Villa Sigurtà: differenze tra le versioni

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Proseguendo nel sentiero del tempo, quando la Repubblica Veneta raggiunge il suo massimo splendore dopo essersi assicurata il dominio del mare, i signori del Veneto fanno gara nel costruire tutta una costellazione di ville nei paesi di campagna, che rappresentano l'estrapolazione bucolica dei palazzi di città.
 
Così la Regione vede sorgere numerose piccole regge, microcosmi, centri di potere e luoghi d'incontro che non hanno però il carattere di dimore permanenti, mema vengono usate solo nella bella stagione, dopo il raccolto e la vendemmia i nobili proprietari rientrano nelle città per trascorrervi più confortevolmente l'inverno.
 
I Conti Maffei, nominati dal Doge di Venezia Signori di Valeggio e Montalbano, si spostano nel loro feudo dal palazzo di Verona, e vi dimorano in una costruzione solida ma austera.
 
Per seguire la tendenzstendenze dell'epoca, decidono di edificare, proprio lì di fianco, la Villa, che poi apparterrà ai Conti Nuvoloni e più tardi ai Conti Sigurtà e la cui costruzione si protrae dal 1790 al 1793.
 
Di chiara ispirazione Palladiana, opera dell'Architetto Vincenzo Pellesina (1637-1700), è una delle più importanti opere architettoniche del Settecento della Provincia di Verona.
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Nel 1836 Anna Maffei si sposa con il Conte Filippo Nuvoloni e porta in dote la proprietà Valeggiana, che nel 1859 verrà scelta come sede dall'Imperatore Francesco Giuseppe che ritiene il Mincio un'ottima barriera naturale per difendersi dalle incalzanti truppe Piemontesi e dell'alleato Francese.
 
Ma il sui soggiorbosoggiorno dura assai poco e quando vengono sfondate le linee asburgiche si vede costretto ad una veloce e poco dignitosa ritirata prima nella fortezza di Peschiera e poi a Verona. I nomi dei suoi generali figurano ancora sulle porte delle stanze della Villa a loro aasegnateassegnate, quando i soldati Francesi occupano Valeggio.
 
Napoleone III soggiorna in Villa Maffei oggi Sigurtà dall'1 al 12 luglio del 1859 e vi stabilisce il suo quartiere generale nella vittoriosa «Campagne d'Italie» al fianco di Vittorio Emanuele II, concludendo la seconda Guerra d'Indipendenza con la firma dell'Armistizio nella vicina Villafranca l'11 luglio.
 
È amara la delusione del Re d'Italia, che firma il Trattato con un laconico «pour ce qui me oncerne», (per quel heche mi riguarda), ed è grande la frustrazione dei combattenti Sardo Piemontesi che dopo le cruente vittorie di Solferino, San Martino e Magenta, ottenute con l'appoggio delle truppe Francesi, già sognano di veder sventolare il Tricolore d'Italia sulla Basilica di San Marco.
 
Una flotta sarda attende al largo di Venezia e gli Austriaci preparano affrettatamete i bagagli pronti ad una rapida ritirata.
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Cosa ha indotto l'imperatore Francese ad interrompere la campagna d'Italia ed a rinunciare alla vittoria definitiva sugli Austriaci?
 
Alla villa di Valeggio giungono i messi inviati dall'Imperatrice, la bella ed intelligente Spagnola di Granada Eugenia de Montijo queche tiene salde le redini dell'Impero a Parigi in qualità di Reggente in assenza del marito.
 
I messaggi sono chiari e minacciosi, se proseguisse la campagna vittoriosa in Italia, altri Stati, tra cui anche la Russia, abbandonerebbero la loro neutralità per appoggiare l'impero Austriaco, e contenere la minaccia di un'egemonia Francese in Europa.