Giovanni Bosco: differenze tra le versioni

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Nacque nel Regno di Sardegna
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== Biografia ==
[[File:DonBosco Ferme Castelnuovo.jpg|thumb|La casa natale di don Bosco aai [[I BecchiBecchiBecchi]].]]
Giovanni Bosco nacque il 16 agosto 1815 in una modesta cascina dove ora sorge il [[Tempio di Don Bosco]], nella frazione collinare [[I Becchi]] di Castelnuovo d'Asti (oggi [[Castelnuovo Don Bosco]]), figlio dei contadini Francesco Bosco (1784-1817) e [[Margherita Occhiena]] (1788-1856).
 
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Aveva appena detto queste parole che un rumore mi svegliò. Ogni cosa era scomparsa. Io rimasi sbalordito. Mi sembrava di avere le mani che facevano male per i pugni che avevo dato, che la faccia mi bruciasse per gli schiaffi ricevuti. Al mattino ho subito raccontato il sogno, prima ai fratelli che si misero a ridere, poi alla mamma e alla nonna. Ognuno diede la sua interpretazione. Giuseppe disse: «Diventerai un pecoraio». Mia madre: «Chissà che non abbia a diventare prete». Antonio malignò: «Sarai un capo di briganti». L'ultima parola la disse la nonna, che non sapeva né leggere né scrivere: «Non bisogna credere ai sogni». Io ero del parere della nonna. Tuttavia quel sogno non riuscii più a togliermelo dalla mente.<ref>''Memorie'', pp. 14-16</ref>|''Memorie'', Don Bosco}}
 
Lo storico Pietro Stella ipotizzò che il sogno del giovane Bosco sia stato influenzato da una predica riguardante il mandato di Gesù a [[san Pietro]] e la celebre frase: «Pasci le mie pecorelle». Secondo gli studi dello storico, infatti, Giovanni fece quel sogno proprio la notte successiva alla festa di San Pietro.
 
=== La formazione e gli studi ===
{{citazione|La sottrazione di benevolenza è un castigo che eccita l'emulazione.|''Il sistema preventivo'', don Bosco}}
In seguito a quel sogno, il giovane Bosco decise di seguire la strada del sacerdozio. A [[Capriglio]] vi era una scuola elementare all'interno della parrocchia, in cui si recò il ragazzino per studiare, ma don Lacqua, il cappellano che gestiva le lezioni, non lo accolse fra i suoi alunni perché apparteneva a un altro comune. Il caso volle che, morta la serva del curato, questi assunse Marianna Occhiena, sorella di Margherita e dunque zia di Giovanni Bosco, che pregò don Lacqua affinché accogliesse il nipote a scuola. Questi accettò malvolentieri, ma finì comunque per affezionarsi al ragazzo, difendendolo dai compagni che lo maltrattavano perché di un altro paese.
 
Per avvicinare alla preghiera e all'ascolto della messa i ragazzini del paese, Giovannino Bosco decise di imparare i giochi di prestigio e le acrobazie dei saltimbanchi, attirando così i coetanei e i contadini del luogo grazie a salti e trucchetti di magia, invitandoli però prima a recitare il Rosario e ad ascoltare una lettura tratta dal Vangelo.
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Nel febbraio del 1826 Giovanni Bosco perse anche la nonna paterna che viveva con loro. Poiché ella riusciva a tenere a freno i tre ragazzi della famiglia, Margherita, spaventata dal fatto che il figlio potesse perdere la via giusta, chiese al parroco, don Sismondo, di concedergli la Comunione, benché l'età media dei ragazzi per accedere al sacramento fosse di dodici anni, mentre Giovannino Bosco aveva soltanto undici anni. Don Sismondo accondiscese e così il 26 marzo [[1826]], il ragazzo fece la sua [[Prima Comunione]].
 
L'inverno che seguì per lui fu il più duro: il fratellastro Antonio, che già guardava di cattivo occhio il fatto che Giovannino frequentasse la scuola e per di più passasse il tempo pregando e compiendo giochi di prestigio, si lamentò di lui e a stento il ragazzino riuscì a salvarsi dai suoi pugni. Margherita fu così costretta a mandare via il figlio dai Becchi per farlo vivere come garzone a [[Moncucco Torinese]] presso la cascina dei coniugi Luigi e Dorotea Moglia, dove rimase dal febbraio [[1827]] al novembre [[1829]]. Essi, in un primo momento, non volevano accogliere il giovane fra i propri lavoratori, ma osservando la tenacia e l'intelligenza del ragazzo decisero di tenerlo con loro, affidandolo al vaccaro della famiglia, il vecchio Giuseppe, chiamato da tutti "lo zio".
 
Essendo desideroso di studiare, Giovanni chiese allo zio Michele Occhiena, che aveva scambi con il Seminario di [[Chieri]], di intercedere per lui affinché qualche sacerdote accettasse di istruirlo. Michele non riuscì però a ottenere alcun risultato. Nel settembre di quel 1829, a [[Morialdo]] era venuto a stabilirsi come cappellano [[Giovanni Melchiorre Calosso|don Giovanni Calosso]], sacerdote settantenne,; questi, dopo aver constatato quanto intelligente e desideroso di studiare fosse il giovane, decise di accoglierlo nella propria casa per insegnargli la grammatica latina e prepararlo così alla vita del sacerdote. Un anno dopo, e precisamente il 21 novembre del [[1830]], Giovanni Calosso fu colpito da [[apoplessia]] e moribondo diede al giovane amico la chiave della sua cassaforte, dove erano conservate seimila lire che avrebbero permesso a Giovanni di studiare ed entrare in Seminario. Il ragazzo, però, preferì non accettare il regalo del maestro e consegnò l'eredità ai parenti del defunto.
 
