D'Aquino (famiglia): differenze tra le versioni

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== D'Aquino di Taranto e D'Aquino di Caramanico ==
Le famiglie dei d'Aquino di [[Taranto]] e dei d'Aquino di [[Caramanico Terme|Caramanico]] nonostante l'omonimia non sono quasi certamente imparentate ai d'Aquino.<ref>{{Cita libro|titolo=Memorie delle famiglie nobili delle province meridionali d'Italia|autore=Berardo Candida Gonzaga|editore=Arnaldo Forni Editore|città=Bologna|anno=1875|volume=1|p=94}}</ref> I testi di araldica e genealogia forniscono peraltro spiegazioni diverse e spesso contraddittorie sulla questione. L'autore [[Tommaso Niccolò d'Aquino]] nel suo ''Delle delizie tarantine libri IV'' (risalente al [[1771]]) asserisce l'origine dei d'Aquino di Taranto dai d'Aquino, per mezzo di un Roberto. Secondo l'autore, questo Roberto sarebbe stato il fratello minore di Francesco II d'Aquino, 5º conte di Loreto, giustiziere dell'Abruzzo, gran siniscalco del Regno di Napoli e gran camerlengo del Regno di Napoli. Sempre secondo l'autore, Roberto avrebbe sposato una certa Dianora Mormile, dalla quale ebbe Landolfo, capostipite dei d'Aquino di Taranto. Manca tuttavia ogni riscontro circa l'effettiva esistenza di Roberto d'Aquino. Sembra infatti che il padre di Francesco II, Jacopo I d'Aquino, non abbia avuto altri figli maschi, come riportato anche da [[Scipione Ammirato]] nel suo ''Delle famiglie nobili napoletane'', risalente al [[1580]].<ref>{{Cita libro|titolo=Delle famiglie nobili napoletane|autore=Scipione Ammirato|città=Firenze|anno=1580|volume=1|pp=141-159}}</ref> Né tantomeno l'Ammirato menziona l'esistenza di un ramo tarantino della famiglia d'Aquino nella sua trattazione dei vari rami della famiglia ''Aquina'' o d'Aquino. Un'altra ipotesi sostiene invece che Roberto fosse il figlio di Niccolò d'Aquino, signore di [[Villamaina]], e della sua consorte Rosella Crispano.<ref>Guglielmo Anguissola di San Damiano, ''I Dinasti longobardi nell'Italia Meridionale – I Duchi di Benevento – I Conti di Capua – I Conti di Aquino'' in ''Rivista del Collegio Araldico'', Anno 1931, Numero 1, p. 11</ref> Secondo questa ricostruzione, Roberto sarebbe stato un discendente del summenzionato Andrea I, signore di Grottaminarda. L'Ammirato elenca esplicitamente i discendenti di Andrea I: si tratta di Landolfo, Ruggero e Adenolfo. Proseguendo poi nella sua trattazione, elenca i discendenti di Landolfo, ovvero Andrea, Tommaso, Adenolfo e Stefania. Il figlio ed erede di Tommaso fu Luca, al quale successe Landolfo ed in seguito il figlio di questi Niccolò. Niccolò sposò in prime nozze Caterina de Cabanni, figlia di Roberto de Cabanni, potente personaggio della corte angioina. Nel 1370 in seconde nozze egli sposò Rosella Crispano, dalla quale ebbe Roberto. L'Ammirato tuttavia non dice nulla sui discendenti di questo Roberto. Solamente nel XVII secolo il Consiglio dei Nobili di Benevento, ricostruendo la genealogia dei d'Aquino di Caramanico, riconobbe Roberto quale capostipite comune di tale famiglia e di quella dei d'Aquino di Taranto<ref>Guglielmo Anguissola di San Damiano, ''I Dinasti longobardi nell'Italia Meridionale – I Duchi di Benevento – I Conti di Capua – I Conti di Aquino'' in ''Rivista del Collegio Araldico'', Anno 1931, Numero 1, pp. 12-13</ref>, creando una continuità genealogica non suffragata da fonti oggettive (lo stesso Anguissola di San Damiano riconosce che tale ricostruzione si basa esclusivamente su documenti contenuti negli archivi dei d'Aquino di Caramanico). TestiDubbi circa il collegamento tra i d'Aquino di araldicaTaranto piùe recentii d'Aquino di Caramanico sono espressi da [[Francesco Scandone]] nel suo lavoro intitolato ''I d'Aquino di Capua-D'Aquino di Napoli'' (1905-1909), come riconosciuto anche da [[Michelangelo Schipa]] in una sua recensione di tale opera. Scandone infatti distingue nettamente i d'Aquino di Caramanico (o di Napoli) dai d'Aquino, indicando