Archetipo: differenze tra le versioni

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Il concetto di archetipo si può incontrare frequentemente in letteratura, nell'ambito della [[narratologia]]. Per esempio l'archetipo dell'eroe è considerato generalmente un concetto chiave nella redazione di una sceneggiatura cinematografica. La corretta costruzione degli archetipi in ambito letterario e cinematografico è alla base della sostenibilità dell'impianto narrativo e in entrambi i casi avviene dopo la stesura preliminare della storia da raccontare: ogni archetipo, statico o dinamico che sia, è il vero narratore, colui che porta il messaggio dell'autore al lettore e allo spettatore. Gli archetipi sono i portavoce dell'autore, ne trasmettono le finalità narrative, le intenzioni, i presupposti ideologici e il messaggio.
 
L'espressione archetipo viene usata da [[Filone di Alessandria]] riferendosi all'immagine di Dio nell'uomo. (''De opificio mundi'', 6) nonché Ireneo (''Adversus haereses'', II). Nel ''Corpus hermeticum'' Dio è chiamato la luce archetipica.<ref>Jung, ''Gli archetipi e l'inconscio collettivo''. Boringheri 1980 pag. 4</ref>. [[Dionigi l'AeropagitaAreopagita]] usa l'espressione nel ''De coelesti hierarchia'', II, 4 ma anche nel ''De divinis nominibus'', II, 6. Una corrente critica sviluppata a partire dagli studi di [[Northrop Frye]] è appunto la critica archetipica, in cui il concetto è utilizzato in senso prevalentemente letterario come struttura ricorrente e universale, ma senza una relazione esplicita con l'[[inconscio collettivo]] nel senso della [[psicologia del profondo]]. Un approccio più interessato alla dimensione storica e [[Antropologia culturale|antropologica]] degli archetipi letterari, intesi piuttosto nel senso di archetipi degli intrecci, è quello del critico russo [[Eleazar Meletinskij|E. M. Meletinskij.]].
 
== In linguistica ==