Memoria collettiva: differenze tra le versioni

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== Nel dibattito storiografico ==
 
Una famosa ''[[Historikerstreit]]'', nel 1986, fu provocata da [[Ernst Nolte]] sulla [[Frankfurter Allgemeine Zeitung]], quando sostenne che un “passato che non vuole passare” è un'anomalia nella memoria collettiva: il normale passare del passato non va inteso come scomparsa, perché "nei libri di storia si continua a discutere dell’età napoleonica o della classicità augustea; ma questi passati hanno perso, ovviamente, l’urgenza che avevano per i contemporanei, e proprio per questo possono essere affidati agli storici"<ref>E. Nolte, ''Il passato che non vuole passare'', in AA. VV., Germania: un passato che non passa, a cura di G. E. Rusconi, Einaudi, Torino, 1987.</ref>.
 
Al contrario, il passato che non soggiace a questo processo di dissoluzione e di indebolimento ancora "pende sul presente come una mannaia": Nolte ascrive questa caratteristica agli eventi degli [[anni Trenta]] che hanno prodotto la [[Seconda guerra mondiale]], ma questo limite della memoria collettiva in altri casi è stato applicato anche ad altri aspetti dell'[[Olocausto]]<ref>M. Blaive - C. Gerbel - T. Lindenberger (Eds.), ''Clashes in European Memory: The Case of Communist Repression and the Holocaust'', Innsbruck, Wien, Bozen, StudienVerlag, 2011.</ref>.