sì quale capostipite dei primi Francesco d'Aquino (morto nel 1621, padre di Bartolomeo d'Aquino, I principe di Caramanico), senza tuttavia considerarlo un esponente dei d'Aquino di Taranto per mancanza di prove conclusive in tal senso. Altri testi di araldica, quali l'''Enciclopedia storico-nobiliare italiana'' di [[Vittorio Spreti]], pur evidenziando come i d'Aquino di Caramanico siano considerati discendenti dei d'Aquino di Taranto (sulla base della sentenza emessa nel [[1634]] dal [[Sacro Regio Consiglio]], sentenza che peraltro va inquadrata nel contesto storico e politico nella quale venne emessa, tenuto conto dell'enorme influenza goduta da Bartolomeo d'Aquino presso il viceré e delle implicazioni associate all'ottenimento dello status patriziale, condizione necessaria per l'ascesa sociale), non menzionano alcun collegamento tra i d'Aquino e i d'Aquino di Taranto e indirettamente i d'Aquino di Caramanico.<ref>{{Cita libro|titolo=Enciclopedia storico-nobiliare italiana|autore=Vittorio Spreti|città=Milano|anno=1928|volume=1|pp=410-411}}</ref> [[Berardo Candida Gonzaga]], nel volume 6 delle ''Memorie delle famiglie nobili delle province meridionali d'Italia'' ([[1882]]), fa un'analoga distinzione, affermando esplicitamente come i d'Aquino di Caramanico abbiano origine borghese in quanto discendenti dal mercante e finanziere [[Bartolomeo d'Aquino]] ([[1609]]-[[1658]]), che ottenne nel [[1644]] il titolo di principe di Caramanico e nel [[1650]] quello di duca di [[Casoli]].<ref>{{Cita libro|titolo=Memorie delle famiglie nobili delle province meridionali d'Italia|autore=Berardo Candida Gonzaga|editore=Arnaldo Forni Editore|città=Bologna|anno=1882|volume=6|p=56}}</ref> [[Biagio Aldimari]], scrivendo nel suo trattato di araldica e genealogia ''Memorie historiche di diverse famiglie nobili, così napoletane, come forastiere'', dato alle stampe nel [[1691]], adotta un approccio diverso: pur distinguendo nettamente i d'Aquino dai d'Aquino di Caramanico, evidenziando l'origine borghese di questi ultimi, egli considera invece i d'Aquino di Taranto come un ramo della famiglia d'Aquino, senza peraltro specificare la relazione tra le due famiglie.<ref>{{Cita libro|titolo=Memorie historiche di diverse famiglie nobili, così napoletane, come forastiere|autore=Biagio Aldimari|città=Napoli|anno=1691|pp=10-12}}</ref> Questo approccio è ripreso da [[Giovanni Battista di Crollalanza]] nel suo ''Dizionario storico-blasonico delle famiglie nobili e notabili italiane estinte e fiorenti'' ([[1886]]), dove afferma esplicitamente che i d'Aquino di Taranto sono un ramo della famiglia d'Aquino, ribadendo invece come i d'Aquino di Caramanico abbiano avuto origine da Bartolomeo d'Aquino, senza menzionare collegamenti con le altre due famiglie.<ref>{{Cita libro|titolo=Dizionario storico-blasonico delle famiglie nobili e notabili italiane estinte e fiorenti|autore=Giovanni Battista di Crollalanza|città=Pisa|anno=1886|volume=1|p=54}}</ref>
 
Gli ultimi sviluppi su questo dibattito sono relativamente recenti. La [[Consulta araldica]] del [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]] si espresse in data 21 settembre [[1933]] sulla questione, affermando, sulla base della sentenza del Sacro Regio Consiglio del 1634 prima menzionata nonché sulla base di una sentenza della Platea dei Nobili di [[Benevento]] del [[1673]] (reintegra della famiglia nel patriziato cittadino ''ab antiquo''), l'appartenenza dei d'Aquino di Caramanico alla nobiltà di Taranto e al patriziato di Benevento.<ref>{{Cita testo|autore=Francesco Scandone|titolo=Rivista araldica|data=1933|numero=1|capitolo=A proposito dei Signori "De Aquino di Benevento" detti poi anche "di Taranto" o "di Napoli" o "di Caramanico"}}</ref> La sentenza della Consulta araldica, pur nella sua significatività da un punto di vista legale, lascia tuttavia ancora insoluta la questione dell'origine dei d'Aquino di Caramanico dai d'Aquino.