Ritratto di Lady Venetia Digby come allegoria della Prudenza: differenze tra le versioni

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Seduta su un cubo di pietra la donna schiaccia con un piede un amorino con le gambe mostruose, simbolo della lascivia. Incatenata al seggio di Venetia c'è una personificazione della frode (riconoscibile dalle due facce che ne simbolizzano la falsità) da intendersi come allusione alle calunniose accuse di licenziosità - tali almeno per il marito - che erano state mosse contro Lady Digby. La prudenza di Venetia quindi, cioè la sua corretta condotta morale, sottomette il vizio e mette a tacere la calunnia (la frode incatenata). La vittoria della virtù è infine suggellata dai tre amorini che incoronano di lauro Venetia Digby<ref name= Arcangeli />.
 
Nelle gamme cromatiche, nella consistenza degli incarnati, nella resa del paesaggio in sfondo è evidente l'influenza di [[Tiziano]] dal cui capolavoro giovanile ''[[Amor sacro e Amor profano]]'' è ripresa anche la posa di Lady Digby che è quasi coincidente con quella della ''VenusVenere pudica''vestita del dipinto della [[Galleria Borghese]] (opera ben nota al Van Dyck che ebbe modo di studiarla a Roma ove soggiornò tra il 1622 e 1623 e della quale tracciò uno schizzo nel suo celebre ''Taccuino italiano'')<ref name= Arcangeli />.
 
Dopo quello di Lady Digby, Van Dyck eseguì alcuni altri ritratti di tipo allegorico di nobildonne dell'aristocrazia inglese, talora evidentemente connessi a quello voluto da Lord Digby (come nel caso di quello della contessa di Southampton Rachel de Ruvigny raffigurata in veste della Fortuna).