Palazzetto Venezia: differenze tra le versioni

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Alla caduta della Repubblica di Venezia, avvenuta col [[Trattato di Campoformio]] ([[1797]]) l'edificio diventa sede diplomatica del subentrato [[Impero austro-ungarico|Impero Austro-Ungarico]]. Durante il periodo napoleonico (1806-1814) passa nella disponibilità del [[Regno d'Italia (1805-1814)|Regno Italico]] e, nel progetto di risistemazione della piazza di [[Giuseppe Valadier]], da destinarsi a mercato coperto, se ne prevede l'abbattimento. L'interessameto di [[Antonio Canova]], che nel palazzetto aveva insediato la sua Accademia di belle arti del Regno Italico, e il sostegno a questi assicurato dal console [[Giuseppe Tambroni]] e da [[Vivant Denon]], salvarono l'edificio dalla distruzione. Con la [[Restaurazione]] il palazzetto ritorna ad essere la sede dell'ambasciata Austriaca ed alcune stanze destinate ad alloggio dei borsisti dell'[[Accademia di belle arti di Vienna]]. In questo periodo la struttura versa in precarie condizioni a causa di crolli e incendi, i cui danni vengono solo parzialmente restaurati.<ref name=Pietra />
 
Nei piani urbanistici di Roma di fine ottocento, divenuta nel frattempo Capitale, vi è la valorizzazione scenografica del [[Vittoriano]] in via di costruzione che si voleva visibile da via del Corso; a farne le spese è il Palazzetto che, insieme ad altre costruzioni situate a Piazza Venezia e nell'area limitrofa, saranno abbattute. A nulla servono le proteste sollevate da politici e letterati tra cui [[Ruggiero Bonghi]], sin dal 1880, anno in cui fu indetto il primo concorso per la riconfigurazione della piazza: vengono distrutte irrimediabilmente, tra il 1885 e il 1886, molte vestigia del passato tra cui la Torre di Paolo III, il [[Convento di Santa Maria in Aracoeli]] e il relativo orto,. e pochiDue anni dopo, nel 1888, verranno abbattute tutte le abitazioni di piazza San Marco e del circondario. Il Palazzetto avrà sorte diversa: erano stati appena abbattutidemoliti con pochi riguardi i primi tre lati quando, grazie all'interessamento della stampa, l'opinione pubblica e il mondo culturale romano riavviano le proteste. La soluzione, giunta con molto ritardo nel settembre del 1910, sarà di ricostruire il Palazzetto traslandolo di alcune centinaia di metri, addossandolo alla Cattedrale di San Marco. La velocità con la quale si era iniziato l'abbattimento, la necessità di ricollocarlo in uno spazio più angusto e limitato dalla presenza di altre strutture pre-esistenti, l'approssimativa catalogazione delle parti da riassemblare e la necessità di completare rapidamente i lavori di ristrutturazione di Piazza Venezia, restituiranno un edificio ben diverso dall'originale.<ref name=Pietra />
 
Fu ricollocato all’angolo sud-ovest di Palazzo Venezia spostandolo dal suo angolo di sud-est,<ref name=Museo /> di fianco all'angolo sinistro della facciata della [[Basilica di San Marco Evangelista al Campidoglio|Basilica di San Marco]], mentre originariamente si trovava a destra di essa. I materiali recuperati dall'abbattimento furono riutilizzati e la ricostruzione, completata nel 1913, comportò alcune modifiche architettoniche; in particolare, la caratteristica e inconsueta pianta trapezoidale, dovuta all'andamento delle strade circostanti, divenne quadrata riducendo le dimensioni dello stabile con l'eliminazione di un'arcata per ogni lato. All'interno del vasto cortile vi è un pozzo scolpito da [[Antonio da Brescia]]. Il cortile è racchiuso da due ordini di arcate sorrette da colonne in [[travertino]] dal fusto ottagonale sormontato da capitelli compositi e da colonne con capitelli ionici.<ref>{{cita|Touring Club||Touring}}</ref> Durante gli scavi per l'abbattimento e il successivo spostamento del Palazzetto, vennero alla luce alcuni reperti archeologici; uno di essi, uma lastra in marmo rappresentante un uomo e una donna sdraiatisu una ''[[kline]]'', serviti da due ancelle che recano loro delle vivande, è stata ricollocata, capovolta, come davanzale di una delle finestre dell'edificio, con affaccio su via degli Astalli.<ref name=Storia />