Civiltà nuragica: differenze tra le versioni

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[[File:Dettaglio testa di un Gigante di Monte Prama - gli occhi.jpg|thumb|Volto di statua nuragica in arenaria da [[Monte Prama|Mont'e Prama]]|329x329px]]
La '''civiltà sarda nuragica''' nacque e si sviluppò in [[Sardegna]], abbracciando un periodo di tempo che va dalla piena [[età del bronzo]] ([[XIX secolo a.C.|1800 a.C.]]) al [[II secolo d.C.]], ormai in [[Civiltà romana|epoca romana]]<ref>{{Cita|G.Lilliu(1999)|p. 11.}}</ref> per buona parte dell'isola e, per la parte centro-orientale, conosciuta come [[Barbagia]], fino al [[VI secolo d.C.]], in [[epoca medioevale]],<ref>Rowland, R. J. “When Did the Nuragic Period in Sardinia End.” Sardinia Antiqua. Studi in Onore Di Piero Meloni in Occasione Del Suo Settantesimo Compleanno, 1992, 165–175.</ref><ref><<Da parte imperiale era dunque implicito il riconoscimento di una Sardegna barbaricina indomita se non libera e già in qualche modo statualmente conformata, dove continuava a esistere una civiltà o almeno una cultura d'origine nuragica, certo mutata ed evoluta per influenze esterne romane e vandaliche di cui nulla conosciamo tranne alcuni tardi effetti politici.>> Casula, Francesco Cèsare (2017). ''La storia di Sardegna, I, Evo Antico Sardo : Dalla Sardegna Medio-Nuragica (100 a.C. c.) alla Sardegna Bizantina'' (900 d.C. c.)'', p.281''</ref> zona nella quale esistevano comunità indipendenti e dove il cristianesimo si imporrà molto dopo.<ref><small>[[Gregorio Magno]], ''Epistula ad [[Ospitone|Hospitonem]]''</small></ref><ref>{{cita libro|autore=Raimondo Carta Raspi|wkautore=Raimondo Carta Raspi|titolo=Storia della Sardegna|anno=1974|editore=Mursia|città=Milano|pagine=277|coautori=Alberto Ledda}}</ref><ref>Casula, Francesco Cèsare (2017). <nowiki>''</nowiki>''La storia di Sardegna, I, Evo Antico Sardo : Dalla Sardegna Medio-Nuragica (100 a.C. c.) alla Sardegna Bizantina'' (900 d.C. c.)."</ref>
 
Fu il frutto della graduale evoluzione di [[Storia della Sardegna prenuragica|preesistenti culture]] già diffuse sull'Isola sin dal [[neolitico]], le cui tracce più evidenti giunte sino a noi sono costituite da ''[[dolmen]]'', ''[[menhir]]'' e ''[[domus de janas]]''<ref>{{Cita|G.Lilliu(1981)|p. 316}}.</ref>, a cui si aggiunsero i nuovi stimoli e apporti culturali dell'[[età dei metalli]].
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Gli scambi con i centri [[Cultura protovillanoviana|protovillanoviani]], [[villanoviani]] e poi [[Etruschi]]<ref name=LoSchiavo />, principalmente con [[Vetulonia]], [[Vulci]] e [[Populonia]], avvenuti tra il Bronzo finale e l'età del Ferro<ref name=LoSchiavo />, furono molto assidui e ben documentati dai ritrovamenti in tombe etrusche delle singolari e tipiche statuette in bronzo, navicelle votive e vasi nuragici, che testimonierebbero anche legami di tipo dinastico. Anche in Sardegna sono state ritrovate fibule, spade e altri bronzi di produzione tirrenica, attestando la vitalità degli scambi tra i due aree, entrambe molto ricche di risorse metallifere.<ref>A tal proposito lo studioso [[Mario Torelli]] scrive: « ... La grande oscurità di questo periodo è illuminata a tratti da alcuni isolati, folgoranti ritrovamenti. Tra questi il più notevole è quello costituito da tre bronzetti nuragici, una statuetta di "capo" in atto di saluto (?), uno sgabello ed un cesto, tutti di grande significato ideologico, in quanto simboli del potere (la statuetta e lo sgabello) e dello stato femminile (il cesto), rinvenuti in una tomba villanoviana di Vulci degli inizi dell'VIII secolo a.C. La tomba certamente femminile, come dimostrano la forma del coperchio del cinerario in forma di ciotola, le fibule ed il cinturone, forse racchiudevano le ceneri di una donna sarda di alto rango, che possiamo immaginare venuta dall'Isola in sposa ad un esponente di rango di quella società villanoviana che proprio in quegli anni si andava espandendo in maniera sensibile. Questo rapporto matrimoniale, secondo il modello arcaico, cela tuttavia altre relazioni di natura più squisitamente economica. Indubbiamente la Sardegna, con le sue risorse di metallo e la sua tradizione bronzistica di aspetto cipriota miceneo, non poteva non costituire un'area di grande interesse per un mondo fortemente qualificato in campo metallurgico come quello tirrenico.[...]. Non meno interessante al riguardo è la presenza di un discreto numero di fibule etrusche in Sardegna, messa bene in luce di recente da F. Lo Schiavo. Le fibule, questo particolare oggetto di abbigliamento ignoto al costume sardo ove imperano le pelli - pelliti sardi sono chiamati insistentemente gli indigeni dalle fonti latine - non sono importate se non con un ben preciso modo di vestire: gli usi dell'abbigliamento, soprattutto in ambiti culturali primitivi, come è noto, non si esportano senza le persone, e il ritrovamento di fibule villanoviane in Sardegna costituisce un indizio prezioso circa possibili spostamenti di persone di origine tirrenica nell'Isola. » Mario Torelli, ''Storia degli Etruschi'', 1981, ed. CDE spa, Milano, su licenza Gius. Laterza & Figli. pp. 58-60.</ref>
 
Un recente studio (2013) su 71 reperti in bronzo [[Svezia|svedesi]], ascrivibili a contesti dell'[[Età del bronzo nordica]], effettuato attraverso l'analisi degli isotopi del piombo, ha svelato che la maggior parte di questi reperti è stato prodotto con rame proveniente principalmente dalla penisola iberica e dalla Sardegna aprendo nuove prospettive sui complessi traffici di rame e stagno dell'età del bronzo<ref>[https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0305440313002689 Journal of Archaeological Science : Johan Ling, Zofia Stos-Gale, Lena Grandin, Kjell Billström, Eva Hjärthner-Holdar,Per-Olof Persson - Moving metals II: provenancing Scandinavian Bronze Age artefacts by lead isotope and elemental analyses , 2 agosto 2013 ]</ref>.
 
[[File:Monte idda spada.png|thumb|left|upright=0.5|Spada nuragica dal ripostiglio di Monte Idda ([[Decimoputzu]])]]