Bianca Guidetti Serra: differenze tra le versioni

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Nata a [[Torino]] in via Sant'Agostino, dopo un primo anno di studi alla scuola elementare "Pacchiotti", continuò gli studi primari alla "Roberto D'Azeglio" in via Santorre di Santarosa. Frequentò in seguito insieme alla sorella il ginnasio inferiore alla scuola delle "Figlie dei Militari" all'interno della [[Villa della Regina]] di Torino. Dopo la morte del padre Carlo, avvenuta per arresto cardiaco, tentò come privatista la maturità classica al [[Liceo classico Massimo d'Azeglio|liceo "Massimo D'Azeglio"]], dove intrecciò amicizie destinate a durare nel tempo e a segnare profondamente il suo futuro perché fu l'occasione in cui conobbe Alberto Salmoni (poi suo marito), [[Primo Levi]] e poi tramite loro Ada Della Torre, [[Luciana Nissim]], Vanda Maestro, [[Franco Momigliano]] e [[Silvio Ortona]].
 
La sua consapevolezza [[Antifascismo|antifascista]] maturò nell’autunno del 1938, dopo la promulgazione delle [[Leggi razziali fasciste|leggi razziali]], che colpivano duramente la comunità ebraica italiana. QuegliGli amici di Bianca (tutti ebrei) si trovarono ''“improvvisamente marchiati da una diversità che li emarginava”''<ref>{{cita|''Bianca la rossa''|pp. 17-18}}.</ref>. Iniziata la guerra, nel 1941, per un paio di sere insieme a un piccolo gruppo di amici andò a strappare i manifesti che, nel centro di Torino, indicavano gli ebrei come ''"nemici della patria"''. Fu il suo primo atto politico e di concreta opposizione al regime di Bianca che ricorda anche il disappunto provato alla promulgazione, nello stesso autunno 1938 delle leggi razziali, di un decreto che limitava il numero di lavoratrici da assumere, nel pubblico come nel privato, al 10% dei dipendenti totali. Furono queste le sue "prime prese di coscienza dei fili che legano i destini individuali alla storia collettiva"<ref>{{cita|''Bianca la rossa''|p. 18}}.</ref>.
 
Concluso il liceo si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza e nei primi anni della guerra venne assunta presso l'Unione Industriale di Torino come assistente sociale nei luoghi di lavoro venendo così a contatto con la condizione operaia e l'ambiente delle fabbriche. Il 3 luglio 1943 si laureò con una tesi sperimentale in Medicina Legale dal titolo ''Contributo allo studio del senso morale nei delinquenti minori'', basata su interviste di 54 detenuti dell'Istituto Penale per i Minorenni "Ferrante Aporti" e di altrettanti studenti del liceo classico "M. D'Azeglio" e dell'Istituto di Avviamento professionale di Cirié, che venivano messe a confronto. Venne così a contatto con la triste realtà del riformatorio e l’inefficacia dei suoi metodi di riabilitazione.
 
In occasione dello [[Storia di Torino#Gli scioperi del marzo '43|sciopero del marzo 1943]] (il primo in Italia dall’avvento al potere del fascismo)<ref>Gli scioperi del marzo 1943. In ''[https://www.museotorino.it/view/s/dcd8b1753a444f86ada92586d72b2140#:~:text=Tra%20il%205%20e%20il,e%20il%20crollo%20del%20fascismo museoTorino]''.</ref> davanti ai cancelli dello stabilimento FIAT [[Lingotto (comprensorio)|Lingotto]], Bianca entra in contatto con un militante del [[Partito Comunista Italiano|Pci]] e, sentendo il bisogno di agire in modo organizzato in vista di una società diversa, inizia la sua azione da attivista battendo a macchina testi che altri attivisti comunisti facevano circolare clandestinamente. Entra ufficialmente a far parte del Pci clandestino nel luglio 1943, poco prima della [[Caduta del fascismo|destituzione di Mussolini]].
 
== Resistenza ==
Dopo l'[[Proclama Badoglio dell'8 settembre 1943|8 settembre]] e l'invasione tedesca, Bianca inizia a collaborare con la resistenza torinese attraverso il [[Partito Comunista Italiano|Pci]], cconcon il nome di battaglia: Nerina. Mantiene il suo impiego all'Unione industriale che le garantiva, grazie a uno speciale visto rilasciato dagli occupanti (''Personalausweis''), di circolare liberamente e insospettata. Allo stesso tempo ottiene la tessera del [[Comitato di Liberazione Nazionale|CLN]], iniziando perciò a condurre un’esistenza ''“identica e sdoppiata come era proprio dei tempi”''<ref>{{cita|''Bianca la rossa''|p. 29}}.</ref>. Trafugati alcuni ''Personalausweise'', abbandonò il suo impiego di copertura dedicandosi integralmente alla militanza politica. Alberto Salmoni era andato in montagna, unendosi a una [[brigata partigiana]] nel Canavese; e Bianca l’aveva accompagnato in bicicletta<ref>{{cita|''Bianca la rossa''|p. 39}}.</ref>. Egli dopo poco si spostò in Val Chisone in una brigata di [[Giustizia e Libertà]] di cui faceva parte Paolo Gobetti (figlio del noto intellettuale antifascistadi [[Piero Gobetti]]) e da allora Bianca e [[Ada Gobetti|Ada Prospero Gobetti]] (del [[Partito d'Azione]]), madre di [[Paolo Gobetti|Paolo]], cominciarono i loro viaggi alla "Gianna", rifugio della brigata, per andare a trovarli mentre, come staffette, tenevano i collegamenti con i partigiani in quelle valli.
 
