Impero romano: differenze tra le versioni

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{{vedi anche|Dinastia degli Antonini|Albero genealogico degli Antonini}}
 
Il periodo che va dalla fine del I alla fine del II secolo è caratterizzato da una successione non più dinastica, ma adottiva, basata sui meriti dei singoli scelti dagli imperatori come loro successori. Primo fra loro [[Nerva]]. L'Impero romano arrivò all'apice della sua potenza durante i principati di [[Traiano]], [[Publio Elio Traiano Adriano|Adriano]], [[Antonino Pio]] e [[Marco Aurelio]]. Alla morte di quest'ultimo, il potere passò al figlio [[Commodo]], che portò il principato verso una forma più autocratica e teocratica. Il potere delle istituzioni tradizionali si andò indebolendo e il fenomeno proseguì con i suoi successori, sempre più bisognosi dell'appoggio dell'esercito per governare. Il ruolo del Senato nei secoli successivi si ridusse progressivamente, fino a divenire del tutto formale. La dipendenza sempre più accentuata del potere imperiale dall'esercito condusse, nel [[235]] {{Circa}}circa, a un periodo di crisi militare e politica, definito dagli storici come [[anarchia militare]].
 
[[File:RomanEmpire 117.svg|miniatura|294x294px|L'impero romano alla sua massima estensione sotto [[Traiano]] nel 117]]
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Nel periodo proto-bizantino (da Costantino fino a Eraclio, 330-641) l'Impero mantenne un carattere multietnico e molte delle istituzioni del Tardo Impero (al punto che alcuni storici anglofoni prolungano la durata del Tardo Impero romano fino al 602/610/641)<ref>Si potrebbero citare: [[J. B. Bury]], autore di una ''History of the Later Roman Empire, from Arcadius to Irene'', Jones, autore della ''[[The Prosopography of the Later Roman Empire]]'' (che considera "romano" l'Impero bizantino fino al 641), ma anche di una Storia del tardo Impero romano fino al 602, e [[George Finlay]], che considera "romano" l'Impero bizantino fino al 717 (infatti la sua storia della Grecia bizantina inizia proprio nel 717).</ref> e continuava a estendersi su buona parte del Mediterraneo, soprattutto dopo le conquiste effimere di Giustiniano I (Italia, Dalmazia, Spagna meridionale e Nord Africa). Nonostante ciò, le influenze orientali lo portarono gradualmente a evolversi, divenendo sempre più un Impero greco: già al tempo di Giustiniano, pur essendo ancora il latino [[Lingue dell'Impero romano|lingua ufficiale]], la popolazione delle province orientali ignorava il latino, al punto che l'Imperatore dovette scrivere molte delle sue leggi in greco, per renderle comprensibili alla popolazione; lo stesso Giustiniano abolì il consolato (541)<ref>In realtà il consolato non fu abolito del tutto ma divenne una carica che poteva assumere solo l'Imperatore nel primo anno di regno. Cfr. J.B. Bury, ''History of the Later Roman Empire''</ref> e, pur mantenendo in massima parte il sistema provinciale elaborato da Diocleziano e Costantino (con l'Impero suddiviso in prefetture, diocesi e province), abolì le diocesi nella prefettura d'Oriente e unificò autorità civile e militare nelle mani del ''[[duce (storia romana)|dux]]'' in alcune province che lo richiedevano particolarmente per la loro situazione interna; né va dimenticato che già sotto Giustiniano l'Imperatore aveva assunto un carattere teocratico, ingerendosi pesantemente proprio per questo motivo nelle questioni religiose ([[cesaropapismo]]).<ref>Enciclopedia Treccani, lemma ''Civiltà bizantina''.</ref> Un altro passo in avanti nel processo di rinnovamento dell'Impero fu attuato dall'Imperatore Maurizio (582-602) nel tentativo di proteggere le province occidentali sotto la minaccia dei Longobardi e dei Visigoti: egli infatti riorganizzò le prefetture d'Italia e Africa in altrettanti esarcati (retti da esarchi, con autorità sia civile e militare), abolendo nelle province occidentali la netta separazione tra autorità civile e militare stabilita da Diocleziano.
 
