Antonio Recalcati: differenze tra le versioni

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Figure, certo, che assumono di lì a poco il nome di ''Impronte''<ref>{{Cita libro|autore=A. Jouffroy|titolo=les empreintes de recalcati 1960-1962|anno=1975|editore=Christian Bourgois}}</ref>, quelle lasciate prima dagli indumenti – residui parlanti della storia quotidiana – e poi dal corpo dell’artista sulla tela, in un gesto performativo generoso ed estremo da non destinare ai riti collettivi del mercato. In quegli slip, nelle canottiere e nei pantaloni, nella galleria di quei corpi espressionisticamente contorti riecheggia la solitudine angosciosa di una ricerca dell’uomo sull'uomo: quella di Recalcati è fin dall'inizio una raffinata pittura esistenziale in cui l’esperienza del singolo si dilata, in una travaglio che equivale a una rinascita dove la mano è un cordone ombelicale rinnovato (“La main est le cordon ombilical"<ref name=":0" />, dichiara Antonio Recalcati). Nell'affermare l’esistenza del proprio corpo, Recalcati rappresenta la verità corporea di tutti, contemporaneamente o addirittura in anticipo su altre simili prove artistiche, come quelle di [[Yves Klein]] che Recalcati non ha mai incontrato.
 
In questa parziale sovrapposizione tra vita e arte non c’è alcuna volontà estetizzante; l’immolare la propria corporeità per esprimersi ed esprimere è piuttosto un atto sacrificale che cattura con la forza dell’inconscio le rimozioni individuali e collettive nella fagocitante industria moderna. A Recalcati non basta dipingere, sente l’esigenza di ‘narrare dipingendo’ (si pensi ai quadri del 1962 dal titolo ''Racconto'', dove la tela è suddivisa in spazi pittorici che si fanno narrazione). Forse va colto anche in questa tensione l’interesse suscitato in alcuni scrittori del canone novecentesco: [[Dino Buzzati]], [[Alberto Moravia]], [[Jacques Prévert]], [[Giovanni Testori]] che ritrae con efficacia Recalcati come un buon angelo demoniaco, un “eversivo per troppa umanità”.  
 
Non a caso nel 1964 Recalcati viene invitato a esporre nella mostra parigina curata da Gassiot-Talabot, ''Mytologie quotidienne'': è la primo di una serie di appuntamenti in cui si vede nascere la Figurazione narrativa che sa essere avanguardistica senza dimenticare il rapporto con il passato, lontano e recente. Ecco allora comparire nei quadri dei primi anni Sessanta, quando la dittatura franchista non ha smesso di violentare la Spagna, il [[Pablo Picasso|Picasso]] di ''[[Guernica (Picasso)|Guernica]]'', la grande tela da cui riprendere alcuni frammenti altamente iconici filtrati attraverso il dispositivo della finestra, che separa dalla realtà o mette in comunicazione con essa (''Da Picasso'', 1963; ''Toledo'', 1963-1964); e in quelli dei primi anni Settanta le architetture di [[Giorgio de Chirico|de Chirico]], protagonista di un intero ciclo pittorico (''La bohème di de Chirico'', 1974): la sospensione metafisica si fa teatro in cui inscenare la grottesca bulimia del capitalismo che mostra in modo evidente, a partire dalla crisi petrolifera del 1973, le sue contraddizioni insanabili.
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== Note ==
<references />
 
 
{{Bibliografia|Bibliografia parziale}}
 
== Bibliografia parziale ==
 
* ''Recalcati. Dall'impronta all'immagine'' (Roma, Palazzo Braschi, 18 dicembre 1987 - 31 gennaio 1988), con interventi di A. Jouffroy, D. Buzzati, G. Gassiot-Talabot, J. Prévert, V. Sgarbi, Milano, Mazzotta, 1987.
* ''Antonio Recalcati. La passione della libertà'', testi di B. Buscaroli Fabbri e J.L. Chalumeau, Fondazione Gruppo Credito Valtellinese, 2004.