Sarcofago di Melfi: differenze tra le versioni

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Sempre nello studio del 1995, Olivia Ghiandoni prova a formulare un'ipotesi circa l'identificazione dei committenti del sarcofago di Melfi. Si è osservata la pregnante connessione iconografica evidenziata dalla studiosa tra la figura della giacente e la Venere con lo scudo al centro del lato che si presume frontale. Come costantemente rilevato negli studi archeologici sul manufatto, la Venere del monumento funebre lucano è una derivazione della Venere di Capua, tipo scultoreo del quale alcune imperatrici antonine fecero uso con scopi propagandistici.
 
Secondo la Ghiandoni, l'inserimento nel sarcofago di questo stesso modello di Afrodite, col quale anche la defunta di Melfi - al pari delle consorti degli Antonini - si identifica, potrebbe essere indice di uno stretto legame della committenza dell'opera con la dinastia imperiale. In questo senso è quindi formulata la supposizione che la commissione del prezioso manufattosarcofago possa essere provenuta da appartenenti alla ''gens Brutia'', stirpe vicinissima agli Antonini al punto che in epoca di poco successiva a quella di realizzazione del sarcofago una rampolla di questa ''gens'', [[Bruzia Crispina|Crispina]], sposò [[Commodo]], l'ultimo imperatore di quella dinastia<ref name= Ghiandoni_3/>.
 
I ''Bruttii'' erano infatti di origini lucane, ne sono documentati possedimenti nei pressi di Venosa (zona molto vicina al luogo di ritrovamento del reperto) e alcuni suoi esponenti avevano avuto incarichi politico-amministrativi in area mediorientale, quindi vicino alla zona di produzione del monumento funerario<ref name= Ghiandoni_3/>.