Durante la Resistenza Bianca è la responsabile femminile del quinto settore di Torino (rione Centro), dove si occupa di raccolta fondi, propaganda, lezioni di vita democratica e di integrazione della donna nella vita politica e nella militanza. Partecipa anche alla stesura e alla pubblicazione di un foglio ciclostilato, ''Il Proletario''<ref>{{cita|''Bianca la rossa''|p. 30}}.</ref>. Insieme ad Ada Gobetti e altre militanti delle varie forze aderenti al CLN, organizza tra il dicembre 1943 e il gennaio 1944 la rete associativa femminile torinese dei ''"Gruppi di difesa della donna e per l'assistenza ai combattenti della libertà"'', diffusi in quasi tutte le provincie dell’Italia occupata. Segnatamente Bianca si occupò della redazione del giornale della sezione torinese dei Gruppi, ''La difesa della lavoratrice'', che incitava alla lotta contro il [[nazifascismo]], dando notizie sul movimento di liberazione e sulle più recenti iniziative locali, e chiedeva parità di retribuzione e parità di lavoro per cittadine e cittadini della futura Italia liberata. Bianca maturò molte delle sue convinzioni politiche e morali nel corso di questa esperienza:
 
''“il nesso tra la lotta di liberazione e l’emancipazione femminile, in nome del principio di eguaglianza, era forte e sentito, e molte conquiste delle donne nel dopoguerra, dal diritto di voto alle leggi sul lavoro, ebbero anche qui le loro premesse”''<ref>{{cita|''Bianca la rossa''|p. 32}}.</ref>.
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Bianca e i quadri della Resistenza torinese non presenziarono, per motivi di sicurezza, ai funerali delle sorelle Vera e Libera Arduino<ref>Le sorelle Vera e Libera Arduino, operaie appartenenti ai "Gruppi di difesa della donna" e coinvolte nella lotta clandestina, furono assassinate nella notte tra il 12 e il 13 marzo 1945. I funerali delle due giovani si trasformarono in una protesta di centinaia di persone. Tre camionette di militi fascisti dispersero la folla, arrestando un centinaio di manifestanti.</ref>. Partecipò invece Carla, sua sorella minore che fu arrestata e venne rilasciata solo dopo diversi giorni di detenzione al tristemente noto 22 di via Asti, sede dell’Ufficio politico e investigativo della [[Guardia Nazionale Repubblicana]].
 
Bianca e i Gruppi parteciparono alla preparazione dello sciopero generale del 18 aprile, preludio dell’insurrezione, sfruttando la loro capillare rete organizzativa e sollecitando i lavoratori e le lavoratrici all’insurrezione attraverso giornali, volantini e ''“comizi volanti”'', ovvero brevi discorsi, davanti ai cancelli delle fabbriche e in sella alla propriasua bicicletta per poter ''“volare via”'' al primo segno di pericolo. Bianca stessa si recò assieme a una compagna alla Bergugnan, una fabbrica di gomme, dove tenne un breve quanto emozionato discorso davanti a una folla di lavoratori e lavoratrici euforici alla notizia della marcia delle ''“gloriose armate sovietiche su Berlino”''<ref>{{cita|''Bianca la rossa''|p. 38}}.</ref>.
 
Solo dopo la liberazione di Torino, che avvenne tra il 26 e il 28 aprile, Bianca e Alberto si incontrarono di nuovo. In quei giorni di grande concitazione, Bianca, che girava per la città sulla sua bicicletta per portare dispacci e informazioni nei diversi settori della città, venne fermata da una delle bande di strada assoldate dai fascisti nel loro ultimo tentativo riprendere il controllo delle strade<ref>La banda era formata da alcuni detenuti provenienti dal riformatorio Ferrante Aporti.</ref>; la fascia con la croce rossa che portava al braccio lale salvò la vita.
 
Al tempo della liberazione nacque la profonda amicizia con Clara Bovero, militante del Pci, fiera antifascista, che passò gli ultimi mesi di guerra in cella; donna risoluta e coraggiosa ebbe un grande impatto su Bianca e la sorella Carla.
 
Furono indirizzate a Bianca le uniche cartoline postali con cui Primo Levi dette notizia della sua deportazione e della sua prigionia ad [[Auschwitz]]<ref>Primo Levi, membro di una brigata improvvisata in Val d'Aosta, era stato catturato il 13 dicembre 1943 assieme a [[Luciana Nissim Momigliano|Luciana Nissim]] e Vanda Maestro. Furono internati prima al [[Campo di Fossoli|campo di prigionia di Fossoli]] in Emilia, da qui deportati ad [[Campo di concentramento di Auschwitz|Auschwitz]]. I tre amici mandarono una cartolina a Bianca, cogliendo l'occasione della fermata del treno a Bolzano. Levi invierà ancora tre cartoline a Bianca, che contatterà la sua famiglia portando la notizia che Primo viveera vivo, grazie all’aiuto di [[Lorenzo Perrone]], muratore di Fossano impiegato da civile del campo di Auschwitz.</ref>.
 
A guerra finita, nelil 15 maggio del 1945, Bianca e Alberto si sposeranno<ref>{{cita testo|url0http://www.biancaguidettiserra100.eu/wp-content/uploads/2019/09/PROFILI-1.pdf|titolo=Profilo di Alberto Salmoni (1918-2011)|sito=biancaguidettiserra100.eu|accesso=10 maggio 2021}}</ref>.
 
Da sempre al fianco delle donne operaie, Bianca pubblica nel 1977 due volumi intitolati ''Compagne'', in cui raccoglie una serie di interviste fatte a 49 donne operaie, militanti e antifasciste, che avevano preso parte alla Resistenza.