero e nell'opera del Cortese il Marino ha sicuramente trovato svariate suggestioni, e la stessa condotta del principe degli Svegliati nei confronti delle istituzioni statali ed ecclesiastiche, improntata sempre più a doppiezza, ha influito notevolmente sulla sua carriera. Tra i testi cortesiani importanti per il Marino devono essere citati almeno il ''Discorso fatto intorno alle forze del senso e dell'intelletto'', e alle ''Regole per fuggire i vizii dell'elocuzione'' del [[1592]].
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Nella primavera del [[1615]] lascia [[Torino]], forse in compagnia di Henry Wotton (come anche prospettato da una lettera precedente il viaggio), e si trasferisce in [[Francia]], dove sin dal 1609 la fiorentina [[Maria de' Medici]] l'aveva invitato. Marino in terra di Francia si muove praticamente senza alcuna raccomandazione: questa scopertura spiega la tempestività (che al contempo dimostra la straordinaria abilità del Marino nel tessere relazioni) della stampa a [[Lione]] de "Il tempio", panegirico alla maestà della regina, con dedica a [[Leonora Dori Galigai]], marescialla d'Ancre, moglie di [[Concino Concini]].
Come significativo è il fatto che, nello stesso giorno (15 maggio [[1615]]) in cui firma la prefazione all'operetta, egli scriva a [[Ferdinando II Gonzaga]] chiedendogli raccomandazioni per la corte di Francia ("Ora l'armi scacciano le Muse", esordisce, riferendosi agli scontri del [[Monferrato]] come causa unica della sua partenza). Il racconto del faticoso viaggio, di fatto una pregiata tarsia di citazioni (da [[Camillo Scroffa]], [[Francesco Berni]] e altri burleschi), e del primo stabilimento nella grande città è presente in una splendida lettera ad Arrigo Falconio inviata dalla Francia. Del 16 giugno [[1615]] è una lettera dell'ambasciatore fiorentino a [[Parigi]], Luca degli Asini, nel quale annuncia l'entrata del Marino a corte, la sua introduzione per cura della Galigai, e il colloquio di un'oretta avutosi tra il Marino e la regina nel di lei gabinetto; ma anche della sua intenzione di passare in Inghilterra, e poi in Fiandra (in Fiandra il Marino avrebbe potuto frequentare la corte dell'arciduca Alberto d'Austria, sotto influenza spagnola, in un contesto pacifico dopo la tregua, dal [[1609]], con le Province unite protestanti, e lì avrebbe potuto incontrare due personalità già note, [[Ambrogio Spinola]] e [[Guido Bentivoglio]]).
 
==== Il favore di Maria de' Medici ====
Il Marino a corte questo punto risulta sostenuto da alcuni ''italianisants'', tra cui Louis-Charles de la Valette, conte di Candale, e da un'intimissima della regina Maria, la principessa di Conti, amata da [[Enrico IV di Francia|Enrico IV]], dal 1614 vedova di Francesco di Borbone. Ma a quest'altezza, informa il degli Asini, il Marino non ha smesso di accarezzare l'idea di passare in Inghilterra, e in Fiandra. Il mese dopo, il 31 luglio [[1615]], nuovamente degli Asini informa che al Marino è stato assegnato un onorevole trattamento, o provvigione, di 100 scudi al mese, erogati però come pensione, in modo che il poeta è immediatamente pagato per i sei mesi precedenti, come se gli fosse stata assegnata al principio dell'anno; più 1000 franchi di donativo "per mettersi all'ordine". Scrivendo allo Scoto due lettere nello stesso mese di luglio, il Marino informa:
{{Citazione|Insomma sono stato costretto a fermarmi qui per qualche mesi. La regina me n'ha pregato a bocca: la cosa è seguìta con mia somma riputazione. Centro scudi d'oro del sole il mese di pensione ben pagati, oltre cinquecento altri di donativo, che mi si sborseranno dimane, sono tremilla scudi in circa di moneta l'anno.}}
 
==== Il sogno inglese ====