Le riforme dello Stato e gli effimeri successi militari di Maurizio, attuate per risollevare lo Stato tardo-romano ormai decadente, non furono però sufficienti e, a causa del malgoverno del tiranno Foca (602-610),<ref>"Gli anni dell'anarchia sotto il regno di Foca rappresentano l'ultima fase dell'Impero tardo romano. ... Dalla crisi uscì una nuova Bisanzio, liberata ormai dall'eredità del decadente stato tardo-romano e alimentata da nuove forze. A questo punto ha inizio la storia bizantina propriamente detta, cioè la storia dell'Impero greco medievale" (Ostrogorsky, p. 73).</ref> il riformatore dell'Impero Eraclio (610-641) ereditò dal suo predecessore una situazione disastrosa con le province balcaniche devastate dagli Avari e quelle orientali occupate dai Persiani;<ref>Ostrogorsky, p. 85.</ref> ebbene con Eraclio l'Impero riuscì a trovare nuova linfa vitale, rinnovando profondamente l'organizzazione dell'esercito e delle province con la riforma dei [[thema|temi]]: vengono abolite diocesi e prefetture, sostituite con circoscrizioni militari dette temi,<ref>Che Eraclio sia l'artefice dei temi è sostenuto da Ostrogorsky e da altri storici. Warren Treadgold (cfr. ''History of the Byzantine State and Society'' (1997) e ''Storia di Bisanzio'' (2005) attribuisce invece la riforma dei temi a Costante II, nipote (di nonno) di Eraclio).</ref> governate dallo stratego con pieni poteri sia civili che militari; i soldati dell'esercito posto a difesa del tema ([[stratioti]]), come già in passato avveniva con i ''[[limitanei]]'', ricevevano dal governo un lotto di terra da coltivare da cui dovevano ricavare gran parte del loro sostentamento, poiché la loro paga in denaro veniva ridotta di molto. Sempre Eraclio dichiarò il greco lingua ufficiale al posto del latino e ellenizzò le cariche, i cui nomi vengono tradotti in greco.<ref>L'Imperatore non veniva più chiamato ''Imperator Caesar Augustus'' ma ''Basileus'' (Βασιλεύς, re); anche il senato, i titoli di magister militum, curopalate, {{Eccetera}}ecc. vengono tradotti in greco; un cambiamento nel titolo non vuol dire necessariamente che sia avvenuto un cambiamento della funzione ma esso indica come la romanità dell'Impero d'Oriente si stesse man mano affievolendo.</ref>
 
A causa di queste riforme, l'Impero romano d'Oriente aveva ormai perso in massima parte le proprie connotazioni romane, divenendo quello che gli storici moderni chiamano [[Impero bizantino]], di lingua, cultura e istituzioni greche. Ad accentuare il carattere di ellenizzazione contribuì il restringimento dei confini dell'Impero: esso infatti non si estendeva più su quasi tutto il bacino del Mediterraneo ma in massima parte su zone di lingua e etnia greca; infatti, se Eraclio vinse i Persiani recuperando le province orientali, queste andarono di nuovo perse pochi anni dopo sotto l'espansionismo del nascente Islam; il risultato fu che, a parte alcuni frammenti dell'Italia ed alcune enclave nei Balcani, l'Impero ora comprendeva solo la Tracia e l'Anatolia profondamente ellenizzate. L'Impero romano d'Oriente da quel momento in poi fu essenzialmente un Impero greco, anche se continuò a dirsi romano per il resto della sua storia.
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Sul confine armeno-mesopotamico-siriaco i Romani dovettero invece far fronte alla nuova minaccia rappresentata dalla dinastia persiana dei [[Sasanidi]], che nel [[224]] aveva causato la caduta dell'agonizzante (ma un tempo potente) Regno dei [[Parti]] e che sognava di restaurare l'antico Impero achemenide di Ciro, [[Cambise I di Persia|Cambise]] e Dario, strappando ai Romani le province orientali.
Nel [[III secolo]] l'Impero, squassato da una grave anarchia militare, perse la [[Dacia (provincia romana)|Dacia]], (odierna [[Romania]]), e gli Agri Decumati (in [[Germania]]). Nel [[IV secolo]], grazie alla stabilità del potere imperiale realizzata da [[Diocleziano]] e Costantino, la pressione ai confini venne controllata, ma nel [[V secolo]] l'Occidente romano crollò: i vari popoli germanici ([[Vandali]], [[Suebi]], [[Alemanni]], [[Visigoti]], [[Ostrogoti]], {{Eccetera}}ecc.), spinti dagli [[Unni]], conquistarono vaste zone dell'Impero ([[Gallia]], [[Spagna]], [[Africa]], [[Britannia]]), riducendo l'Impero d'Occidente alle sole Italia e Dalmazia, finché fu proprio un altro barbaro che comandava un contingente di [[Eruli]] nell'esercito romano, Odoacre, a deporre l'ultimo imperatore d'Occidente, Romolo Augusto, ponendo formalmente fine all'[[Impero romano d'Occidente]].
 
Il motivo per cui i Barbari riuscirono a far crollare la parte occidentale nel V secolo sono controversi. Secondo storici illuministi l'Impero cadde soprattutto per ragioni interne ("collassò sotto il suo stesso peso" per Gibbon), ma alcuni studi hanno messo in dubbio questa tesi, facendo notare che la parte orientale, pur avendo gli stessi problemi interni della parte occidentale, riuscì a sopravvivere per più di un millennio. L'Impero collassò non solo per i suoi limiti interni ma soprattutto perché i Barbari, pressati dagli Unni ai confini (fine IV secolo), preferirono migrare in territorio romano piuttosto che diventare sudditi degli Unni, e ciò causò una pressione sui confini maggiore che in precedenza.