Alceste de Ambris: differenze tra le versioni

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== Il volontario esilio in Francia ==
Dopo essere stato insultato e sbeffeggiato a [[Genova]] da un piccolo gruppo di fascisti il 22 dicembre [[1922]], Alceste De Ambris nel febbraio del 1923 decise di trasferirsi in Francia.
Dopo essere stato insultato e sbeffeggiato a [[Genova]] da un piccolo gruppo di fascisti il 22 dicembre [[1922]], Alceste De Ambris nel febbraio del 1923 decise di trasferirsi in Francia. Qui, il 3 settembre 1926, lo raggiunse una condanna che lo privava della cittadinanza italiana e gli comunicava la confisca dei pochi beni posseduti in Italia. A [[Parigi]] De Ambris si pose alla guida di un consorzio di cooperative di lavoro aventi l'obiettivo di procurare una sussistenza ai numerosi fuoriusciti antifascisti provenienti dalla provincia di Parma che vivevano allora in Francia. Nel paese transalpino fu in contatto con i più famosi esuli democratici (Amendola, Turati, Salvemini, ecc.) e fu eletto Presidente della ''Ligue Italienne des Droits de l'Homme ([[LIDU|L.I.D.U.]])'', fondata nel [[1922]], con [[Luigi Campolonghi]] quale Segretario. In Francia visse gli ultimi anni della sua esistenza in dignitosa povertà, ma in attiva operosità giornalistica e organizzativa dell'antifascismo militante.
Fu "a più riprese avvicinato da importanti emissari del regime, quale [[Curzio Malaparte]], per coinvolgerlo nel
complesso gioco di ridefinizione degli equilibri del governo fascista prima
del delitto Matteotti. Respinte con fermezza e coerenza le profferte di un
comodo rientro in Italia, con ruoli ministeriali o sindacali, nei mesi successivi De Ambris era divenuto uno dei maggiori punti di riferimento per le
nuove leve dell’emigrazione, tra i più capaci di mantenere un equilibrio tra
assistenza agli esuli, propaganda antifascista e attività cospirativa. [[Farinacci]], che contro il gruppo affaristico di Bazzi e Rossi, il fuoruscitismo e
l’opposizione democratica, aveva indirizzato la «seconda ondata» rivoluzionaria, chiese espressamente a Mussolini la radiazione dallo stato civile
italiano di De Ambris, definito senza mezzi termini «il più porco della Lega»<ref>Enrico Serventi Longhi, ''Gli italiani «senza patria»'', Mondo contemporaneo, n. 1-2012.</ref>.
 
Dopo essere stato insultato e sbeffeggiato a [[Genova]] da un piccolo gruppo di fascisti il 22 dicembre [[1922]], Alceste De Ambris nel febbraio del 1923 decise di trasferirsi inIn Francia. Qui, il 3 settembre 1926, lo raggiunse una condanna che lo privava della cittadinanza italiana e gli comunicava la confisca dei pochi beni posseduti in Italia. A [[Parigi]] De Ambris si pose alla guida di un consorzio di cooperative di lavoro aventi l'obiettivo di procurare una sussistenza ai numerosi fuoriusciti antifascisti provenienti dalla provincia di Parma che vivevano allora in Francia. Nel paese transalpino fu in contatto con i più famosi esuli democratici (Amendola, Turati, Salvemini, ecc.) e fu eletto Presidente della ''Ligue Italienne des Droits de l'Homme ([[LIDU|L.I.D.U.]])'', fondata nel [[1922]], con [[Luigi Campolonghi]] quale Segretario. In Francia visse gli ultimi anni della sua esistenza in dignitosa povertà, ma in attiva operosità giornalistica e organizzativa dell'antifascismo militante.
 
Rifiutò le successive proposte giuntegli fin dal [[1924]], tramite numerosi esponenti del Regime e dal fratello [[Amilcare De Ambris|Amilcare]], per un possibile rientro in Italia.<ref>[[Giuseppe Parlato]], ''La sinistra fascista'', Bologna, Il Mulino, 2000 pag 89: "Mussolini cercò più volte di ristabilire un contatto con il vecchio camerata, per indurlo a rivedere i severi giudizi sul corporativismo fascista: tuttavia sia il tentativo malapartiano del 1924, in piena crisi Matteotti, sia quelli successivi ai quali accennò De Begnac nei Taccuini mussoliniani, condotti da Giuriati, da Turati e da Amilcare De Ambris che occupava un posto di rilievo nell'organizzazione sindacale dei lavoratori dell'industria e che non aveva condiviso la scelta antifascista del fratello, non produssero effetti di rilievo"</ref>