Il 21 marzo [[1831]] il fratellastro Antonio sposò Anna Rosso, di Castelnuovo, e la madre decise di dividere l'asse patrimoniale con lui, così che Giovanni poté tornare a casa e riprendere da settembre gli studi a Castelnuovo con la possibilità di una semi-pensione presso Giovanni Roberto, sarto e musicista del paese, che gli insegnò il proprio mestiere. A fine anno decise di andare a studiare a [[Chieri]] e l'estate la passò al ''Sussambrino'', una cascina di Castelnuovo che suo fratello Giuseppe ([[1813]]-[[1862]]), insieme con l'amico Giuseppe Febraro, aveva preso a [[mezzadria]].
 
Grazie all'aiuto del maestro, don Emanuele Virano, riuscì a recuperare tutto il tempo perduto ma, non appena questi fu nominato parroco di [[Mondonio]] e dovette abbandonare la scuola, il suo sostituto, don Nicola Moglia, di settantacinque anni, non riuscendo a contenere i suoi giovani studenti, fece perdere al giovane Bosco tempo prezioso, che egli comunque spese imparando diversi mestieri, quale quello del sarto, grazie all'aiuto di Giovanni Roberto, e quello del fabbro nella fucina di Evasio Savio, un suo amico, grazie ai cui insegnamenti egli in seguito riuscì a fondare laboratori per i ragazzi dell'Oratorio di Valdocco.
 
=== Il sacerdozio ===
==== Il Seminario e l'amicizia con Luigi Comollo ====
A Chieri si stabilì a pensione presso la casa di Lucia Matta. Per mantenersi gliagli studi lavorò come garzone, cameriere, addetto alla stalla, ecc. Qui fondò la Società dell'Allegria, attraverso la quale, in compagnia di alcuni giovani di buona fede, tentava di far avvicinare alla preghiera i coetanei attraverso i suoi soliti giochi di prestigio e i suoi numeri acrobatici. Egli stesso raccontava che un giorno riuscì a battere un saltimbanco professionista, acquistandosi così il rispetto degli altri e la loro considerazione.
 
Durante gli anni di studio, Giovanni Bosco strinse forte amicizia con Luigi Comollo, nipote del parroco di [[Cinzano]]. Il giovane era spesso maltrattato dai suoi compagni, insultato e picchiato, ma accettava spesso con un sorriso o una parola di perdono queste sofferenze. Il giovane Bosco, dal canto suo, non sopportava di vedere il coetaneo così maltrattato e spesso lo difendeva, azzuffandosi con i suoi aggressori.
 
Le parole di Comollo e le sue incessanti preghiere turbarono profondamente l'animo di Giovanni, tanto che egli stesso un giorno ricordò nelle sue Memorie: "Posso dire che da lui ho cominciato a imparare a vivere da cristiano". Grazie al suo atteggiamento così mansueto e innocente, il futuro santo comprese quanto fosse importante per lui raggiungere la salvezza dell'anima e ciò rimase talmente impresso nella sua mente che, quando fondò l'[[Oratorio di Valdocco|Oratorio]] a [[Valdocco]], trascrisse su un cartello nella propria stanza: «Toglimi tutto, ma dammi le anime».
 
[[File:BoscoChieri.JPG|thumb|left| L'ingresso del seminario di Chieri, nella via Vittorio Emanuele, dove Giovanni Bosco studiò dal 1835 al 1841.]]
Nell'autunno del 1832, Giovanni Bosco incominciò la terza grammatica. Nei due anni seguenti proseguì regolarmente, frequentando le classi che venivano chiamate [[Umanistica|umanità]] (1833-34) e [[retorica]] (1834-35), dimostrandosi un allievo eccellente, appassionato dei libri e di grande memoria.
 
Nel marzo [[1834]] Giovanni Bosco, che si avviava a terminare l'anno di umanità, presentò ai [[Francescani]] la domanda di essere accettato nel loro ordine, ma cambiò idea prima di andare in convento, seguendo un sogno misterioso sulla cosa e il consiglio diretto di don [[Giuseppe Cafasso]]. Decise allora di vestire l'abito clericale, entrando in seminario.<ref>Janez Lemoyne, ''Življenje svetega Janeza Boska, Poslovenil Tone Vode'', Rakovnik-Ljubljana 1934, p. 58. Il capitolo ha il titolo: Diventare il Francescano? (pagine 55-58). /In sloveno: Ali naj postane frančiškan?/</ref>
Il giovane prete [[San Giuseppe Cafasso|don Giuseppe Cafasso]] gli consigliò di completare l'anno di retorica e quindi di presentarsi all'esame per entrare al seminario di Chieri, aperto nel 1829. Giovanni superò l'esame, che si tenne a Torino, il 25 ottobre prese l'abito ecclesiastico e il 30 ottobre [[1835]] si presentò in seminario.